MONDO

Il Tren Maya ad alta voracità minaccia il Messico

Un mega progetto ferroviario-logistico minaccia le comunità indigene messicane, la resistenza contro lo sviluppismo estrattivista dei popoli originari continua.

Il Messico guidato da un anno e mezzo dal presidente Andrés Manuel López Obrador (AMLO) vive ancora nel pieno della diffusione del virus Covid-19. In questo video avevamo raccontato cosa stia comportando la pandemia nel paese attraverso le voci di attivisti presenti nella capitale.

A distanza di due mesi continua a vigere un lockdown più leggero di quello italiano, ma la curva del contagio non scende, anzi, continua lentamente a salire, con gravi ripercussioni per le fasce più deboli della popolazione. Eppure il presidente da tre giorni viaggia e organizza eventi negli stati all’estremo est del paese, nella penisola dello Yùcatan, per promuovere l’inizio dei lavori di una grande opera, già promessa elettorale: il Tren Maya.

Per un presidente nazionalista, populista e sviluppista come lui le grandi opere sono uno strumento di potenziale crescita economica, una possibilità per allargare consensi e clientele, sia a livello locale che a livello internazionale, un’opportunità per attrarre capitali: sono pertanto un remunerativo investimento di denaro pubblico.

 

Risulta evidente quanto una politica fondata sulle grandi opere si traduca in una forma aggressiva di estrattivismo, ancor di più in un territorio frammentato e fortemente diseguale qual è il Messico.

 

Le grandi opere infatti vengono costruite in territori dove la popolazione espropriata di terre, fonti d’acqua e risorse è per lo più indigena, da sempre marginalizzata e dimenticata da qualunque governo federale. Le grandi opere, esattamente come l’estrazione di materie prime, portano ricchezza in luoghi ben lontani dalle terre dove vengono realizzate, in quei luoghi lasciano invece devastazione e povertà.

Un esempio particolarmente significativo è proprio quello del Tren Maya, al centro del dibattito politico e mediatico di questi giorni. Si tratta di un progetto faraonico contro il quale da tempo si battono organizzazioni di diritti umani, comunità indigene, società civile e lo stesso movimento zapatista, che ha parlato a lungo del progetto anche durante il proprio messaggio di inizio anno a gennaio 2020.

 

Fonte: desinformémonos

 

Il progetto consiste in una linea ferroviaria che, attraversando tutta la penisola dello Yucatan, dovrebbe collegare la città archeologica di Palenque, in Chiapas, con la Riviera Maya, cioè Cancún, Playa del Carmen, Tulúm: la zona del paese che più è stata sfruttata dal turismo di massa straniero.

Chiunque sia stato in Messico ha potuto constatare che una buona parte del turismo è ancora basato su imprese di carattere familiare o di media grandezza ma gestite da locali. Nella riviera Maya invece dominano sopratutto grandi resort, grattacieli e catene alberghiere internazionali. Il tracciato ferroviario inizialmente doveva essere unico, recentemente si è sdoppiato fino compiere un anello attorno allo Yùcatan.

 

Ufficialmente il progetto dovrebbe aumentare ulteriormente la capacità e la densità turistica delle aree coinvolte, “espandendo” il modello Riviera Maya a tutta la penisola dello Yucatan.

 

A uno sguardo più ravvicinato però emergono subito chiare incongruenze di questo progetto. Anzitutto quella più plateale, il Messico non possiede linee ferroviarie per il trasporto di persone. Vi sono solo alcuni tracciati per il trasporto merci, tra cui quello utilizzato dai migranti in fuga dal Centroamerica. Per muoversi in un paese vasto quale è il Messico ci si affida a compagnie di bus di varie tipologie e pensate per differenti classi sociali. Spesso queste compagnie sono in mano ai caciques della regione o dello stato, cioè le famiglie economicamente e politicamente più rilevanti e non poche di loro sono colluse con il narcotraffico.

Pertanto verrebbe costruita la “prima” linea ferroviaria ma non a beneficio della popolazione messicana che potrebbe pure averne bisogno, ma esclusivamente del turismo. Giocando con i paragoni potremmo dire che è come se in una Italia priva di linee ferroviarie la prima (e unica) a essere costruita fosse la Siena-Cinque Terre.

Il Tren Maya inoltre attraversa migliaia di chilometri di terre abitate da popolazioni indigene, la costruzione della linea ferroviaria determinerà espropri, devastazione dell’habitat, prosciugamento di fonti idriche, deforestazione, divisione di terre ed ecosistemi oggi ancora intatti.

AMLO ha voluto imporre la costruzione attraverso il processo delle consulte, cioè una sorta di referendum per chiedere l’approvazione della popolazione. Tuttavia la consulta che si è tenuta, a dicembre 2019, è stata assolutamente iniqua, manipolata (i tempi necessari per informare la popolazione non sono stati rispettati) e totalmente incapace di rappresentare la volontà delle popolazioni indigene che abitano quelle terre: lo ha denunciato persino l’ufficio per i diritti umani dell’ONU.

 

Il Messico tuttavia, avendo firmato la Convenzione 169 dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro, è obbligato a consultare in modo equo, libero e informato la popolazione indigena che vive un territorio prima di condurre opere al suo interno. Le organizzazioni in lotta contro il progetto stanno pertanto preparando anche strategie legali e internazionali per opporsi.

 

Fonte: desinformémonos

Bisogna aggiungere che il progetto non riguarda solo una linea ferroviaria ma va inteso come un vero e proprio corridoio della logistica, che darà luce verde pertanto a una serie di altre opere associate, come centrali elettriche e autostrade. Inoltre le zone turistiche che collega saranno zone di commercio a condizioni agevolate e detassate, in linea con quelle che sono definite zone economiche speciali.

Le zone economiche speciali sono luoghi in cui è possibile produrre e commercializzare godendo di esenzioni da controlli finanziari, legislativi e doganali e dalla tassazione normale. Sono scelte tendenzialmente in luoghi logisticamente rilevanti anche a livello internazionale e diventano delle vere e proprie zone off limits nelle quali il potere del capitale non ha vincoli (neppure di tipo ambientale) e può cavalcare profitti impensabili. Il turismo di massa in mano ai capitali esteri è un tipico esempio di settore che può svilupparsi in modo deregolamentato in queste zone.

 

Un turismo di questo tipo condanna alla miseria i lavoratori e le lavoratrici locali dell’economia informale, che pure operano ancora oggi nella riviera Maya e in tutta la penisola dello Yucatan, e che verrebbero schiacciati dagli investimenti e dai megaprogetti già pianificati nell’area.

 

Il progetto quindi non solo favorisce il turismo in mano alle catene internazionali, non solo devasta l’ambiente e sottrae terre alla popolazione indigena che vede ancora una volta i propri terreni e i propri diritti saccheggiati, ma anche permette uno sviluppo economico nelle mani esclusive di pochi gruppi imprenditoriali, totalmente incapace di redistribuire ricchezza alla popolazione locale.
In tal senso, il Tren Maya rientra nella stessa visione economica e logica del vicino Corridoio Transistmico, un’altra mega opera che Amlo vuole realizzare: un corridoio logistico fatto da linea ferroviaria porti, fabbriche, zone commerciali e che dovrebbe collegare Golfo del Messico e Pacifico per fare concorrenza a Panama.

 

Fonte: desinformémonos

 

Va infine ricordato un elemento. In Messico la criminalità ha un potere sconfinato visto il suo intreccio permanente con le autorità statali e federali. La criminalità ha già un interesse evidente lungo il tracciato del treno per due ragioni: in primo luogo perché è al confine con i paesi centroamericani, e pertanto possono arrivarci facilmente i piccoli aeroplani utilizzati dal narcotraffico. In secondo luogo perché essendo la riviera di Cancún una zona di turismo di massa circolano capitali, liquidità, investimenti: un terreno fertile per interessi criminali. La situazione già preoccupante potrebbe aggravarsi grazie all’apertura un corridoio logistico di questa portata in una zona ancora dominata dalla selva.

 

In questi mesi di pandemia si è discusso a lungo di Tren Maya anche perché AMLO ha voluto considerare le opere del treno come necessarie da svolgere anche durante il lockdown.

 

Questo ha voluto dire ad esempio che in territori indigeni siano arrivati a vivere operai provenienti da altre zone del paese per i lavori preparatori alla linea. Contro questa decisioni si è sollevata una polemica aspra che ha visto persino la Commissione Nazionale per i Diritti Umani (legata al potere federale) chiedere l’interruzione dei lavori che potevano aggravare la situazione sanitaria degli operai e della popolazione indigena. Non è bastato, le opere sono iniziate e pure le celebrazioni come menzionavamo all’inizio.

In una intervista a Dinamopress della scorsa estate, l’attivista messicana Mariaestela Barco aveva intravisto in questo attacco alle popolazioni indigene in nome dello sviluppo economico un elemento chiave della politica di questo presidente eletto dalla stragrande maggioranza di messicani che speravano in un cambio radicale rispetto alla violenza dei governi di PAN e PRI degli ultimi anni.
In Messico si gioca purtroppo ancora una volta una partita tra lo sviluppismo nazionalista appoggiato questa volta da Morena (il partito di AMLO) e da buona parte della sinistra liberal e la visione indigena della mondo e del rapporto tra esseri viventi, natura, risorse e vita. Dopo più di 528 anni, la resistenza dei popoli originari continua.

 

Immagine di copertina: Centro de Medios Libres – Mexico.

Foto nell’articolo tratte da: desinformémonos