INCHIESTE

Taranto: la guerra delle destre, dove Forza Nuova può conquistare un seggio

Blocchi di potere in lotta per un posto da parlamentare. Le armi spuntate delle parentele illustri. Gli interessi industriali e la fascio-televisione nella guerra interna alle destre nella città dell’Ilva. 

Per capire chi saranno i parlamentari eletti nei collegi di Taranto il prossimo 4 Marzo, bisogna andare a Massafra, uno dei comuni della Provincia, percorrendo l’unica strada che la collega al capoluogo. Qui, lungo la statale 100, qualche chilometro di strade sterrate e diversi ettari di terreni agricoli, dopo, si affaccia la sede di una delle maggiori aziende del territorio tarantino. La Cisa Spa, società che gestisce la discarica dove vengono accolti la maggior parte dei rifiuti solidi urbani prodotti dai comuni pugliesi. Il padrone degli impianti è Antonio Albanese, vice-presidente della locale Confindustria, uomo forte ( e socio) in Puglia di Emma Marcegaglia.

Il comune di Massafra è da circa trent’anni il fortino di Tonino Albanese. Qui, oltre alle discariche di rifiuti urbani, gestisce attraverso una joint venture proprio con il gruppo Marcegaglia, anche l’inceneritore Appia Energy, per cui di recente il Consiglio di Stato ne ha autorizzato il raddoppio, dopo un lungo braccio di ferro intrapreso con le comunità locali e i medici che vi si opponevano. Tempi buoni per la Cisa, e per Massafra, dunque. Già, perchè ora una dipendente della società ( ufficio contenziosi) l’avvocato Stefania Fornaro – 34 anni – è un po’ a sorpresa, essendo sconosciuta politicamente, la candidata della coalizione di centrodestra alla Camera dei deputati, nel collegio uninominale Taranto 10.

La moglie del Presidente. Maria Francavilla, dipendente all’anagrafe del comune di Massafra, candidata favorita nel collegio uninominale del Senato, è un’autentica sconosciuta nel mondo politico locale. Anche lei. Non fosse altro per la parentela: suo marito, infatti, è Martino Tamburrano, “ras” locale di Forza Italia, dagli anni ’80 consigliere comunale, provinciale, sindaco del comune di Massafra dal 2006 al 2016, poi dal 2014, ancora oggi, Presidente della Provincia di Taranto, grazie all’intesa tra il Pd e il centrodestra. 

L’elezione di Tamburrano aveva scatenato in passato le ire degli ambientalisti locali, a causa delle sue posizioni politiche giudicate fortemente iper industrialiste. Era forte il sospetto che l’uomo politico avrebbe favorito il rilascio di autorizzazioni per nuovi impianti, discariche e inceneritori. Ed era solido il convincimento che quel patto tra Pd e Forza Italia si basasse proprio sulla garanzia del mantenimento di tali posizioni. A suffragare questi sospetti vi erano due fattori: il rapporto vantato dal Presidente proprio con Tonino Albanese, “o’ re dei rifiuti”, ed alcune ombre che si proiettavano sui rapporti tenuti in passato, dallo stesso Presidente, con alcuni imprenditori del settore. La storia delle scelte politiche prese in materia di rifiuti dall’amministrazione provinciale guidata da Martino Tamburrano, i tentativi di favorire determinate società, penalizzando così la salute dei cittadini, ci parlano in tal senso, dando così ragione in questo modo alle comunità locali.

Una strana società Il Presidente Tamburrano, nel lontano passato, si era interessato direttamente alle questioni di monnezza. Come lui stesso aveva dichiarato nel curriculum, era stato membro per qualche tempo del consiglio di amministrazione della Smarin Spa. Che non era una società qualsiasi. Costituita a Taranto nel 1991, Smarin Spa aveva come oggetto la: “progettazione, costruzione ed esercizio di piattaforme specializzate ed annessi centri di raccolta e di stoccaggio per tutte le fasi dello smaltimento dei rifiuti industriali e tossici nocivi da localizzarsi nella Regione”. Ma, soprattutto, non aveva soci qualsiasi. L’amministratore delegato della Smarin Spa era un ragioniere milanese, titolare di una società che lavorava per l’Ilva di Taranto, diventato in pochi anni il re italiano nel settore delle bonifiche di aree industriali. Si chiamava Giuseppe Grossi, perché è morto nel 2011, portandosi con sé i misteri della sua ingente fortuna finanziaria, e dei rapporti tenuti con amministratori e politici del centrodestra lombardo; pure le accuse della Procura di Milano per cui era stato arrestato in passato: frodi fiscali e altri reati di natura ambientale, nella vicenda dell’appalto per la bonifica dell’area industriale milanese di Montecity-Santa Giulia. Altri soci della Smarin Spa erano Paolo Titta, imprenditore milanese specializzato nelle bonifiche di ex aree industriali, e Vincenzo Cimini. Entrambi, poi, coinvolti in inchieste giudiziarie sulla “monnezza”; accusati, ad esempio, di frode, nella vicenda della bonifica dell’ex discarica di Borgo Montello in provincia di Latina. Con loro c’era anche il figlio di Grossi, Andrea, il quale rivelava: « Mi son portato a casa il 100% della Riccia, dove voglio far qualcosa, un impianto di selezione di fronte all’Ilva, che è un terreno che avevamo, dove c’era la Smari… » . È evidente il richiamo a quel progetto del passato, poi naufragato per la ferma opposizione del Consiglio di Stato. In località La Riccia, infatti, la Smarin Spa aveva progettato un impianto di rifiuti. Il piano fallì, e proprio in seguito a quel fallimento, il contributo dell’ente Provincia nella società verrà meno. Verranno cedute le quote detenute. Già, perché tra i soci della Smarin trovavamo fino al 2010 anche la Provincia di Taranto, e, tra gli amministratori della Smarin, direttamente, alcuni dirigenti dell’Ente, o politici locali, come appunto l’attuale presidente della Provincia di Taranto, Martino Tamburrano. Mentre quella società, la Smarin, che avrebbe dovuto realizzare piattaforme per rifiuti industriali nella Regione, si perderà negli anni dentro le holding di Grossi e company – i signori lombardi delle bonifiche – i loro ex amministratori tarantini manterranno salde le redini di Forza Italia nella città dei due mari. Tant’è. Anche in provincia di Taranto, comunque, nelle file di Forza Italia non si muove foglia senza che Silvio Berlusconi non lo voglia. Lo ha confermato nei giorni infuocati che hanno preceduto la compilazione delle liste, il plenipotenziario in Puglia del Cavaliere, il potente avvocato Luigi Vitali.

La figlia dell’onorevole nero Sembrava scontata ad un certo punto la candidatura all’interno delle liste di Forza Italia alla Camera di Antonella Cito, attuale consigliera comunale a Taranto, manco a dirlo figlia di Giancarlo, già sindaco della Città e parlamentare. Un passato anche da picchiatore fascista, Cito padre non è candidabile per via della condanna definitiva scontata, per concorso esterno in associazione mafiosa, ma anche a questa campagna elettorale non ha rinunciato. Il papà prima ha provato a inserire la figlia Antonella direttamente in quota Forza Italia, con l’accordo che sembrava fatto. Invece, poi Cito ha dovuto ripiegare su un altro amico, di vecchia, comune, militanza ideologica, il leader di Forza Nuova, Roberto Fiore, con cui ha stretto un accordo, ottenendo un posto per la figlia Antonella nel collegio uninominale Taranto 10, dove se la giocherà quasi alla pari con gli altri candidati, forte del patrimonio elettorale personale di almeno 15000 voti di cui gode ancora oggi la famiglia in quel collegio. Lo stesso in cui, a metà degli anni’90, Giancarlo Cito fu eletto parlamentare con il 45.1% dei consensi.   

Spiegava Alessandro Leogrande nel romanzo scritto da ventenne, Il mare nascosto, in cui raccontava l’epopea dei Cito: « che il loro elettorato era trasversale ». Oggi certamente è meno numeroso. Ora Antonella Cito guida la lista Italia agli Italiani nella Regione Puglia, avendo ottenuto un posto anche nel listino proporzionale, nel collegio plurinominale Taranto – Brindisi. « La candidatura di Antonella Cito è una sfida ad una classe politica che ha distrutto una città che con Giancarlo Cito era la quarta in Italia per vivibilità », ha dichiarato, Roberto Fiore, presentando la candidata: « Il popolo di Taranto vuole uscire dal disordine causato dall’immigrazione. Con Antonella Cito e Italia agli Italiani, Taranto e il Sud avranno una donna in loro difesa ». 

Potere della fascio televisione. Un mantra, quello del “disordine multiculturale” che Giancarlo Cito ripete per diverse ore, in questi giorni, attraverso le sue tv, del resto come fa ormai da 30 anni. Infatti, Il filo diretto, la trasmissione che va in onda appunto da quasi trent’anni, contemporanea ad ogni elezione, sulle tv di sua proprietà, Tbm e Super 7, è il vero segreto di Cito. Uno strumento di comunicazione politica perverso, unico nel suo genere. L’onorevole” risponde alle domande al telefono degli ascoltatori dando sfogo alle pulsioni più grette della popolazione, minacciando gli immigrati, lanciando invettive e insulti pesanti in dialetto contro gli avversari del momento. Nell’ultima puntata di Filo diretto, Giancarlo Cito ha apostrofato pesantemente l’imprenditore Antonio Albanese accusandolo di « accogliere rifiuti radioattivi all’interno dei suoi impianti », aggiungendo, in dialetto: « Questa città si sta facendo colonizzare dai massafresi», ha avvertito Cito, forse riferendosi al fatto che  la figlia Antonella ha dovuto rinunciare alla candidatura nella coalizione di centrodestra proprio perché a lei è stata preferita ( anche al padre) l’avvocato della Cisa, Stefania Fornaro. Sarà. Ciò che è certo è la volontà manifestata da alcuni, come Gaetano Castiglia, assessore provinciale nella giunta Tamburrano. Manco a dirlo, Castiglia è di Massafra. In una nota stampa diffusa qualche settimana fa, il politico aveva ammonito: « A proposito dell’alleanza elettorale tra il coordinatore regionale di Forza Italia on. Luigi Vitali e il movimento politico che fa capo a Giancarlo Cito, viene da chiedersi dove sia il cambio generazionale nel partito se si è costretti a ricorrere a una candidatura esterna ». Castiglia, famiglia di industriali locali, con interessi anche in Ilva, anche se formalmente Gaetano risulta un semplice dipendente di un’azienda che si occupa di bonifiche industriali, così lamentava: « Eppure Forza Italia annovera tra le sue file sindaci, amministratori pubblici, consiglieri provinciali, comunali, segretari di partito: gente molto valida e affidabile tra cui poter scegliere », svelando così, compiutamente, la guerra in atto tra le destre, per un posto a Montecitorio. Da questa lotta intestina è stata esclusa ( bontà sua) la deputata uscente Vincenza Labriola. Ai più il suo nome non dirà nulla, ma era tra i due deputati eletti nella scorsa legislatura a Taranto con il Movimento Cinque Stelle, e anche tra i primi parlamentari ad aver abbandonato il Movimento, per via del rifiuto di consegnare i rimborsi. Una legislatura intera,Vincenza Labriola l’ha trascorsa alla corte del cavaliere di Arcore, che ora l’ha premiata con un posto quasi al sole dell’elezione nel listino proporzionale pugliese. L’altro deputato dei Cinque Stelle era Alessandro Furnari che per gli stessi motivi la legislatura l’ha trascorsa, invece, all’ombra del gruppo misto, lasciando di se stesso questo ricordo.

Benvenuti a Taranto, c’è scritto su un vecchio cartello sbiadito abbruttito dalla polvere di minerale, che è appeso a un cavalcavia. Un messaggio che si legge arrivando in Città proprio dalla strada che la collega a Massafra. Pensi al sottotitolo: Città Laboratorio della follia politica. Ma non soltanto a destra.