EUROPA

Ventimiglia: la città esperimento

“Qui da tre anni migliaia di migranti, soprattutto minori, sono respinti dalla Francia e abbandonati dall’Italia, sottoposti ad abusi da parte della polizia francese”. La denuncia che arriva dal rapporto di Oxfam, Diaconia Valdese ed ASGI

«Respinti dalla Francia, abbandonati dall’Italia», sintetizza Chiara Romagno – responsabile per Oxfam del programma OpenEurope a Ventimiglia – raccontando delle centinaia di storie di migranti, soprattutto minorenni sudanesi ed eritrei, respinti negli ultimi tre anni alla frontiera italo-francese di Ventimiglia. Minori non accompagnati respinti con la forza: abusi fisici e verbali da parte della gendarmeria francese, a cui si aggiungono i continui episodi di detenzioni arbitrarie riscontrati, e i sistematici respingimenti verso l’Italia in violazione delle normative europee e internazionali.

Storie di violazioni massicce, dunque, che ora sono finite dentro un report dettagliato redatto da Oxfam, insieme alla Diaconia Valdese e all’Asgi, l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione. È la situazione dei minori non accompagnati quella che desta maggiore preoccupazione, spiega Chiara Romagno: «fuggono dalle comunità di accoglienza in cui erano stati inseriti in Italia, dove non ricevevano servizi adeguati alla loro età e alla loro condizione di maggiore vulnerabilità e finiscono subendo intollerabili abusi dalla polizia francese quando tentano di attraversare il confine». E ancora, racconta Romagno, «I poliziotti francesi spesso infieriscono, li scherniscono, li maltrattano, a molti hanno tagliato la suola delle scarpe, prima di rimandarli in Italia».

 

Tre anni fa la chiusura della frontiera

Per capire cosa accade oggi a Ventimiglia, bisogna tornare indietro all’estate tre anni fa, quando il governo francese annuncia la sospensione del trattato di Schengen sulla libera circolazione, adoperando la clausola prevista nello stesso trattato “della minaccia grave per l’ordine pubblico e la sicurezza interna”. «I migranti c’erano anche prima», dice Vera Nesci, che dal 2014 è assessore ai servizi sociali del comune di Ventimiglia. «Ma noi non li vedevamo neanche. Arrivavano, e passavano di là. Qui cambiavano solo il treno». E poi, «nell’estate del 2015, letteralmente dalla sera alla mattina, ci siamo ritrovati duecento persone per strada», le fa eco Maurizio Marmo, direttore della Caritas locale. Nel frattempo, in questi anni a Ventimiglia è accaduto di tutto. I migranti che restano bloccati in città, mentre tanti altri continuano a transitare. Le proteste degli eritrei sugli scogli di Balzi Rossi e le tensioni continue con la polizia, il divieto imposto dall’amministrazione comunale di dare cibo ai migranti. Gli sgomberi degli accampamenti, l’assistenza offerta dalla parrocchia di Sant’Antonio nel quartiere delle Gianchette – tra le proteste della popolazione locale – fino alla nascita del Campo Roja, un campo di transito gestito dalla Croce Rossa Italiana in convenzione con la Prefettura di Imperia.

 

Cosa sta accadendo oggi a Ventimiglia

Il campo Roja oggi non ha la capienza sufficiente per accogliere tutti i migranti che transitano in migliaia a Ventimiglia, specie d’estate. Ci sono solo qualche centinaio di posti all’interno, i bagni sono da risistemare e, in ogni caso, i minori lì dentro non potrebbero essere accolti, perché le leggi in materia, ultima la legge Zampa, prevedono che siano accolti in strutture a loro esclusivamente dedicate. E comunque sono tanti i migranti che decidono di restare fuori dal campo, in attesa del momento buono per passare la frontiera. Dormono per terra o su coperte e sacchi a pelo messi a disposizione da volontari, anche in pieno inverno e con temperature molto rigide. Oppure all’interno di baracche di cartone, lungo il greto del fiume che porta, beffardamente, lo stesso nome del campo della Croce Rossa. Eppure, per molti di loro è meglio sostare lì, invece che accettare di essere accolti nel campo Roja; il motivo lo spiegano ancora i volontari di Oxfam nel rapporto “Se questa è l’Europa”. Raccontano gli autori del rapporto: «Il motivo principale della diffidenza verso il campo della Croce Rossa, almeno negli ultimi mesi, risiede in alcuni episodi, in cui richiedenti asilo ospiti al campo sono stati caricati coattivamente dalla polizia italiana e portati a Taranto per essere identificati in uno dei centri in cui è attivo l’approccio hotspot». Dice Simone Alterisio della Diaconia Valdese, partner di Oxfam nel progetto OpenEurope «E allora tu capisci che è difficile convincere le persone ad andare al campo, come vorrebbe il Comune, se oltre alla distanza, alle impronte, ci metti pure che rischiano di essere prelevati».

 

Il gioco dell’oca con il migrante

Lo hanno definito così da più parti, ed è uno dei tasselli che compone il quadro della gestione dei migranti a Ventimiglia, quello dei trasferimenti forzati verso i centri di detenzione del sud Italia: l’hotspot di Taranto (ora ufficialmente chiuso per lavori di ristrutturazione all’interno) e, più di recente, verso il Centro accoglienza per richiedenti asilo (Cara) di Crotone.

È storia nota e che va avanti ormai da due anni: circa due volte a settimana la polizia italiana carica su un pullman della compagnia Riviera Trasporti i migranti che incontra, «senza nessun criterio apparente e ovviamente senza fornire spiegazioni», racconta Daniela Zitarosa della ong Intersos «ma è del tutto inutile, perché appena arrivati a Taranto ripartono per tornare qui. C’è chi ha fatto avanti e indietro anche sette o otto volte». Le conferme delle violazioni attuate dalla polizia italiana attraverso questo crudele gioco dell’oca ci giungono da un altro rapporto, quello di Refugee Rights Europe secondo il quale più del 60% dei migranti che erano accampati sul greto del fiume è già stato trasferito a Taranto almeno una volta, ma soprattutto da chi gli abusi li ha vissuti sulla propria pelle. Come Ousmane (nome di fantasia) uomo sudanese di 30 anni che ora vive in Germania, dopo aver subito in Italia una vera e propria odissea durata quasi un anno. Un giorno Ousmane, mentre si trovava alla stazione di Ventimiglia, è stato fermato dalla polizia di frontiera senza alcun motivo e poi è stato condotto in commissariato insieme ad altre persone dove ha dormito una notte a terra, senza materasso. La mattina seguente l’uomo è stato trasferito in autobus all’hotspot di Taranto. Qui gli è stato consegnato un invito, scritto in italiano «a presentarsi entro due giorni alla questura di Napoli per regolarizzare la propria domanda di protezione internazionale». Senza un domicilio in Campania, però, non gli è stato possibile chiedere asilo. Così ha dormito per tre giorni alla stazione di Taranto. E poi è ripartito per tornare a Ventimiglia, dormendo ancora in strada. Fino a quando, qualche settimana dopo, Ousmane è riuscito ad attraversare il confine per ricongiungersi con i fratelli e ora vive con loro in Germania. O come ci racconta la storia di Tafari (anche il suo nome è di fantasia) che una sera dell’autunno scorso è stato prelevato dalla polizia italiana nei pressi della stazione di Milano, ed è stato portato in autobus a Taranto. Qui, una volta arrivato davanti all’hotspot, non è stato fatto entrare, perché l’uomo era un richiedente asilo con regolare permesso di soggiorno e, dunque, nell’hotspot non aveva motivo di finirci. Ed è soltanto grazie alla staffetta solidale attivata tra LasciateCientrare e gli attivisti di Campagna Welcome che l’uomo è ritornato a Milano dato che, come lui stesso di era lamentato davanti ai poliziotti: «Come torno ora a Milano, senza soldi?» Sono storie di violazioni e abusi che si sono ripetute, spesso, negli ultimi due anni tra il nord e il sud, e che ci parlano tutte quante di come la Francia e l’Italia calpestano i diritti delle persone.

«Ho provato stamattina a passare. Eravamo in due, ci hanno fatto scendere dal treno strattonandoci e urlando, poi ci hanno spinti in un furgone nel parcheggio della stazione. Ci hanno dato un foglio (refus d’entrée, NdA) dentro al furgone e ci hanno rimessi su un treno che tornava in Italia, senza spiegarci nulla» ha raccontato T., minorenne di 15 anni, proveniente dalla regione del Darfur (Sudan) agli operatori di Oxfam, Diaconia Valdese ed ASGI che, intanto, insieme ad altre organizzazioni operanti a Ventimiglia e con alcune Ong francesi stanno per impugnare di fronte alla giustizia francese i singoli casi di minori respinti. Di più: il tribunale amministrativo di Nizza ha già riconosciuto, in venti casi, le violazioni delle garanzie previste dalla normativa francese sui minori, e l’illegittimità della condotta delle autorità di frontiera. «La situazione a Ventimiglia può e deve essere affrontata diversamente, mettendo al centro il bisogno di protezione delle persone in transito», dicono dalle Ong, e rivolgendosi al Ministero dell’Interno chiedono di: «sospendere trasferimenti forzati di migranti presenti a Ventimiglia verso i centri del sud Italia, di correggere le prassi illegittime della Questura di Imperia che ostacolano il reinserimento dei migranti nel percorso dell’asilo, infine, di verificare che i centri di accoglienza per minori stranieri non accompagnati offrano servizi di elevata qualità, soprattutto per quanto riguarda i tempi dell’avvio delle pratiche per la richiesta di protezione internazionale e l’inserimento scolastico degli ospiti».

 

Narrazioni sovraniste

A fronte di ciò, il neo – ministro dell’Interno, Matteo Salvini, riferendo in Senato sulla condotta del governo italiano nella vicenda della nave Aquarius, più in generale, sulla questione dell’accoglienza italiana dei richiedenti asilo, ha ricordato che: «in questo momento, l’Italia è il secondo Paese per accoglienza in tutta Europa», e poi, «il problema su cui dovremo lavorare sono i costi e i tempi: chi mi ha preceduto ha fatto un buon lavoro e noi non siamo qua per smontare il buon lavoro fatto da altri, ma cerchiamo semplicemente di fare un lavoro ancora migliore». Come dire che, da Marco Minniti a Matteo Salvini c’è un lungo filo nero che si snoda da Nord a Sud, da Ventimiglia a Taranto, fino ai porti italiani siciliani. Un unico ordine del discorso che ci parla di come vengono violati i diritti delle persone migranti, anche minorenni. In questo senso la città di Ventimiglia diviene il simbolo delle politiche di esclusione, di una colpa da espiare davanti alla storia, a metà tra i governi Conte e Macron, e quelli che li hanno preceduti, perlomeno negli ultimi tre anni.