MONDO

Da Sykes-Picot ad Afrin, la comodità di abbandonare i kurdi

La guerra contro i Kurdi ad Afrin è utilizzata da Erdogan per appagare i sentimenti nazionalisti in Turchia e distogliere l’attenzione sul crescente dissenso interno. Come cento anni fa, la spartizione del Medio Oriente provoca guerre nel silenzio della comunità internazionale

Una grande ingiustizia sta avvenendo in Siria del Nord, questa è la cruda realtà. Il presidente turco Erdogan sta attaccando i kurdi siriani da quasi due settimane, gli stessi kurdi che hanno compiuto un’impresa incredibile nel respingere indietro lo stato islamico. Come gesto di ringraziamento, ora stiamo lasciando che la Turchia attacchi Afrin assieme a quello che rimane del cosiddetto Free Syrian Army: organizzazioni jihadiste che Erdogan supporta da molto tempo.

 

L’Attacco ad Afrin in breve

Provando a riassumere: l’occidente aveva felicemente accettato una differente posizione nella Guerra Civile Siriana quando le “forze moderate” che loro sostenevano contro Bashar al-Assad sono risultate essere jihadiste. Gli Stati Uniti volutamente hanno distolto lo sguardo dai report riguardanti il loro supporto a quegli stessi gruppi jiahdisti e si sono dichiarati allora i grandi nemici dei salafiti jihadisti. La Russia è entrata nello scenario della guerra civile Siriana come un affascinante principe. Prima l’occidente ha quindi acclamato i kurdi per la loro lotta coraggiosa contro i jihadisti e ora li sta abbandonando. Benvenuti nel “mondo reale” dove gli interessi pratici e strategici sono pesati contro gli interessi morali. E poi di solito gli interessi morali vanno giù velocemente

Come è potuto cambiare così in fretta?

Da un lato Erdogan è regolarmente colpito da ondate di critiche dall’Unione Europea ma, ma dall’altro è proprio la stessa Unione che chiude gli occhi davanti a quella che è stata chiamata cinicamente “Ramoscello d’Ulivo” e che ha per obiettivo ultimo quello di consolidare il regime dittatoriale di Erdogan.

 

I piani di Erdogan

Una lotta contro gli odiati kurdi appaga sempre i sentimenti nazionalisti turchi e Erdogan può usarli al meglio nella corsa verso le elezioni del 2019. Il suo partito islamico-conservatore, dopotutto, è in caduta libera nei sondaggi. L’incursione in Siria rafforza le credenziali nazionaliste e religiose di Erdogan. Ha imparato dalle elezioni passate che giocare la carta della sicurezza nazionale ha sempre rafforzato la sua popolarità. Presentando l’operazione ad Afrin come una campagna per rimuovere una potenziale minaccia alla sicurezza nazionale, riesce a realizzare due cose.

Prima unisce la Turchia sotto la bandiera nazionalista del lottare contro i kurdi, secondo distoglie l’attenzione dalle crescenti critiche per il suo stile di governo che si sta dimostrando dittatoriale.

La storia si ripete sempre. Cento anni fa, negli ultimi anni della Prima Guerra Mondiale, la Gran Bretagna e la Francia hanno disegnato l’accordo segreto di Sykes-Picot. L’accordo definì reciprocamente le proprie sfere di influenza e controllo nell’Asia sud occidentale. L’accordo è stato all’origine della maggior parte delle lotte in Medio Oriente negli ultimi cento anni. I confini disegnati nell’accordo di Sykes-Picot furono poi convertiti in ufficiali con il Trattato di Sèvres, nel 1920. Il Trattato di Sèvres fallì quando il movimento nazionalista turco divenne vincitore. A seguito del collasso del Trattato di Sèvres, il Trattato di Losanna ha determinato il conflitto attuale e i kurdi furono chiusi tra gli stati turco, siriano, iracheno e iraniano, dove hanno fatto esperienza di continui tentativi di assimilazione, negazione di identità e attacchi genocidi.

Oggi vediamo lo stesso approccio impassibile. Il Ministro Esteri inglese Boris Johnson ha appoggiato l’attacco della Turchia ad Afrin definendolo “sicurezza del confine” e “controterrorismo” mentre il presidente francese Macron si è limitato ad un ammonimento ad Erdogan. Per poi coronare il tutto, armi e mezzi “made in Germany” sono usati dall’esercito turco nell’assalto.

Non si dovrebbe dimenticare che il sistema creato in Siria del Nord, inclusa Afrin, rappresenta democrazia diretta, diritti delle donne, diversità multietnica, vita ecologica oltre ad un sistema economico più giusto.

 

Articolo e immagine tratti dal sito di informazione indipendente sul Medioriente The Region

Traduzione di DINAMOpress