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MONDO

“Una sola Cina” nelle relazioni trilaterali fra Pechino, Washington e Taipei

Mezzo secolo dopo la storica visita del presidente Richard Nixon in Cina, la questione di Taiwan (Formosa) resta la disputa più ardua e potenzialmente più pericolosa fra USA e Cina

La rivalità fra USA e Cina, aumentata sotto la presidenza Trump, e Taiwan ha rapidamente assunto i contorni della diatriba più esplosiva fra le due grandi potenze. Alcune mosse recenti, quella del Segretario di Stato americano Anthony Blinken nell’ottobre 2021, la dichiarazione pubblica a favore della partecipazione di Taiwan alle Nazioni Unite,1 e l’affermazione del presidente Joe Biden che gli Stati Uniti hanno l’impegno “granitico” di proteggere Taiwan2 hanno suscitato alcuni interrogativi sulla politica statunitense riguardo Taiwan e compromesso la strategia di lungo termine di  “una sola Cina” a fondamento delle relazioni sinoamericane. Nel frattempo, il numero e la frequenza di voli militari cinesi nei dintorni di Taiwan sono aumentati considerevolmente in questi ultimi anni, suscitando dubbi sull’impegno di Pechino a una riunificazione pacifica con Taiwan.3 La questione di Taiwan è diventata tanto grave da aver dominato l’ordine dei lavori del primo incontro virtuale fra  Biden e Xi Jinping nel novembre 2021, con Xi che ha detto a Biden: “Se le forze separatiste favorevoli all’indipendenza di Taiwan dovessero forzarci la mano o addirittura passare la linea rossa, saremmo costretti di adottare misure risolute”.4

Perché Taiwan ha tanta importanza ed è una questione tanto spinosa nelle relazioni sinoamericane? Innanzitutto, come si sono trovati coinvolti gli Stati Uniti con Taiwan? che significa esattamente “una sola Cina?” che riserva il futuro al rapporto trilaterale Pechino-Washington-Taipei?

Cenni storici

Taiwan venne ceduta al Giappone dall’impero Qing (1644-1911) in seguito alla sconfitta cinese nella prima guerra sinogiappone del 1894-95 e restò una colonia giapponese fino al 1945, ovvero fino alla resa del Giappone alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Per la Cina, questo periodo rientra nella fase detta “secolo delle umiliazioni”, allorché le potenze occidentali e il Giappone invasero e dominarono una Cina in stato di debolezza, grosso modo dalla metà del XIX secolo alla metà del XX. Il “secolo delle umiliazioni” informa ancora oggi la politica cinese e il “sogno cinese” e il “risorgimento” della nazione cinese di Xi Jinping includono la completa riunificazione del paese.

Il coinvolgimento statunitense con Taiwan risale alla Seconda Guerra Mondiale. Verso la fine del conflitto, il presidente Franklin D. Roosevelt, il premier Winston Churchill e il Generalissimo Chiang Kai-shek s’incontrarono al Cairo il 26 novembre 1943 per delineare le posizioni alleate contro il Giappone e decidere l’assetto dell’Asia del dopoguerra. La dichiarazione rilasciata alla fine dell’incontro ha il passo seguente relativo a Taiwan: “è nostra intenzione privare il Giappone delle isole del Pacifico di cui si è impossessato e che ha occupato a partire dall’inizio della prima Guerra Mondiale nel 1914, oltre che di tutti i territori che il Giappone ha strappato alla Cina, come la Manciuria, Formosa, e le isole Pescadores, che saranno restituiti alla Repubblica di Cina”.5

Il nome di Formosa risale al XVI secolo, quando l’isola fu avvistata dai marinai portoghesi e segnata sulle loro mappe col nome di Ilha Formosa, “la Bella”.

Nel giugno e agosto del 1945, i massimi dirigenti di USA, URSS e Gran Bretagna s’incontrarono a Potsdam, in Germania, per dare un assetto alla pace del dopoguerra. Il 26 luglio del 1945, il presidente Harry Truman, il premier Winston Churchill e il presidente Chiang Kai-shek rilasciarono la “Dichiarazione di Potsdam”, che prevedeva la resa incondizionata del Giappone. 

Col sostegno degli Stati Uniti e di altri alleati, il governo della Repubblica di Cina (Republic of China, ROC) fissò ufficialmente il ritorno di Taiwan alla Cina al 25 ottobre 1945. Quel giorno divenne nella Repubblica di Cina una festa nazionale, chiamata “Giorno della Ripresa di Possesso” (cin. Guangfujie [n.d.T.], ingl. Retrocession Day). Il governo repubblicano continuò a celebrare la festa anche dopo il 1949, allorché si trasferì sull’isola, e fino al 2000, quando il presidente Chen Shui-bian, membro del Partito Democratico Progressista (Democratic Progressive Party, DPP) favorevole all’indipendenza di Taiwan, salì al potere e abolì la festività. 

Subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti tentarono una mediazione fra il governo nazionalista di Chiang Kai-shek e le forze comuniste di Mao Zedong. La mediazione fallì e la guerra civile riprese. Le forze nazionaliste di Chiang furono presto sulla difensiva e gli USA non intervennero militarmente per impedire la vittoria comunista. Nel 1948-49 il governo di Chiang e due milioni circa di soldati e civili ripararono a Taiwan, recando con sé il tesoro nazionale e vari capolavori artistici. Il 1 ottobre 1949, Mao proclamò la fondazione della Repubblica Popolare di Cina (RPC). Egli sarebbe stato pronto a inviare l’Esercito Popolare di Liberazione oltre lo Stretto di Taiwan a “liberare” l’isola e mettere fine alla guerra civile, e anche il governo statunitense, disgustato dalla corruzione che imperava nel regime di Chiang, sarebbe stato incline a consentire alle forze comuniste di conquistare Taiwan.6

La Guerra di Corea, scoppiata il 25 giugno 1950, mutò i calcoli strategici americani. Inquieto per l’effetto domino di una conquista comunista dell’Asia, il presidente Truman inviò la Settima Flotta nello Stretto di Taiwan e bloccò di fatto il tentativo della RPC di incorporare Taiwan. 

Dal 1949 al 1971, Pechino e Taipei furono impegnate in una furibonda concorrenza per avere il riconoscimento internazionale come Cina. Per tutto il periodo gli USA continuarono a sostenere Taiwan. La svolta globale avvenne nel 1971, allorché le Nazioni Unite approvarono la risoluzione 2578 che passava il riconoscimento di Cina dalla ROC alla RPC.

La posizione fu adottata anche dagli Stati Uniti. Impantanati in una costosa guerra in Indocina, sentivano il bisogno e intravidero l’occasione nei tardi anni sessanta di migliorare le relazioni con la RPC e di formare un fronte unito con Pechino contro il nemico comune, l’URSS; i due Stati comunisti si divisero apertamente. Il riavvicinamento americano a Pechino fu una decisione geostrategica e geopolitica. Nel luglio 1971, il consigliere per la Sicurezza Nazionale Henry Kissinger compì in segreto un viaggio a Pechino, in preparazione della storica visita del presidente Nixon. Nel febbraio del 1972, durante la visita di Nixon, le due nazioni emisero il Comunicato di Shanghai, nel quale gli USA “riconoscevano” che “tutti i Cinesi sulle due sponde dello Stretto di Taiwan propugnano l’esistenza di una sola Cina”, una posizione che gli USA non misero in discussione.7 È questa l’origine della cosiddetta politica di “una sola Cina”.


Nel Comunicato Congiunto USA-RPC del dicembre 1978, le due nazioni convenivano di stabilire ufficialmente relazioni diplomatiche dal1 gennaio 1979, e Washington ribadiva il principio di “una sola Cina”: “gli USA riconoscono il governo della RPC come il solo governo legale della Cina. In questo contesto, il popolo degli Stati Uniti manterrà relazioni culturali, commerciali e altri rapporti non ufficiali con il popolo di Taiwan”8

Furono molti i membri del Congresso che si scagliarono contro l’amministrazione Carter per aver rotto le relazioni diplomatiche con la Repubblica di Cina e aver riconosciuto al suo posto la RPC. Per mantenere le relazioni con Taiwan, il Congresso approvò l’Atto sulle Relazioni con Taiwan (ART), che il presidente Carter firmò, dandogli valore di legge, nell’aprile 1979. L’Atto prevedeva che gli USA avrebbero lasciato a disposizione di Taiwan i mezzi e servizi di difesa nella quantità necessaria a “permettere a Taiwan di disporre di una sufficiente capacità di autodifesa.”9

Nel Comunicato Congiunto USA-RPC del 1982, il governo statunitense, in segno d’apprezzamento per la politica cinese di ricercare una soluzione pacifica della questione di Taiwan, dichiarava che “non s’intende seguire una politica a lungo termine di riarmo di Taiwan, ovvero le vendite di armi a Taiwan non eccederanno, né qualitativamente né quantitativamente, i livelli raggiunti negli ultimi anni, dallo stabilimento delle relazioni diplomatiche fra URSS e RPC in poi, e s’intende piuttosto ridurre gradualmente tali vendite fino a, col tempo, porvi fine.” Gli Usa ribadivano inoltre che “non si ha alcuna intenzione di violare la sovranità e integrità territoriale della RPC, né di interferire nei suoi affari interni, né di seguire la politica delle “due Cine” o della “una Cina, una Taiwan’.”10

“Una sola Cina” 

Chiaramente, “una sola Cina” ha rappresentato un punto critico nelle relazioni fra Pechino, Washington e Taipei, sia prima sia dopo il 1979, quando gli USA trasferirono il riconoscimento diplomatico da Taipei a Pechino.

Dal 1949 al 1971, la Repubblica di Cina continuò a rappresentare tutta la Cina nelle organizzazioni internazionali , comprese le Nazioni Unite, mentre la Repubblica Popolare era esclusa dalla maggioranza del sistema internazionale. In quel periodo, Chiang e Mao sottolinearono che esisteva “una sola Cina”, ma insistendo sul fatto che era il proprio governo l’unico legittimo rappresentante, dalla Cina continentale a Taiwan.

Nel 1971, allorché la Repubblica Popolare fu ammessa all’ONU in rappresentanza della Cina, sostituendo la Repubblica di Cina, gli USA si baloccarono con l’idea di avere due seggi per la Cina, idea che venne esclusa sia da Pechino sia da Taiwan., in quanto avrebbe creato “due Cine.”

La Repubblica Popolare considera i tre comunicati congiunti rilasciati da Pechino e Washington – il Comunicato di Shanghai del 1972, quello dello stabilimento delle relazioni diplomatiche del 1978 e quello del 1982 sulla vendita di armi a Taiwan — il fondamento delle relazioni sinoamericane. Il principio pechinese di “una sola Cina” mette in rilievo che esiste un sola Cina, comprendente la Cina continentale e Taiwan, e che la RPC ne è il solo governo legittimo. Pechino ribadisce che, nonostante la separazione politica fra la Cina continentale e Taiwan, la sovranità e l’integrità territoriale cinese rimangono uniche. Il perseguimento dell’unificazione pacifica con Taiwan all’insegna di “una sola Cina” non esclude il ricorso alla forza qualora fosse necessario.

A guidare le relazioni “ufficiose” fra gli USA e Taiwan è, dal 1979, l’ART. L’ART chiarisce che “la decisione USA di stabilire relazioni diplomatiche con la RPC si basa sulla prospettiva di una determinazione pacifica del futuro di Taiwan.” Contemporaneamente, gli USA hanno seguito una politica di “ambiguità strategica”, in merito alla difesa di Taiwan qualora scoppiasse la guerra nello Stretto.11 La “ambiguità strategica” è servita come doppio deterrente, per prevenire sia la presa con la forza di Taiwan da parte della RPC sia la proclamazione d’indipendenza de jure da parte di Taiwan.

Negli ultimi anni, il sostegno del Congresso USA a Taiwan è stato rafforzato dalla crescente ostilità nei confronti della Cina. Alcuni studiosi e membri del Congresso hanno invocato la “chiarezza strategica” come deterrente per eventuali azioni militari cinesi nello Stretto di Taiwan.12 Membri del Congresso come la repubblicana Claudia Tenney (R-NY) invocano apertamente una revisione della politica statunitense di “una sola Cina” e la difesa di Taiwan.13 Nel novembre del 2021, i senatori Josh Hawley (R-MO) e James Risch ([R-ID] hanno proposto una legge sull’armamento di Taiwan e una legge per la Deterrenza di Taiwan alla Commissione del Senato per la Politica Estera, per fornire prestiti d’aiuto per miliardi di dollari alla difesa di Taiwan.14 

Nel 1982, quando gli USA e la RPC pubblicarono il terzo comunicato congiunto sulla riduzione della vendita d’armi a Taiwan, l’amministrazione Reagan fornì in privato Sei Rassicurazioni a Taiwan, secondo le quali gli USA:

  •  Non fissano una data per la fine della vendita d’armi a Taiwan
  •  Non si consulteranno con la RPC in merito alla vendita d’armi a Taiwan
  •  Non svolgeranno alcuna mediazione fra Taipei e Pechino
  •  Convengono di non rivedere l’ART
  •  Non muteranno posizione sulla sovranità di Taiwan.
  •  Non faranno pressioni su Taiwan perché avvii negoziazioni con la RPC15

È evidente che i tre comunicati congiunti, l’ART e le Sei Assicurazioni sono in contraddizione sotto molteplici aspetti. Trapela che Washington ha assunto impegni diversi con Pechino e con Taipei.

Gli USA hanno basato a lungo la loro politica di “una sola Cina” sull’ART e i tre comunicati congiunti USA-RPC. Più recentemente, in conseguenza del rafforzamento delle relazioni USA-Taiwan, Washington ha pubblicamente aggiunto al pacchetto anche le Sei Rassicurazioni citate più sopra, che concorrono alla definizione di politica di “una sola Cina”. L’amministrazione Biden ha affermato a chiare note che la politica americana di “una sola Cina” differisce dal “principio di una sola Cina” della RPC.16  Lo status di Taiwan tuttavia, nella formulazione di Washington, resta ambiguo.

Taiwan si è costantemente attenuta a “una sola Cina” dal 1949 agli anni novanta, durante il regime del Partito Nazionalista (Kuomintang, KMT). Nel 1990 il governo della Repubblica di Cina istituì il Consiglio per l’Unificazione Nazionale per promuovere l’integrazione fra la Cina continentale e Taiwan. Dagli incontri fra i funzionari delle due parti tenutisi a Hong Kong nel 1992, emerse il termine “Consensus 1992”, in base al quale entrambe le parti convenivano che esiste una sola Cina, una dizione la cui interpretazione può tuttavia differire. Ciò nondimeno, nel 1999, Lee Teng-hui, presidente della Repubblica di Cina, propose in un’intervista a un’ emittente tedesca che le relazioni attraverso lo Stretto di Taiwan dovessero essere “relazioni fra Stato e Stato speciali,” distanziandosi così da “una sola Cina.”17 

Lo statu quo e il conflitto d’interessi

  La posizione della RPC in merito o la definizione di statu quo è coerente. Pechino ribadisce che, nonostante la separazione fra Taiwan e la Cina continentale, provocata dalla guerra civile cinese, esiste solo una Cina, che comprende la terraferma e Taiwan. Pechino dichiara anche che Taiwan dovrà essere riunificata alla terraferma, possibilmente per via pacifica, ma senza escludere l’opzione militare.

 Con gli anni la posizione di Taiwan s’è evoluta. Sia Chiang Kai-shek sia suo figlio e successore Chiang Ching-kuo ribadirono il principio di “una sola Cina”, sognando ancora di “riconquistare” un giorno la terraferma. Dopo la morte di Chiang Ching-kuo nel 1988, il KMT diretto da Lee Teng-hui continuò ad attenersi a “una sola Cina” e tentò di applicare la Costituzione della Repubblica di Cina nella conduzione delle relazioni attraverso lo Stretto di Taiwan. Il Consiglio per l’Unificazione Nazionale istituito nel 1990 delineò un processo di riunificazione in tre tappe. Tuttavia, la formulazione del 1999 dei “due Stati” di Lee costituì una violazione della Costituzione della Repubblica di Cina ratificata nel 1946 ed entrata in vigore nel 1947, quando il governo repubblicano sedeva ancora sul continente. Il territorio della Repubblica copriva tutta la Cina allora sotto il controllo nazionalista. Recita l’art. 4 della Costituzione: “Il territorio della Repubblica di Cina compreso negli attuali confini nazionali non può subire modifiche se non con una risoluzione dell’Assemblea Nazionale.”18 A meno di una revisione della Costituzione della Repubblica di Cina, la costituzione s’attiene al principio di “una sola Cina”.

 Taiwan diventò una democrazia negli anni 1990. Il Partito Progressista Democratico (PPD), fondato nel 1986, andò al potere nel 2000 e tornò al potere nel 2016. Il presidente Chen Shui-bian del PPD abrogò il Consiglio per l’Unificazione Nazionale nel 2006. Il PPD e l’attuale presidente Tsai Ing-wen sostengono che Taiwan è ormai uno Stato indipendente e che fra la Repubblica di Cina (Taiwan) e la RPC non dev’esserci alcun rapporto di subordinazione.19 Il KMT, attualmente all’opposizione, continua ad aderire al principio di una sola Cina esposto nel “Consensus 1992”.

 Si noti che il KMT chiama sempre il dirimpettaio dello Stretto di Taiwan “Cina continentale”, mentre il PPD lo chiama semplicemente “Cina” o “l’altra sponda.” Questi cavilli possono sembrare speciosi, ma nel contesto cinese hanno connotazioni politiche. Detto in breve, il KMT considera ancora l’altra sponda dello Stretto di Taiwan parte della “unica e sola Cina” della Costituzione della Repubblica di Cina, mentre il PPD la considera invece uno Stato confinante.

Da decadi di trasformazioni politiche è emersa un’identità taiwanese nuova. Oggi la maggioranza dei taiwanesi, compresi molti di quelli che giunsero a Taiwan dal continente negli anni Quaranta e i loro discendenti, si considerano taiwanesi, non cinesi, o taiwanesi e cinesi allo stesso tempo. La nuova generazione condivide in maggioranza la posizione del PPD e considera Taiwan una nazione indipendente, che un colossale (e minaccioso) vicino, la Cina, vorrebbe annettersi con la forza.

Gli USA si oppongono a ogni modifica unilaterale dello statu quo, di cui però danno interpretazioni vaghe e confuse. Per esempio, le autorità statunitensi considerano le recenti attività militari della RPC nei dintorni di Taiwan una minaccia contro lo statu quo. Pechino ha sostenuto che manovre militari del genere non sono che la risposta al rifiuto del governo del PPD di accettare il principio di “un sola Cina.” Le autorità statunitensi, d’altra parte, non ritengono che il governo del PPD, rinnegando tale principio e il “Consensus 1992”, abbia operato una modifica dello statu quo. In effetti, ci si potrebbe chiedere se, aggiungendo unilateralmente le “Sei Rassicurazioni” alla definizione di politica per “una sola Cina” nel gestire la questione di Taiwan, gli USA non abbiano cambiato loro lo statu quo.

L’incerto statu quo nello Stretto di Taiwan fu certo scosso quando gli USA e la RPC stabilirono le relazioni diplomatiche nel 1979, purtuttavia la pace è stata essenzialmente mantenuta. Ma è uno statu quo che resta fragile, dato che Pechino, Taipei e Washington, che hanno interessi e fini conflittuali, hanno costantemente cercato di modificarlo a proprio beneficio. 

Pechino teme che Taiwan scivoli via dalla Cina. L’unificazione pacifica resta preferibile, ma Pechino è determinata a schiacciare l’indipendenza taiwanese a ogni costo. Senonché, più pressioni esercita su Taiwan, più irrita i suoi cittadini, e l’unificazione si fa sempre meno volontaria. Per esempio, Pechino continua a impedire la partecipazione taiwanese all’Organizzazione Mondiale della Sanità come forma di punizione per il governo del PPD, alienandosi molti taiwanesi che s’impennano di fronte alle intimidazioni di Pechino. La condotta di Pechino, ironicamente, ha aumentato il sostegno al PPD. Per Pechino è un vero dilemma piegare l’indipendenza dell’isola senza offendere e alienarsi la popolazione.

Il governo del PPD rifiuta categoricamente “una sola Cina” come un’imposizione da parte pechinese. Ha affermato che le due sponde dovrebbero avviare un dialogo costruttivo e paritetico, senza la precondizione di “una sola Cina”. Tuttavia, affermando che Taiwan è già indipendente o che Taiwan e Cina non sono subordinate l’un all’altra, il governo del PPD impone lui precondizioni che Pechino non può accettare.

Gli Stati Uniti stanno aiutando Taiwan a conservare una “sufficiente capacità d’autodifesa” basata sull’ART. Ma l’ART non è un trattato difensivo e gli USA non sono obbligati a difendere Taiwan. Come possono gli Stati Uniti sostenere la democrazia taiwanese senza incoraggiare la sua indipendenza, ciò che trascinerebbe gli USA in una guerra con la Cina? Come possono proteggere la popolazione di Taiwan e il suo stile di vita senza trasformare Taiwan in una pedina sulla scacchiera dei giochi di potere USA-Cina? Sono gravi questioni che non vengono discusse pubblicamente negli USA, ma che restano al centro dell’attuale impasse delle relazioni trilaterali.

Il governo statunitense ha affermato che non sostiene l’indipendenza di Taiwan e che non segue la politica “una Cina, una Taiwan” o delle “due Cine”. Nel frattempo, i funzionari USA si dedicano a rafforzare le relazioni con Taiwan e a sostenerla, in un contesto di aggravamento dei conflitti politici, economici e sicuritari fra USA e Cina.

Il governo USA ribadisce di non aver mutato il suo impegno per “una sola Cina”, ma ha aumentato sensibilmente di livello le reazioni con Taiwan e si è imbarcato in una serie di politiche che hanno condotto a un crescente conflitto con la Cina dai tempi dell’amministrazione Trump. Per giunta, il Congresso ha approvato alcune nuove leggi a sostegno delle relazioni  USA-Taiwan, controfirmate dal presidente Trump, inclusa la legge del 2018 sui viaggi a Taiwan e la legge sull’Iniziativa per la protezione e il rafforzamento internazionale degli alleati di Taiwan (TAIPEI) del 2019.

L’amministrazione Biden sta attuando con determinazione la strategia del’Indopacifico Libero e Aperto (FOIP), rafforzando gli accordi sulla sicurezza già in corso nella regione, come il QUAD e il Five Eyes, e creandone di nuovi, come l’AUKUS. Sostiene attivamente la partecipazione di Taiwan all’ONU, proclamando che non è in contrasto con la “politica di una sola Cina”. Nel dicembre del 2021, il presidente Biden ha firmato la legge sulla Spesa della Difesa (NDAA) per l’anno fiscale 2022, che rafforza notevolmente i legami militari statunitensi con Taiwan. La sezione 1252 del NDAA fa appello al “rafforzamento del partenariato con Taiwan”, la sezione 1246 consiglia esercitazioni militari comuni fra le forze statunitensi e taiwanesi, più frequenti consultazioni fra alti ufficiali  statunitensi e taiwanesi, un’ “interoperabilità” potenziata della sorveglianza sui mari e la difesa antiaerea fra USA e Taiwan; la Sezione 1249 invoca una possibile cooperazione fra la Guardia Nazionale statunitense e taiwanese.20

Non si trascuri un punto irrisolto dai tempi della guerra civile cinese e della Guerra Fredda, il fatto cioè che la sicurezza di Taiwan ha ripercussioni regionali. Le nazioni della regione, in particolare il Giappone, guardano alla crescente tensione nello Stretto di Taiwan con molta preoccupazione. In quanto ex colonizzatore di Taiwan e in quanto nazione confinante, il Giappone nutre un interesse speciale per l’isola. Per la preoccupazione condivisa per l’emergere della Cina, giapponesi e taiwanesi si guardano oggi con molta simpatia e si considerano sodali sia sicuritariamente sia economicamente. 

Il Giappone e la Cina hanno in corso dispute territoriali sul gruppo di isolette controllate dal Giappone nel Mar Cinese Orientale, dette Senkaku in giapponese e Diaoyu in cinese. Negli ultimi anni, i falchi della difesa in Giappone hanno seguito attentamente il crescere delle tensioni su Taiwan. In effetti, nel dicembre  del 2021, la dieta giapponese ha approvato il maggior aumento delle spese militari nazionali da decadi e i funzionari giapponesi si mostrano sempre più preoccupati dalla prospettiva di essere coinvolti in una guerra per Taiwan.21

Anche gli altri sforzi regionali per mantenere la stabilità e scoraggiare l’aggressività cinese tengono sempre presente Taiwan, come per esempio nel caso della creazione del nuovo patto di cooperazione nucleare, l’AUKUS, fra USA, Australia e Gran Bretagna, o l’introduzione e attuazione dell’orientamento FOIP (Indopacifico Libero e Aperto), inizialmente formulato in Giappone e poi abbracciato dagli USA e da altri Stati come propria strategia asiatica generale. Evidentemente, il modo in cui la Cina gestisce l’affare Taiwan avrà ripercussioni sulle relazioni con le altre nazioni dell’area. 

Cooperazione economica

Anche se le discussioni sulla questione di Taiwan sono focalizzate sugli aspetti diplomatici e securitari, nelle relazioni fra le due sponde dello Stretto è presente anche una componente economica cruciale. L’interdipendenza economica potrebbe certamente fare da freno al deterioramento dei legami politici, rendendo meno concepibile una guerra nell’area.

Nel dicembre del 1987, Taiwan tolse il bando in vigore da trentotto anni sui viaggi nella Cina popolare per chi avesse avuto lì parenti stretti. Anche la comunità d’affari taiwanese cominciò a investire sul continente, in parallelo con la politica di riforme e apertura. Dal 1991 al marzo del 2020, sono stati approvati 44.056 investimenti taiwanesi in Cina, per un valore di 188.5 bilioni di dollari USA (Ufficio Statistico di Taiwan).22 I voli diretti fra le due sponde, avviati nel dicembre del 2008, hanno promosso grandemente i commerci, gli investimenti, il turismo, l’educazione e gli altri scambi. Nel 2019, i viaggiatori dalla Cina continentale a Taiwan sono stati 2.68 milioni.23

Durante la presidenza di Ma Ying-jeou (2008-2016), le due sponde hanno firmato 23 accordi di cooperazione economica, il più significativo dei quali è stato l’ECFA (Accordo Quadro per la Cooperazione Economica fra le Due Sponde), firmato nel giugno del 2010, e mirante all’istituzionalizzazione delle relazioni economiche e commerciali bilaterali. Sia Taiwan sia la Cina aspirano anche ad essere integrate nell’economia regionale, come dimostrano le rispettive domande nel 2021 di unirsi al CPTPP (Accordo Allargato e Progressivo per il Partenariato Transpacifico), che include il Giappone, l’Australia, il Canada, il Messico, Singapore e altre sei nazioni, con l’ambizione di formare  una zona di libero scambio di rilievo globale. Gli Stati Uniti si sono ritirati dal precedente TPP (Partenariato Transpacifico) con l’amministrazione Trump e sono assenti anche da un’altra formazione commerciale regionale, il RCEP (Partenariato Economico Regionale Allargato), attualmente l’accordo di libero scambio più grande del mondo, che include Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda e le 10 nazioni dell’Asia Sudorientale.

Nonostante le inquietudini politiche e militari nello Stretto di Taiwan, i rapporti economici, cioè gli investimenti, gli sviluppi tecnologici e commerciali, il turismo fra le due sponde sono buoni già dagli anni novanta. Le esportazioni taiwanesi sul continente e a Hong Kong sono ammontati nel 2020 a 151,45 miliardi di dollari, la cifra più alta mai raggiunta. Si rileva un incremento del 14,6% rispetto al 2019, che rappresenta il 43,9% del totale delle esportazioni taiwanesi nel 2020.24 In altre parole, nonostante l’alta tensione nello Stretto di Taiwan e gli sforzi del governo del PPD per diversificare i commerci ed allargare i rapporti economici alle nazioni dell’Asia Sudorientale e Meridionale, le relazioni economiche attraverso le Stretto si sono moltiplicate.

Alcuni studiosi sostengono che, insieme con gli investimenti occidentali, l’investimento taiwanese sul continente abbia modificato il modo cinese di fare affari, aiutato a migliorare l’industria cinese, in particolare quella elettronica, e svolto un ruolo chiave nel portare la Cina al livello di leader mondiale del commercio contemporaneo, mentre qualche decade fa i commerci con l’occidente erano praticamente assenti. La comunità d’affari taiwanese sul continente ha anche influenzato il comportamento del consumatore cinese, la filantropia, la religione, la cultura popolare e il diritto.25

Una delle ragioni principali che spinsero Deng Xiaoping a varare le Zone Economiche Speciali (ZES) fra la fine degli anni settanta e i primi anni ottanta fu la loro vicinanza a Taiwan e all’Asia Sudorientale. In particolare, Xiamen, nella regione del Fujian, sulle rive dello Stretto, e Shenzhen, adiacente a Hong Kong, si piazzarono rapidamente fra le destinazioni più ambite dagli investimenti da Taiwan. Il fatto che il Fujian e Taiwan condividono elementi culturali, storici e linguistici ha concorso al dinamismo dei loro scambi economici e sociali. L’investimento taiwanese sul continente ha coinvolto anche altre regioni, in particolare il Delta del Fiume Azzurro, con il fulcro costituito da Shanghai. Le stime esatte differiscono, ma dovrebbero essere almeno 1,2 milioni, il 5% della popolazione, i Taiwanesi a essersi trasferiti nella Cina continentale.26

La comunità degli investitori taiwanesi non ha solo creato milioni di lavori sul continente ma è anche diventata un segmento cruciale delle filiere globali. Molte note aziende taiwanesi dipendono pesantemente dalla Cina per il lavoro e il mercato (sia il mercato continentale sia quegli esteri che passano per la Cina). Per esempio, la Foxconn, un gigante taiwanese della produzione di componenti elettronici per la Apple e altri marchi famosi impiegano un milione di operai cinesi, più di ogni altra azienda privata in patria.27 Evidentemente, molti prodotti “made in China” sono fabbricati o assemblati nelle aziende a investimento taiwanese sul continente prima di essere venduti in giro per il mondo. Taiwan ha senza dubbio contribuito a fare della Cina una potenza della manifattura, la fabbrica del mondo e la nazione guida del commercio mondiale.

Conclusioni e raccomandazioni politiche

La disputa sullo Stretto rimane un questione irrisolta, eredità di una guerra civile mai conclusa. Dal punto di vista storico, le due sponde sono separate dal  1949, ma sia Taiwan sia la RPC sono parti di Cina. Oggigiorno, le trasformazioni politiche di Taiwan includono un processo democratico che mette in questione la narrativa storica. Gli sviluppi della RPC e la crescente rivalità con gli USA mettono anch’essi in pericolo i delicati equilibri nello Stretto.

Taiwan è stata radicalmente cambiata dal processo democratico degli anni ottanta. Il PPD resterà probabilmente al potere anche nel prossimo futuro. Non  è solo il primo partito politico di Taiwan, ma ha anche il pieno sostegno della gioventù. Il PPD è diventato più esigente nel perseguire la parte del suo programma relativa all’identità politica di Taiwan. Domina le narrative riguardanti lo status di Taiwan e descrive la disputa fra le due sponde dello Stretto in termini elementari, “democrazia versus autocrazia,” una dizione che ha facile presa sul pubblico globale, specialmente quello occidentale. Tuttavia, è una formulazione che ignora la storia e la complessità della questione di Taiwan, dipendente dalle relazioni attraverso lo Stretto tanto quanto da quelle fra USA e RPC. 

Il governo USA ha lanciato messaggi misteriosi su Taiwan. Washington continua a ribadire la sua fedeltà al principio di “una sola Cina”, un principio che però sembra inclinare sempre più verso una politica de facto “una Cina, una Taiwan”. Il risultato è che quello che un tempo erano relazioni USA-RPC collegiali e sfaccettate si fanno antagonistiche, minacciando non solo la stabilità dello Stretto ma anche la pace mondiale. Gli sforzi USA per elevare i livello delle relazioni con Taiwan hanno suscitato a Pechino il timore che gli USA rinneghino l’impegno “una sola Cina” e aumentano le possibilità di una guerra nello Stretto di Taiwan, con ripercussioni anche altrove.28 Entrambe le amministrazioni Trump e Biden hanno accelerato il processo. Mentre Washington continua a onorare solo a parole “una sola Cina,” e mentre Pechino sembra sempre più incline a usare la forza per risolvere la controversia sullo Stretto, le fondamenta delle relazioni USA-RPC scricchiolano. 

Non c’è niente di scritto nel futuro delle relazioni Washington-Pechino-Taipei. La conduzione della crisi di questa difficile questione richiede pazienza, saggezza e una consapevolezza storica e della realtà politica e economica. La pace è il comune denominatore in grado di assicurare il futuro di tutt’e tre le parti in causa. Essa richiede però che non si parli più di azioni unilaterali di destabilizzazione nello Stretto. La stabilità e la pace dello Stretto esigono che fra Washington, Pechino e Taipei si ristabilisca la fiducia, onde evitare ulteriori scossoni allo statu quo.

Se le tensioni fra USA e RPC devono placarsi e siano sostituite dalla cooperazione securitaria, economica e ambientale, è cruciale che Washington riaffermi il suo impegno per “una sola Cina” e chiarisca che gli USA non sostengono né l’indipendenza di Taiwan né la politica “una Cina, una Taiwan”. L’incoraggiamento USA delle interazioni economiche, sociali e culturali attraverso lo Stretto e, quando i tempi saranno maturi, del dialogo politico, disinnescherebbe il conflitto fra le due sponde e quello fra USA e RPC e contribuirebbe alla pace, la prosperità e la sicurezza regionale. 

Politiche reciproche della RPC e della Repubblica di Cina che esaltino l’unificazione pacifica e conquistino gli animi a Taiwan tramite gli scambi e l’integrazione economica potrebbero contribuire anch’esse al raggiungimento dello scopo. L’unificazione fra le due sponde dello Stretto potrebbe così godere dell’appoggio di entrambe le parti e della promozione degli interessi reciproci.

Taiwan potrebbe contribuire allo scopo difendendo la democrazia e i diritti umani, pur lasciando  “una sola  Cina” un’opzione aperta, sia pure al prezzo di oscurare le prospettive immediate. È un azzardo sostenere che Taiwan e RPC siano già due nazioni separate, ed è da irresponsabili affrontare il nazionalismo cinese in nome della democrazia, un comportamento che promuoverebbe politiche e sentimenti anticinesi e preparerebbe a un conflitto nello Stretto. 

Solo quando tutte e tre le parti in causa prenderanno sul serio l’eventualità di un conflitto militare e forniranno le necessarie rassicurazioni, riusciranno a mantenere la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan, preparando l’auspicabile soluzione pacifica delle divergenze.

Articolo originale pubblicato su apjjf. Traduzione in italiano di GioGo per DINAMOpress e Sinosfere, dove è pubblicato in contemporanea.

In copertina Nixon e Zhou, via wikipedia (White House Photographer)

Note

1

“Press Statement, Anthony J. Blinken, U.S. Secretary of State, October 26, 2021. 

2

“U.S. concerned by ‘coercive’ Chinese actions in Taiwan strait, Biden tells summit,” Yahoo! News,October 27, 2021. 

3

Cindy Wang, “Taiwan Braces for More Chinese Warplane Flybys in 2022 After Patrols Double,” Bloomberg, December 27, 2021.

4

John Feng e Aila Slisco, “Xi Jinping Warns Joe Biden China Could Be ‘Compelled’ to Use Force Against Taiwan,” Newsweek, November 16, 2021.

5

Press Communiqué Regarding Conference of President Roosevelt, Generalissimo Chiang Kai-shek, and Prime Minister Churchill at Cairo,” Cairo, November 26, 1943. Office of the Historian, US Department of State. 

6

 “The Taiwan Straits Crises: 1954–55 and 1958,” Office of the Historian, US Department of State.

7

Joint Statement Following Discussions With Leaders of the People’s Republic of China,” Shanghai, February 27, 1972. Office of the Historian, US Department of State.

8

Joint Communiqué on the Establishment of Diplomatic Relations between the People’s Republic of China and the United States of America,” December 16, 1978, The Chinese embassy in the US.

9

Taiwan Relations Act,” January 1, 1979, The American Institute in Taiwan.

10

U.S.-PRC Joint Communiqué (1982),” The American Institute in Taiwan. 

11

Dennis V. Hickey, “Biden, Taiwan, and Strategic Ambiguity,” The Diplomat, October 25, 2021.

12

Cfr. p. es. Richard Haass e David Sacks, “The Growing Danger of U.S. Ambiguity on Taiwan,” Foreign Affairs, December 13, 2021.

13

 “Special Interview with Rep. Claudia Tenney: It’s time to revisit ‘one China’ policy,” Voice of America (Chinese), November 23, 2021.

14

Arm Taiwan Act of 2021, Senate Foreign Relations Committee, November 2, 2021. Taiwan Deterrence Act, Senate Foreign Relations Committee, November 4, 2021. 

15

Declassified Cables: Taiwan Arms Sales & Six Assurances (1982),” American Institute in Taiwan.

16

John Feng, “China Decries ‘Interference’ as Antony Blinken Signals U.S. Action Over Taiwan,” Newsweek, November 11, 2021.

17

“Taiwan’s unnerving president does it again,” The Economist, July 17, 1999. 

18

 Costituzione della Repubblica di Cina, proclamata dall’Ufficio della Presidenza, 1 gennaio 1 1947.

19

Cfr. Tsai’s speech on October 10, 2021. In un’intervista alla BBC nel gennaio del 2020, ha detto: “Siamo già una nazione indipendente, che si chiama Repubblic di Cina (Taiwan)” e “ci aspettiamo che la Cina ci rispetti.”

20

The National Defense Authorization Act for Fiscal Year 2022, December 7, 2021.

21

Makiko Inoue e Ben Dooley, “Japan Approves Major Hike in Military Spending, With Taiwan in Mind,” The New York Times, December 23, 2021.

22

Cross-Strait Relations,” Fact Focus, Taiwan Government Website.

23

Ibid.

24

“Taiwan’s exports to mainland hit new high in 2020,” Xinhua, January 9, 2021.

25

Shelley Rigger. The Tiger Leading the Dragon: How Taiwan Propelled China’s Economic Rise. Rowman & Littlefield Publishers, 2021. Also, Jenny Chan, Mark Selden, Pun Ngai. Dying for an iPhone: Apple, Foxconn, and The Lives of China’s Workers. Haymarket Books, 2020.

26

“Why commercial ties between Taiwan and China are beginning to fray,” The Economist, November 19, 2020.

27

Ibid.

28

Paul Heer, “Has Washington’s Policy Toward Taiwan Crossed the Rubicon?” The National Interest,December 10, 2021.