Un Forum più mondiale che sociale

Un bilancio del Forum sociale mondiale 2013, tratto dal sito tunisino Nawaat.org

Com’era prevedibile, data la portata dell’evento, la vita politica tunisina è stata eclissata e tenuta sospesa dallo svolgimento del primo Forum Sociale Mondiale in territorio arabo. Anche se il Forum si pretende in teoria apolitico, tutto o quasi vi è politico, e l’edizione 2013 non è sfuggita a questo paradosso.

Dalle figure politiche locali che hanno cercato di cavalcare l’evento, agli spiazzi del Campus universitario della capitale trasformati in campi di battaglia fratricida per procura delle lotte in corso in Siria, passando per le forze che tentavano di sabotare il Forum. Mai Forum era stato tanto (geo)politicizzato, a memoria di altermondialista.

Lunedì 26 marzo il Forum è già cominciato in anticipo. L’arrivo di decine di migliaia di partecipanti dal mondo intero non passa inosservato a Tunisi. La tradizionale sfilata di apertura dà il tono a questa edizione storica. L’eccitazione è palpabile sia fra gli attivisti occidentali che sui visi di chi viene dal Marocco e dall’Algeria: i primi sono desiderosi di restituire, per imitazione, l’anima della rivoluzione tunisina vissuta a distanza due anni prima. I secondi vi vedono l’occasione per gustare una libertà di manifestazione non ancora conseguita nei loro rispettivi paesi.

L’islam politico alla prova del sociale
Ma all’improvviso i volontari incaricati del servizio d’ordine devono confrontarsi con una situazione che rischia di sfuggire di mano. Un gruppo di giovani militanti islamisti, quelli che la direzione di Ennahdha chiama «la gioventù entusiasta», non intende lasciare che la sinistra sfili su un terreno conquistato. Guidati dall’ineffabile Recoba, i disturbatori si inseriscono alla testa della marcia, impiegando le tattiche ben collaudate della provocazione fascista. Un islam politico diversamente più civile sarà sempre presente nel corso del Forum. Dal giorno dopo, il laboratorio animato da Tariq Ramadan e Alain Gresh, uno dei suoi contraddittori favoriti sul problema, si annuncia a buon titolo come l’attrazione principale dello spettacolo del Forum in una sala stracolma.

Ramadan è lui stesso un personaggio complesso, ammiratore di Rached Ghanouchi, ma nel contempo si proclama volentieri «di sinistra» sui media e i suoi interventi sempre più frequenti in questo tipo di vertici a carattere sociale mostrano un discorso di tipo conservatore in costante evoluzione, a immagine dei partiti che rientrano nella galassia dei Fratelli Mussulmani oggi alle prese con l’attività di governo.

Il Forum è, a questo titolo, un altro test a grandezza naturale per il nuovo potere locale e le sue basi popolari. Appollaiato sulla cima di una collina del campus, sapientemente posizionato al riparo degli sguardi, se lo stand dell’UGTE è quasi aneddotico, la partecipazione del sindacato studentesco tunisino lo spinge di fatto ad accettare il pluralismo, anche quando questo coincide con una posizione minoritaria.

Questo è uno degli effetti collaterali del Forum: come i funerali nazionali di Chokri Belaïd avevano costituito un memento della capacità di mobilitazione della sinistra, il Forum, con il suo spirito insolentemente festaiolo e il suo gigantismo, relativizzano nella coscienza collettiva la presa del progetto di società ultra-conservatrice, almeno su scala mondiale.

I diritti dell’uomo, «the elephant in the room»
Sul metro di quanto la maggior parte dei partecipanti si accorda a qualificare come imperialismo, la dialettica oppressi/oppressori esige di chiudere gli occhi sulla questione dell’universalismo? I regimi autoritari adducono spesso il pretesto di un conflitto permanente con un nemico esterno per mettere sotto chiave le libertà e consolidare il loro sequestro sul piano interno. Ma che ne è dei popoli proprio nel «forum dei popoli»?
Come nella festa dell’«Humanité» o nelle riunioni degli Indignati, sempre più costretti a confrontarsi con la cagnara dei populismi identitari, il Forum 2013 ha avuto la sua quota di divergenze burrascose, arrivate sino allo scontro fisico fra nazionalisti panarabi e rivoluzionari siriani, non lontano dallo stand iraniano che inalberava un poster di Khomeini.

«Forza Bashar, schiacciali!», gridavano i portabandiera del regime contro gli adepti della nuova bandiera della rivoluzione, che per l’occasione non avevano né i comportamenti né i segni esteriori degli jihadisti accusati di incarnare essi soli la rivoluzione.
L’inflazione in termini di numero di cause eteroclite difese non è dunque la sola minaccia esistenziale per il Forum. Attraversando una crisi etica, la sinistra radicale fatica a tagliar corto sul primato o meno dei diritti umani universali. Nel frattempo, la cultura anti-censura che presiede all’organizzazione del Forum, si accontenta di lasciar fare. Ciò che a volte si traduce in accrocchi surreali.

Così per la giornata della Terra di sabato, bandiere arcobaleno tipo gay pride si affiancavano a bandiere nere salafite nella sfilata di chiusura, mentre gli slogan peace and love accompagnavano gli stendardi di Hezbollah…

Recupero da parte della politica nazionale
La presenza discreta di Ameur Larayedh e di Meherzia Labidi nel secondo giorno del Forum è valsa qualche vivace critica da parte di quanti vi vedevano una tribuna regalata a un partito politico. Ciò che è davvero sbalorditivo conoscendo l’orientamento peraltro molto liberale dei programmi di partito che si richiamano all’islam politico. Dal canto suo, il Presidente Moncef Marzouki ha approfittato del Forum per fare una dichiarazione:
«La Tunisia deve inaugurare un nuovo modello di sviluppo per fare uscire dalla povertà 2 milioni di tunisini in 5 anni, a meno di un ritorno alla dittatura».
In mancanza di proposte, il Presidente non perde mai il senso della drammatizzazione.

*Traduzione dal francese Dinamopress. La polit-Revue: Un forum plus mondial que social, 31-03-2013, Nawaat.org