PRECARIETÀ

Un taglio alla formazione medica o un attacco al diritto alla salute?

In Piazza Montecitorio la protesta dei medici specializzandi che si vedono tagliare dal governo le borse di studio.

La crisi del sistema sanitario nazionale e del sistema formativo nel nostro Paese risulta ormai sempre più evidente. Con la scusante della crisi economico-finanziaria, gigantesco alibi […] per interventi di austerità e iniquità sociale finora mai completamente realizzati nella loro crudezza, viene smantellato, tassello dopo tassello, quello che un tempo si conosceva, nella nostra Europa, come welfare state – stato sociale. Il lavoro, la casa, la formazione e i saperi, ed ora in maniera più dichiarata, la stessa salute e il diritto a una sanità pubblica, universale e soprattutto di qualità vivono ogni giorno attacchi indiscriminati e sempre più insostenibili.

L’attacco al diritto alla salute, intesa come bene comune, come benessere fisico, psichico e sociale (secondo una vecchia e tanto sconfessata definizione) non è, in effetti, cosa nuova.

Già il processo di aziendalizzazione, iniziato nei primi anni 90, con la scusa di portare efficienza ha semplicemente prodotto la trasformazione concettuale del bene salute in “merce- salute” , determinando l’applicazione da parte dei presidi ospedalieri di criteri, metodi e tecniche di gestione aziendalistiche nell’erogazione di un diritto inalienabile, senza apportare alcun tipo di programmazione sensata e mirata delle politiche sanitarie. Sulla stessa scia si pongono l’istituzione dell’intra-moenia ovvero la possibilità dei medici di svolgere la libera professione nelle strutture sanitarie pubbliche, senza nessun tipo di controllo sui proventi derivanti all’ospedale da questa pratica; la possibilità, ormai divenuta sempre più una moda, redditizia solo per chi specula sulle gare di appalto, di appaltare ed esternalizzare dei servizi assistenziali, moda che ha determinato un’offerta e una qualità di servizio sempre più scadente unitamente ad un maggiore sfruttamento e ricattabilità del lavoratore, con sempre meno garanzie e formazione professionale. Non da ultimo l’ assegnazione dei finanziamenti mediante i DRG (diagnosis related groups) sistema di classificazione ispirato al sistema sanitario americano, che individua un costo standard di produzione per ogni tipologia di intervento sanitario, sistema che, ovviamente, incentiva nelle cliniche private cofinanziate dal SSN i trattamenti costosi, anche se inutili, a fronte di interventi più economici e più appropriati ma con poco margine di guadagno. Dall’altro lato negli ospedali pubblici questo meccanismo ha modificato i criteri di assegnazione dei finanziamenti in base alla produttività dell’ospedale e non più in base ai bisogni del singolo individuo e del territorio, accelerando il processo di mercificazione delle cure e della salute delle persone.

Nell’ultimo Documento Finanziario, elaborato dal Ministero dell’Economia, che detta le linee della programmazione sanitaria si esplicita infine, velatamente, un disegno di riforma strutturale per il sistema sanitario nazionale. Si comincia a parlare di sistema sanitario selettivo, di prestazioni non incondizionate, e quindi di un modello sanitario non più universalistico, in quanto l’universalità viene dichiarata non più economicamente sostenibile. In particolare il termine selettivo ci rimanda ad un articolo, pubblicato già nel 79 in cui si parlava di Selective Primary Health Care. Tale articolo fu, all’epoca, ispirato dalla Banca Mondiale con il preciso scopo di invertire una linea di politica sanitaria affermata nel corso della Conferenza di Alma Ata (1978), prima grande conferenza mondiale sul tema della sanità in cui la tensione sottolineata comunemente era verso un concetto di universalità e di “salute per tutti”. Selective primary health care è dunque l’opposto di Comprehensive primary health sostenuto nel documento finale di Alma Ata.

Così, mentre nell’ultimo documento economico e finanziario varato dall’attuale governo, si confermano i tagli previsti per il triennio 2012-2015 per un totale di circa 25-30 miliardi di euro e si programma un ulteriore disinvestimento nella sanità pubblica (dall’attuale 7.1% del PIL al 6,7% a partire dal 2015), dall’altro lato permane la totale assenza di qualsiasi tipo di programmazione sanitaria, sia in termini di servizi e qualità degli stessi (chiudono i presidi territoriali su Roma, interi reparti sono accorpati o chiusi, spariscono i P.s. dei centri abitati della regione) sia in termini di politiche di investimento sul personale sanitario (formazione e lavoro).

Da anni ormai la situazione lavorativa all’interno delle strutture sanitarie è all’insegna della precarietà dilagante, con giovani medici, con alle spalle un percorso formativo minimo di 10 anni, costretti ad accettare contratti di collaborazione o a progetto, senza alcuna garanzia e senza alcuna tutela, con orari di lavoro sempre più gravosi che compromettono la qualità stessa delle prestazioni. Sempre meno tempo dedicato alla cura, sempre meno stimolo e incentivo alla crescita culturale e professionale. A tutto questo si aggiunge il capitolo formazione. Oggi il numero di laureati in medicina e chirurgia, così come nelle professioni sanitarie in genere, è aumentato sensibilmente rispetto a circa 5-6 anni fa, ma a questo aumento non ha fatto seguito nessun adeguamento nella programmazione di un appropriato investimento economico e di organizzazione di queste competenze, che, in campo sanitario più che mai, sono da considerarsi una ricchezza e non un peso da gestire più o meno maldestramente! Inoltre l’entrata in vigore del DM 1 agosto 2005, che aveva ristrutturato la durata dei corsi di specializzazione medico-chirurgici , portata da un minimo di 4 anni a un minimo di 5, non essendo accompagnata da un incremento nel capitolo di spesa destinato alla formazione medica specialistica , ha fatto sì che il budget stanziato non riuscisse più a coprire il minimo di 5000 contratti per anno, già sottostimato, visto che i laureati sono stati per l’anno 2012-2013 oltre 6000. Il risultato è stato un taglio di 500 contratti di formazione specialistica per l’anno passato e , per il prossimo anno, le borse garantite scenderanno addirittura da 4500 a 2500! Ciò significa che circa 4000 neo-laureati non entreranno in scuola, ritarderanno dunque il loro accesso nel mondo del lavoro in sanità (peraltro sempre più precario) perchè senza specializzazione non si può accedere a nessun tipo di contratto in struttura ospedaliera e continueranno a nutrire le fila dei giovani medici abilitati sfruttati dentro le corsie per coprire i buchi e i tagli di personale di un sistema sanitario sempre più al collasso. Tale situazione è insostenibile non solo perchè ai giovani medici e agli studenti in medicina e chirurgia , così come anche alle altre figure dell’assistenza sanitaria viene precarizzato sempre più il futuro oltre che il diritto a una formazione degna e davvero professionalizzante, ma anche e soprattutto perchè ai cittadini tutti viene ancora una volta negato un tassello del proprio diritto alla salute. Tale diminuizione del numero di medici peserà infatti tutta sul pubblico, in quanto il privato, forte del profitto che ricava dalla cura/merce potrà sicuramente offrire stipendi più alti ai neo-specializzati, mentre il pubblico dovrà sopperire al taglio di 30 miliardi nel periodo 2012-2015. Solo riconoscendo questo non come un attacco alla futura classe medica, ma come un attacco al diritto alla salute, si può intravedere la speranza di costruire e far nascere un movimento, composto da professionisti della sanità ma soprattuto da cittadini, un movimento forte che sappia immaginare un nuovo modello di salute, che passa più per la prevenzione che per la cura, che si incentri su politiche di programmazione sanitaria reale e diffusa, diramando anche sul territorio i presidi sanitari e rendendo più agevole l’accesso alle cure; un movimento che sappia prendere parola anche contro le cosiddette grandi opere , redditizie per pochi ma nocive per tutti come la TAV o le fabbriche dei veleni come l’ILVA, visto che la salute si costruisce a partire dalla prevenzione; che parli di un nuovo rapporto medico/paziente veramente orizzontale e informato, e di una affermazione della salute come bene comune che superi ogni interesse particolare, perché la salute non può essere una merce da vendere per ripagare un debito pubblico di cui non siamo causa, ma solo vittime!

Tutto questo non può non passare da una formazione degna dei futuri operatori della sanità, medici di medicina generale, specialisti, infermieri e altre figure professionalizzanti coinvolte nel processo di cura e nei servizi ad esso correlati e da un investimento adeguato in termini di finanziamenti pubblici. Urge un implementazione del fondo per i contratti di formazione specialistica e di quelli per la figura di medico di medicina generale, occorre che sia data dignità alla sanità pubblica e al diritto alla salute! Non possiamo più aspettare!