ITALIA

«Stiamo per tornare in mare». Intanto da terra parte un esposto contro il governo

Dalla due giorni di Mediterranea: gli equipaggi di terra e di mare rilanciano la sfida alle politiche che producono morte e sofferenza

Strette intorno a un grande cerchio in una sala del museo d’arte contemporanea di Roma si sono ritrovate le tante anime che compongono la missione Mediterranea. Attivisti, volontari, associazioni, centri sociali, marinai, skipper, docenti universitari, artisti, avvocati e comuni cittadini hanno discusso durante tutta la giornata di come continuare a portare avanti un’azione di disobbedienza e solidarietà per mare e per terra.

«Sono molto felice di annunciarvi che abbiamo appena depositato un esposto alla Procura di Agrigento, redatto con il supporto del team legale di Mediterranea, contro il governo italiano per gli obblighi illegali che ha dato alla nave Alan Kurdi e a tutte le altre» ha esordito Alessandra Sciurba, coordinatrice del gruppo di avvocati.

L’esposto ha in calce quattro firme di esponenti della società civile: Sandro Mezzadra, professore di filosofia politica dell’università di Bologna, Francesca Chiavacci, presidente nazionale Arci, Filippo Miraglia, responsabile immigrazione della stessa associazione, e Cecilia Strada, tra le fondatrici di Emergency.

La nave della ong Sea-Eye aveva chiesto di entrare nelle acque italiane per cercare un porto sicuro, anche a fronte delle difficili condizioni del mare. Il ministro Salvini ha prima sostenuto che le persone sarebbero dovute tornare in una Libia sempre più scossa dal conflitto militare. Un paese da cui negli ultimi giorni sono stati evacuati tutti i nostri connazionali. Successivamente ha trattato la nave con a bordo 64 naufraghi come un problema di sicurezza nazionale impedendone l’ingresso. Al momento la Alan Kurdi si trova a ridosso delle acque maltesi in una situazione sempre più complicata.

Nel frattempo, Mediterranea ha dichiarato pubblicamente l’intenzione di tornare a navigare. «Stiamo ultimando gli ultimi lavori sulla Mare Jonio e definendo il nuovo equipaggio che prenderà parte alla prossima missione – hanno annunciato gli attivisti – partiremo a giorni». Il rimorchiatore al momento si trova nel porto di Marsala. Quando tornerà in mare sarà l’unico presidio umanitario nella rotta dove ogni anno muoiono il maggior numero di persone nel tentativo di raggiungere l’Europa.

Domenica, a partire dalle 11 di mattina, si svolgeranno tre workshop di formazione degli equipaggi di terra e di mare, per migliorare l’operatività nelle azioni di soccorso ma soprattutto per dotarsi di nuovi e più potenti strumenti di azione da terra. Il legame tra terra e mare è un carattere distintivo di Mediterranea. «È sempre più importante che le missioni nel Mediterraneo siano sostenute da mobilitazioni e azioni legali da terra», ha detto Giuliana, attivista del centro sociale Esc. La due giorni «On board» si concluderà con una nuova assemblea plenaria in cui verranno discussi collettivamente i prossimi passi per continuare l’azione di «disobbedienza civile e obbedienza morale». Obiettivo: salvare il maggior numero di vite possibile, ma soprattutto attaccare il quadro complessivo delle politiche che producono morte e sofferenza in mezzo al mare e nei paesi di transito come la Libia.