EUROPA

Spettacolare sgombero in Renania di un bosco occupato da sei anni

Centinaia di ambientalisti avevano costruito delle case sugli alberi per salvaguardare lo spazio verde dall’abbattimento per diventare legna da ardere. 3.500 agenti, idranti e unità speciali in una delle maggiori operazioni di polizia della Renania Settentrionale-Westfalia

ULTIME NEWS: Il 19 di settembre un ragazzo, un giornalista, un attivista che aveva seguito sin dall’inizio la battaglia ambientalista contro l’abbattimento dell’ultimo pezzo della foresta di Hambacher è morto durante le operazioni di sgombero. Era su un albero, come altre persone che a centinaia stanno provando a evitare la distruzione di una foresta dove vivono specie di animali e di piante ormai uniche nel pianeta. È caduto da un’altezza di 20 metri.  Gli attivisti hanno espresso le loro più sentite condoglianze alla famiglia, chiedendo la fine immediata delle operazioni di polizia.
#HambiBleibt

[La mattina di giovedì 13 settembre] un ingente dispositivo di polizia ha iniziato le operazioni per lo sgombero degli attivisti che da sei anni occupavano il bosco di Hambacher, nella Renania Settentrionale-Westfalia. Secondo il quotidiano Bild, 3.500 agenti, numerosi idranti, escavatori e unità speciali della polizia stanno portando via gli attivisti che avevano costruito circa 60 case sugli alberi del bosco di quasi 200 ettari situato tra Colonia e Aquisgrana. Secondo la polizia, lo sgombero andrà avanti per tutta la giornata. Per questo fine settimana in Renania sono previste proteste contro lo sgombero a cui si spera parteciperanno attivisti da tutta la Germania.

L’occupazione era diventata un simbolo della lotta ambientalista e della resistenza contro l’industria carbonifera in Germania. La compagnia energetica tedesca RWE AG [Rheinisch-Westfälisches Elektrizitätswerk Aktiengesellschaft, Compagnia Elettrica della Renania-Westfalia s.p.a., secondo maggior produttore di elettricità in Germania – ndt] è la proprietaria del bosco e, secondo il quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung, prevede di tagliarlo a partire dal 1° ottobre fino al 2040 per poter estrarre 2.400 tonnellate di lignite. Eppure, lo sgombero non avviene su richiesta della società stessa ma del Ministero dell’Ambiente e delle Infrastrutture della Renania che sostiene che le case costruite dagli attivisti non dispongono di protezione antincendio. L’impossibilità di accedere al posto da parte di ambulanze e mezzi dei vigili del fuoco fa parte della motivazione ufficiale per lo sgombero.

Nel bosco sono presenti faggi e querce secolari oltre a specie animali protette come il vespertilio maggiore. La società tedesca, in un comunicato di due giorni fa, assicurava di essersi riunita con le organizzazioni ambientaliste e di aver proposto di rimandare il taglio a dicembre, ma che non le era possibile annullarlo. Il motivo è che il carbone presente sarà necessario per poter mantenere la produzione per alimentare le centrali tedesche per i prossimi due anni. Inoltre, la società assicura di aver completato operazioni di ripopolamento in Renania, piantando 87 chilometri quadrati di bosco e più di un milione di alberi.

Foto di Antonio Cascio (Krasnyi Collective)

L’uscita dall’energia fossile in Germania

La cosiddetta Commissione del Carbone, in cui sono rappresentati governo, associazioni ambientaliste, industria e sindacati, dovrà trovare entro la fine del 2018 un accordo per concretizzare l’abbandono del carbone come fonte di energia per via degli effetti sul clima e per le emissioni prodotte dalle centrali termiche.

La Germania ha sottoscritto l’accordo di Parigi sul clima che la obbliga a eliminare completamente le emissioni nell’atmosfera derivanti dalla produzione energetica entro il 2050. D’altra parte, in seguito al disastro alla centrale nucleare di Fukushima, la Germania ha portato avanti un processo di riflessione collettivo raggiungendo un accordo – la transizione energetica (Energiewende) – secondo il quale le centrali nucleari saranno smantellate a partire dal 2022 e le emissioni ridotte drasticamente a partire dal 2020.

L’obiettivo dichiarato è l’uscita da ogni forma di energia fossile e il percorso è ovviamente pieno di ostacoli. Tutti i partiti rappresentati in parlamento condividono il consenso verso l’uscita. O meglio, tutti tranne i populisti di Alternativa per la Germania, che assicurano che l’energia sarà più cara e la competitività della Germania sarà messa in discussione. E a dirlo sono i loro esperti di clima.

Quando invece parlano i personaggi di spicco, assomigliano tutti a Trump. Come la vicepresidente del gruppo parlamentare ed ex-deputata europea Beatrix von Storch, secondo la quale il riscaldamento globale è ancora ipotetico. In un’intervista concessa al canale YouTube “Jung und Naiv” affermava di non credere che l’essere umano sia responsabile del cambiamento climatico: «Dobbiamo ancora dimostrarlo», diceva. «Non siamo noi i responsabili ma il sole».

Quel che è certo è che ancora non è chiaro cosa succederà ai lavoratori delle miniere e all’economia di queste regioni e questo ha spinto il gabinetto della Merkel a rimandare la fine della produzione di energia da carbone fino a che non si trova una soluzione. Durante la transizione verso le energie rinnovabili, e soprattutto quando le centrali nucleari verranno spente, il sistema elettrico avrà immediatamente bisogno di energia supplementare. Da questo punto di vista, sperimentazioni con nuove tecnologie sono attualmente in corso.

Articolo pubblicato su elsalto

Traduzione a cura di Michele Fazioli per DINAMOpress