ROMA

Picchiato durante il trasferimento dal Cpr di Torino a Roma per essersi ribellato: la storia di I.

Abbiamo intervistato Gianluca Dicandia, l’avvocato ed attivista che difende il giovane detenuto attualmente nel CPR di Ponte Galeria a Roma, dove è arrivato dopo aver denunciato i soprusi e le violenze subite dai migranti nel CPR di Torino, dove lo scorso 8 luglio è morto un ragazzo. Durante il trasferimento è stato manganellato da un agente, riportando un trauma cranico e diverse contusioni.

Un cittadino bengalese è morto mentre si trovava in isolamento nel CPR di Corso Brunelleschi a Torino lo scorso 8 luglio mentre si trovava in isolamento. Un episodio la cui gravità ha fatto riaccendere i riflettori anche ai media e all’opinione pubblica su quanto accade nei Centri di Permanenza e Rimpatrio, eredi dei CIE. Uno dei giovani detenuti che ha denunciato quanto accadeva all’interno è stato trasferito nel CPR di Ponte Galeria a Roma e, durante il viaggio, è stato vessato, ammanettato e malmenato. Un trasferimento evidentemente punitivo per chi ha osato ribellarsi e non ha voluto tacere.

“La storia di I. non è una molto diversa da quelle di altri. Arrestato con l’accusa di ricettazione per essere stato fermato mentre vendeva delle borse sulla spiaggia di Rimini, è stato in carcere fino allo scorso gennaio. Da lì è stato portato al Cpr di Torino. Passano 45 giorni  e viene rilasciato ma successivamente viene riportato al Cpr di Corso Brunelleschi e viene lì trattenuto di proroga in proroga”, spiega Gianluca Dicandia, il legale che ha nominato una volta arrivato al Cpr di Ponte Galeria a Roma.

“I. è tra i protagonisti della denuncia delle condizioni di vita all’interno del Cpr di Torino – prosegue – dopo la morte di un ragazzo bengalese tenuto in isolamento e che nessuno avrebbe aiutato nonostante le urla. È lui che scrive alla Procura una mail per raccontare cosa sta accadendo all’interno della struttura”, prosegue Dicandia. Quello che accade successivamente si configura come una punizione per aver alzato la testa: “Per tutto il viaggio da Torino a Roma è stato tenuto ammanettato e gli è stato sottratto il cellulare. Quando ha protestato per riavere indietro il telefono e chiedendo che gli venissero tolte le manette – essendo perfettamente consapevole della sua particolare condizione detentiva diversa da chi si trova in stato di arresto – è stato colpito con due manganellate una alla schiena e una in testa. Nonostante perdesse sangue il viaggio è proseguito senza che venisse medicato. All’arrivo a Ponte Galeria è stato dirottato al Grassi di Ostia, dove I. nel referto ha chiarito che la ferita fosse dovuta alle manganellate, per poi essere riportato al Cpr”.

“È molto motivato nonostante le percosse, rivendica i propri diritti e si vuole battere contro questi centri denunciando tutto quello che ha visto e vissuto. All’interno è molto attivo per aiutare gli altri detenuti a uscire e per essere consapevole”, aggiunge. “Chiederemo che venga rilasciato perché attualmente è trattenuto solo al fine dell’identificazione: il consolato ivoriano quando si trovava a Torino non ha riconosciuto la sua identità, quindi non può neanche essere rimpatriato. La sua detenzione al momento ci sembra illegittima ma ancora non abbiamo il suo fascicolo”, conclude il legale e attivista.

 

Diritti calpestati. La verità zittita dal manganello

Sono le 6 del mattino quando I. riesce a chiamarci. Nella notte è stato trasferito dal CPR di Torino a quello di Ponte Galeria (Roma).

Prima di farlo salire sul mezzo, gli sono state infilate le manette ai polsi e gli è stato sequestrato il cellulare. Trattamento che è riservato a chi è recluso in carcere, non a chi è sottoposto a detenzione amministrativa per non avere i documenti in regola.

Durante il trasferimento ha provato a farlo notare all’ispettore, chiedendo quantomeno la restituzione del telefono. In tutta risposta un agente gli ha assestato due manganellate, una alla schiena e l’altra alla parte superiore del cranio. Al suo arrivo a Ponte Galeria era una maschera di sangue, tanto che non è stato accolto nel CPR, ma subito trasferito all’ospedale “G.B. Grassi” di Ostia per le cure necessarie.

Dal referto si legge: trauma cranico dovuto a manganellate.

Ma non finisce qui. Arriva il momento del controllo del Certificato di idoneità alla permanenza nel CPR, che rappresenta il “lasciapassare” su cui viene scritto a chiare lettere che “tu lì dentro ci puoi stare, perchè non sei persona vulnerabile”. In assenza di questo, la detenzione è illegittima. Ebbene, quello di I. si scopre scaduto da ben 15 giorni e, quando il responsabile del CPR di Ponte Galeria lo viene a sapere, lo fa trasportare alla ASL di Fregene per nuove valutazioni.

Non è tuttavia un caso che I. sia stato spostato proprio a Ponte Galeria, visto che dava così tanto fastidio la sua determinazione e la costanza nel voler denunciare e testimoniare quanto avviene – e  sta tuttora avvenendo – nel CPR di Torino, dove gli abusi sono all’ordine del giorno.

Troppo coraggioso, troppo ostinato perché lo si lasciasse semplicemente raccontare la verità.

Perché Ponte Galeria? Perché lì I. non può tenere un telefono e non è quindi raggiungibile; può soltanto chiamare con una scheda telefonica da un telefono cabina dentro il CPR.

Un segnale chiaro: STAI ZITTO!

Qualsiasi cosa accada lì I. non può raccontarlo, lo sa ed è per questo molto preoccupato, ma ciò non ha scalfito di un millimetro la sua determinazione. “Io ho fatto la cosa giusta e per questo vengo punito. Ma non mi importa, non si potevano tacere tante ingiustizie. Mi sento solo in colpa con chi mi vuole bene, che ora è preoccupato per me”.

L’avv. Gianluca Vitale, del Legal Team Italia, ha delegato i colleghi Stefano Greco e Gianluca Dicandia a seguire I. ed essi si sono recati oggi ad ascoltarlo nel CPR, preoccupati delle sue condizioni. Ne sono usciti dicendo “è una persona incredibile. Una determinazione rara ed una grande intelligenza e consapevolezza di cosa significa la parola diritto!”.

Come Campagna abbiamo inviato segnalazione al Garante Nazionale dei Detenuti perché attenzioni il caso. Benché si senta senza tutela, ciò che davvero lo garantisce è il suo coraggio e l’onesta intellettuale, un esempio per tutti noi!

MAI PIU’ CIE. Chiudiamo i CPR, lager di Stato!

Campagna LasciateCIEntrare

Legal Team Italia

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