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TAGX: repressione contro l’antifascismo, ancora scontri in Germania

In Germania il Tribunale di Dresda si è pronunciato sul processo “Antifa Ost” per gli eventi di Connewitz. La repressione contro gli antifascisti continua a Lipsia in piazza il 3 giugno dove viene ritirato il permesso per il TAGX, una manifestazione in solidarietà agli imputati

Dopo due anni dall’inizio del processo contro Lina E. e altri militanti antifascisti di Lipsia, il 31 maggio il tribunale di Dresda si è espresso condannando Lina E. a 5 anni e 3 mesi di reclusione e altri due imputati rispettivamente a 2 anni e 5 mesi e 3 anni e 3 mesi. Sono quasi le sei di pomeriggio, la notizia viaggia veloce e rimbalza su tutte le piattaforme “antagoniste” tedesche, sono chiamati presidi di solidarietà sotto gli uffici dei Landeskriminalamt (LKA, l’ufficio investigativo penale dello stato) in tutta la Germania. Nella notte diverse macchine della polizia prendono fuoco, a Lipsia, nel quartiere autonomo di Connewitz si alzano delle barricate e qualche pietra infrange i vetri del commissariato di Richard-Lehman Straße. Per il successivo 3 giugno è chiamata una grande manifestazione a Lipsia, la città di Lina e degli altri imputati, è il “TAGX”.

Il processo “Antifa Ost” è un processo che chiama in causa tutto il mondo della sinistra radicale tedesca e si sta evolvendo in un duro colpo politico dagli effetti potenzialmente disastrosi. L’operazione che ha portato all’arresto di Lina è infatti parte di un più grande processo di criminalizzazione dell’antifascismo militante in Germania.

Già nel 2019, proprio in Sassonia (il Land in cui si trova Lipsia), è stata istituita la SOKO LINX, un’unità di polizia politica speciale dedicata esclusivamente a contrastare il “Linksextremismus” (nella regione), e il processo “Antifa-Ost” è la sua prima, e  più grande vittoria. Gli imputati sono accusati di aver commesso aggressioni ai danni di diversi gruppi neo-nazisti attivi e di aver formato una vera e propria “associazione terroristica”. Ma il processo è stato costruito su delle basi molto poco solide: qualche parrucca, dei martelli, l’utilizzo del servizio di messaggistica criptata Signal, nessuna vera e propria evidenza era nelle mani dei procuratori. Non sorprende che l’accusa abbia dovuto ricorrere alle testimonianze dei membri di un noto gruppo neonazista di Eisenach, Knockout 51, e che tutto questo abbia avuto luogo proprio in Sassonia, una delle roccaforti dell’estrema destra in Germania.

L’utilizzo del paragrafo 129a del codice penale (“Bildung terroristischer Vereinigungen”, letteralmente formazione di gruppi terroristici), aggiunge ai fatti specifici l’accusa di aver fondato un’organizzazione criminale il cui scopo è, come scritto nelle carte, «compiere attacchi contro persone dell’ambiente di destra». Secondo la polizia, Lina e gli altri imputati, avrebbero creato un’organizzazione con lo scopo di colpire membri e individui di organizzazioni fasciste e dell’estrema destra. L’utilizzo di questa particolare costruzione giuridica da parte dello stato tedesco, per contrastare i gruppi antifascisti in Germania, potrebbe rappresentare un pericoloso precedente che può consentire alla magistratura di reprimere le proteste sociali innescate dalla crisi ecologica e future mobilitazioni.

La stagione della repressione dei movimenti sociali continua a mietere le sue vittime, dopo la scandalosa operazione repressiva ai danni degli attivisti di Letzte Generationen in Baviera questa volta l’obiettivo sono gli ambienti antifascisti e autonomi tedeschi.

A rendere il quadro ancora più cupo si aggiunge la gestione della manifestazione di sabato 3 giugno. La polizia sassone ha infatti vietato lo svolgimento del “TAGX”, per non meglio definiti “motivi di ordine pubblico”, annullando una manifestazione precedentemente autorizzata. Diverse migliaia di antifascisti e antifasciste hanno provato a sfidare il divieto, radunandosi comunque sabato pomeriggio nel cuore di Connewitz. Ma la manifestazione non è mai riuscita a partire, soffocati da un ingente dispositivo poliziesco, i manifestanti sono stati caricati e rinchiusi in un enorme Kessel [sacca, ndt] (100 di loro sono stati trattenuti fino alle 05.30 del mattino senza la possibilità di uscire dalla piazza) e sono stati registrati 3 arresti.

Nella notte la situazione è rapidamente escalata, sono state costruite barricate in giro per tutta Connewitz e i reparti di polizia presenti sul luogo sono stati attaccati. Quasi una reazione nervosa all’impotenza del pomeriggio. Ma tutto è sembrato profondamente insufficiente, è mancata la capacità di costruire una saldatura sul tema della repressione tra soggetti organizzati e le moltitudini sociali, che, in Germania, ancora animano lo spazio politico. Non c’è stata la capacità dei gruppi che promuovevano la mobilitazione di affermarsi in sintonia con le necessità che il terreno di scontro pone davanti e di rimodularsi in accordo con esso. A Lipsia, il 3 giugno, era presente una sola forma di vita, che esprime un’alterità radicale allo stato di cose presenti, ma che, un po’ come in tutta Europa, è in profonda crisi esistenziale.

Così la partita si è svolta su un piano prettamente militare, e senza una cooperazione con quello che succede al di fuori dai mondi militanti non è possibile diventare ingovernabili. Si resta schiacciati dagli apparati repressivi che assumono sempre più la forme, ai nostri occhi, di stati di eccezione permanente e finiamo a comporre una narrazione che schiaccia la governance neo-liberale su un fascismo metafisico a cui è impossibile riuscire a opporre qualsiasi cosa.

Immagine di copertina da Flickr di strassenstriche.net