Una boccata d’aria

dal 7 al 12 maggio festeggiamo un anno di ScUP

Concetti come lavoro, diritto dei lavoratori, organizzazione sindacale come li abbiamo conosciuti nel ‘900 sono spirati con quel secolo e vanno totalmente ripensati.

DinamoPress ha già raccontato la storia di SCUP, la speculazione che riguarda lo stabile di via Nola 5, i servizi che fornisce, lo sgombero e la rioccupazione.

SCUP compie un anno (qua tutto il programma). Uno spazio in cui disoccupati e precari dello sport e della cultura (SCUP significa sport e cultura popolare) producono welfare, cioè reddito per chi lavora e servizi per i cittadini.

Cioè quello che dovrebbe essere la normalità.

Purtroppo però la normalità è la disoccupazione giovanile al 40%, sono gli stage per non pagare i laureati, i milioni di inutili contratti, lo svilimento della intelligenza dei giovani ( e anche dei meno giovani). La normalità è che se vuoi aprire una partita IVA ti ammazzano di tasse, se vuoi fare qualsiasi cosa a Roma un affitto è un macigno.

Volevamo dimostrare, anche a noi stessi ad essere sinceri, che con le condizioni giuste produciamo ricchezza, anzi eccellenza. Senza zavorra spicchiamo il volo. Del resto, non siamo stati certo i primi. Il Teatro Valle era un museo con la muffa nelle mani dei burocrati, nelle mani dei lavoratori dello spettacolo e dei cittadini interessati alla cultura finalmente vive. Ed è solo un esempio.

Per farlo abbiamo dovuto occupare uno spazio pubblico dismesso. Ne avremmo fatto a meno. Ma l’illegalità ha creato una opportunità. Istruttori sportivi qualificati, cuochi, operatori della cultura, insegnanti precari, psicologi. L’occupazione ha rappresentato un atto di emancipazione sociale per persone piene di competenze svilite e mortificate dall’attuale mercato. Una boccata d’aria per i precari che hanno occupato e per il quartiere di San Giovanni.

Con l’occupazione abbiamo tentato di ridare allo stabile di via Nola la funzione pubblica che proprio lo Stato gli aveva tolto con la dismissione e una operazione di scatole cinesi con la quale lo stabile è passato alla Unieco, una società della lega delle cooperative.

La Unieco ha origine da quindici muratori che nel 1914 si sono messi insieme per produrre ricchezza. Era il tempo in cui il mutualismo, la solidarietà e la cooperazione ponevano le basi per lo Stato sociale. Ora Unieco ha un fatturato di 600 milioni l’anno ed è tra i maggiori appaltatori in Italia. Spiace che abbia partecipato ad una operazione di finanziarizzazione che ha come effetto di smantellare quello Stato sociale che la storia della cooperazione ha contribuito a costruire. Questa idea che la finanza risolva i problemi ha permeato proprio tutto. Invece la finanza non risolve nulla, al più arricchisce qualcuno e lascia indietro tutti gli altri.

Ecco il caso vuole che i primi anni di questo secolo assomiglino ai primi di quello passato.

L’ideolatria del mercato e della finanza, la globalizzazione delle banche e il protezionismo dei diritti come una valanga si sono schiantate su garanzie e valori costruiti con fatica e lotte.

Ecco, mentre anche lo Stato stesso e il mondo della cooperazione spesso si fanno trascinare dal vento liberista, a SCUP tentiamo di reinventare il mutualismo, la cooperazione, la solidarietà, vale a dire la ricostruzione dal basso del welfare che non c’è. Come quei 14 muratori.

È con Unieco e le istituzioni vorremmo aprire una discussione. Ma vorremmo farlo senza la spada di damocle della denuncia civile che è stata intrapresa. Con pari dignità.

Iniziamo l’undici maggio a SCUP, con un’assemblea pubblica dentro la settimana dei festeggiamenti.