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“Speriamo che il regime duri”: Israele e i legami con la dittatura brasiliana

Le alleanze tra regimi reazionari sono frequenti. Non a caso Netanyahu ha dichiarato subito la sua vicinanza a Bolsonaro. La storia ci racconta però che questa alleanza tra gruppi di potere reazionario in Israele e Brasile non è solo recente ma affonda le radici nella dittatura brasiliana degli anni ‘60 e ‘70. Una ragione in più per saldare alleanze oggi nel nuovo ciclo reazionario globale che stiamo vivendo.

Più di un mese fa, a seguito di una campagna elettorale tumultuosa, i brasiliani hanno eletto Jair Bolsonaro presidente del proprio paese. Bolsonaro è stato membro del Congresso brasiliano, dal 1990. Nel parlamento era parte di un attivo gruppo di estrema destra, dichiaratamente nostalgico dei giorni della dittatura militare che ha governato il Brasile dal 1964 al 1985.

Secondo  una interessante inchiesta  del portale israeliano 972mag.com, la sua elezione è stata bene accolta dalla destra israeliana, con il primo ministro Benjamin Netanyahu che si è spinto così tanto da annunciare che avrebbe partecipato alla cerimonia di insediamento di Bolsonaro a gennaio.

 

Una transizione travagliata

I nostalgici della dittatura ignorano il fatto che le forze di sicurezza brasiliane hanno fatto scomparire centinaia di persone, hanno arrestato e torturato migliaia dei propri cittadini. Il Brasile è stato un modello per altri sanguinosi regimi e la dittatura militare è intervenuta anche in altri paesi del Sud America, e ha supportato altre dittature. Ha supportato il colpo di stato di Pinochet e la repressione del dissenso in Cile, ha aiutato il colpo di stato militare in Bolivia, ha aiutato l’Uruguay a schiacciare rivolte interne e ha aiutato a coordinare l’Operazione Condor, nella quale le dittature del Cono Sud hanno operato assieme per distruggere movimenti di sinistra e guerriglie.

 

Il Brasile è probabilmente l’unico paese in America Latina che non è passato attraverso un processo di autoanalisi a seguito degli anni bui della dittatura. Nel 1979 è stata approvata una legge che offre immunità a ufficiali responsabili per i crimini della Giunta Militare.

 

Una Commissione Nazionale per la Verità è stata formata decenni dopo, nel 2011, ma al contrario di commissioni simili, ha investigato molto poco. Infatti la commissione ha per lo più riassunto report di organizzazioni di diritti umani, testimonianze di vittime della dittatura e documenti della CIA consegnati dalla amministrazione Obama.

Le strutture di potere brasiliane, la sua società e la sua economia sono cambiate molto poco dai tempi della transizione alla democrazia. Una parte della colpa ce l’hanno pure i partiti di sinistra o centristi che hanno governato il paese negli scorsi 33 anni, e che avevano il terrore di confrontarsi con il potere militare. […]

La mancanza di dibattito pubblico sulla dittatura e le poche informazioni disponibili al pubblico in merito a quel periodo hanno creato una lacuna nella memoria collettiva. Perciò non ci si sorprende che Bolsonaro supporti la tortura e annulli la democrazia brasiliana attaccando diritti delle donne, la comunità LGBTQ, i partiti di sinistra e i lavoratori.  Nonostante ciò, per milioni di votanti, Bolsonaro non è una minaccia. È un politico i cui piedi sono fissati su un terreno solido, ed è percepito come qualcuno che può salvare il Brasile dalle sue crisi.

 

Brazilian police arrest students during a protest against the military dictatorship, June 20, 1968. (Brazilian National Archives)

 

Una dittatura con una patina di democrazia

Documenti del ministero degli Esteri israeliano presenti presso gli archivi di stato rivelano che lo stato ebraico, come molti altri, era piuttosto disinteressato alla situazione dei diritti umani durante la dittatura. I diplomatici israeliani in Brasile si sono occupati di promuovere la cultura israeliana e hanno avuto frequenti negoziati al fine di spostare l’ambasciata brasiliana a Gerusalemme.

A seguito del colpo militare del 1 aprile 1964, l’ambasciata israeliana ha prodotto un documento che diceva che il golpe «è stato velocemente pianificato e implementato e condotto in 24 ore, non solo per far cadere Goulart (il presidente al tempo) ma anche per sopprimere tutti gli attivisti di sinistra […] Il Brasile oggi è in uno stato di transizione che può essere definito come una dittatura militare con una patina parlamentare». Il 16 giugno 1965 Aryeh Eshel, direttore del dipartimento Latino America al ministero degli Esteri, scrisse di sperare «che il regime attuale in Brasile duri».

Un documento interno inviato dall’ambasciata israeliana il 26 settembre 1966 sulle proteste studentesche contro la dittatura riporta che «gli slogan sono sempre politici e contro il regime. Non c’è dubbio che gli attivisti di sinistra stiano sfruttando l’amarezza che esiste tra gli studenti». In un altro telegramma inviato il 15 dicembre del 1966, l’ambasciata scrisse che «a nessuno importa cosa accada alla democrazia in Brasile». Qualche mese dopo, un telegramma mandato a Gerusalemme si lamentava della difficoltà di promuovere la propaganda israeliana poiché «non c’è possibilità di usare a nostro favore i gruppi di studenti, poiché queste organizzazioni sono state smantellate per il loro essere di sinistra. Lo stesso accade a organizzazioni di lavoratori che, di fatto, non esistono più».

 

A seguito della guerra del 1967, il Primo Minitro Levi Eshkol fece emergere un piano per promuovere «l’emigrazione di residenti arabi dai territori contesi [i Territori Occupati Palestinesi, ndr.] verso il Brasile».

 

Dopo negoziati con l’ambasciata israeliana in Brasile, Eshkol scrisse l’8 agosto del 1967: «Questi incontri mi hanno dato ragione di credere che con sforzi intensivi migliaia se non decine di migliaia di famiglie arabe, specialmente dalla Striscia di Gaza, potrebbero migrare in Brasile».

Da quando il ministero della Difesa israeliano rifiuta di rilasciare documenti relativi alle esportazioni militari israeliane e il Brasile non ha mai condotto una seria indagine pubblica sulla questione, è stato rivelato molto poco in merito ai legami di sicurezza tra i due paesi in quel tempo. Le poche informazioni che sono emerse parlano di legami forti: le forze di sicurezza brasiliane hanno usato le pistole Uzi israeliane e la Commissione Nazionale per la Verità ha rivelato che gli agenti dell’intelligence del SNI (Servizio di sicurezza Brasiliano) – i primi responsabili di torture, oppressione e crimini commessi dal regime – ricevevano training in Israele.

 

Israeli President Zalman Shazar lays a wreath at the Tomb of the Unknown Soldier in Brazil during a visit to the country two years after a military coup brought a junta into power, 1966. (GPO)

 

Togliendo lo sguardo dall’antisemitismo

Secondo i documenti studiati, i due paesi hanno scambiato funzionari militari. Nel 1973 Israele ha usato il San Paolo Air Show per presentare i suoi missili Gabriel, strumenti elettronici e molto altro ancora. I documenti indicano pure che da entrambe le parti hanno negoziato la vendita di materiale militare israeliano al Brasile: tra questi navi, elicotteri, armamenti, strumenti di comunicazione, materiale elettrico, i missili Shafrir e Gabriel, riparazioni di motori aerei, sistemi radar, barriere elettroniche, addestramenti militari e una delegazione di consiglieri militari.

Meno conosciuto è il fatto che i due paesi sono entrati in un patto nucleare per “ragioni pacifiche”. Gli scienziati nucleari israeliani sono andati al lavoro in Brasile e pure Shalhevet Freier, capo della Commissione Atomica Israeliana, ha fatto una visita al paese a inizio anni ‘70. Il primo accordo nucleare tra Israele e il Brasile è entrato in vigore il 10 agosto 1964, appena quattro mesi dopo il golpe militare. Altri accordi complementari sono stati firmati nel 1966, 1967 e 1974.

Un documento datato 19 dicembre 1975, firmato da Gideon Tadmor, direttore del Centro per la Cooperazione Internazionale presso il ministero degli Esteri, attesta il declino della cooperazione nucleare tra i due paesi, in parte per il desiderio del regime brasiliano di diminuire le proprie relazioni con Israele. Secondo il documento il Brasile ha espresso «disappunto per il tipo di assistenza che stiamo offrendo, che non era esattamente quella che loro cercavano». Nonostante la cooperazione tra i due paesi, nel giugno 1981 il Brasile ha accusato Israele di aver fatto circolare documenti interni in merito a un accordo brasiliano per vendere uranio e materiale nucleare all’Iraq. Il ministero degli Esteri israeliano ha ritenuto che ci fosse il Mossad dietro alla fuoriuscita del documento.

 

Analogamente alle proprie relazioni con Bolivia, Paraguay, Chile e Argentina, i legami di Israele con il Brasile non sono stati mai scossi da accuse di antisemitismo, né dal fatto che i nazisti che scapparono dall’Europa a seguito della Seconda Guerra Mondiale stavano vivendo nel paese.

 

Nel 1967 il Brasile ha nominato Miera Pena come ambasciatore brasiliano in Israele, nonostante che sia il ministero della Difesa che quello degli Esteri sospettassero che fosse un nazista. Nel dicembre 1973 il ministero degli Esteri Israeliano è stato allertato del fatto che la polizia brasiliana stava intercettando le chiamate di diplomatici per identificare le rimesse economiche dal Brasile. Nel novembre 1975 il ministero degli Esteri ha ricevuto una informazione sulla possibilità che le forze di sicurezza a San Paolo stessero pianificando qualche azione contro la comunità ebraica, al fine di provare la perdita di fedeltà tra gli ebrei brasiliani.

Nel suo tentativo di tenersi buono il Brasile, Israele ha cercato di presentarsi come un partner cruciale nella lotta contro il terrorismo globale, tra le altre ragioni, per convincere i brasiliani che l’OLP fosse una organizzazione terrorista che non poteva ottenere riconoscimento formale. Per ottenere questo risultato, il ministero degli Esteri ha passato informazioni di intelligence a ufficiali in Brasilia. Per esempio i diplomatici israeliani hanno cercato di diffondere la notizia che i rifugiati dall’Angola stessero cercando di infiltrarsi in Brasile per portare avanti atti sovversivi e che l’OLP stesse preparando e dando supporto a gruppi di guerriglieri in tutto il Sudamerica (mentre in realtà solo qualche gruppo guerrigliero argentino fu realmente formato assieme all’OLP).

Il ministro degli Esteri israeliano ha perfino chiesto a membri del Kibbutz Bror Hayl, dove vivevano migranti dal Brasile, di condividere con loro le proprie esperienze sul fatto di essere «sulla frontiera del mondo libero contro ondate di aggressione supportate dal mondo comunista». Ma i comunisti erano davvero alle porte? Il persistente uso di comunismo e terrorismo globale per giustificare i legami politici e di sicurezza tra i paesi era così cinico che già nel 1966 il ministro degli Esteri scrisse che «secondo le nostre stime, non ci sono organizzazioni che minacciano il regime attuale» in Brasile.

 

In seguito al colpo di stato militare, Israele era in una situazione favorevole per i suoi legami forti con il Brasile.

 

Un decennio dopo, comunque, il ministro degli Esteri aveva una visione più sobria delle cose. In un telegramma del 28 maggio 1975, l’ambasciatore israeliano del tempo notava che «l’obiettivo del Brasile nei suoi legami con i paesi mediorientali era interamente pragmatico e si è concentrato nel promuovere l’economia necessaria, il commercio, e i suoi interessi finanziari come definiti dal presidente. Questi interessi hanno bisogno di coltivare legami con i paesi arabi, specialmente con quelli che producono petrolio».

Quando si parla poi di esportazioni nel campo della sicurezza, l’ambasciatore israeliano in Brasile affermò che «circoli influenti dei massimi vertici militari sono vicini a Israele e sono stati interessati, in molte occasioni, a forgiare legami più prossimi e significativi con l’IDF e con le nostre industrie militari […] Le considerazioni politiche fanno si che sia difficile in certi casi impedire le relazioni, tuttavia la simpatie dell’esercito e del pubblico non sono sufficienti per superare ostacoli politici. Perciò», suggerisce, «dovremmo concentrarci sui prodotti nei quali l’identità israeliana può essere mascherata».

I legami tra i due paesi hanno iniziato a deteriorarsi nel marzo 1980, 16 anni dopo l’affermazione della dittatura, quando il regime militare ha riconosciuto l’OLP come il rappresentante del popolo palestinese e un partner essenziale nelle negoziazioni per determinare il futuro della Palestina. Questa linea fu poi reiterata dal ministro degli Esteri brasiliano durante un incontro con quello che al tempo il ministro degli Esteri israeliano, Yitzhak Shamir, nel settembre 1981.

 

 

Fatti con lo stesso stampo

Netanyahu è stato rapido a congratularsi con Bolsonaro il giorno della vittoria elettorale, dicendogli in una conversazione telefonica che «sono sicuro che la tua scelta porterà a grande amicizia tra i due popoli e a legami più stretti tra i due paesi». Bolsonaro, che ha vinto gran parte del voto evangelico nel paese, ha detto che avrebbe spostato l’ambasciata brasiliana a Gerusalemme, mentre Netanyahu ha detto che avrebbe partecipato alla cerimonia inaugurale del presidente eletto.

 

Netanyahu e Bolsonaro, entrambi leaders anacronistici, fanno regolarmente uso della politica della paura.

 

Il primo quando si parla di Iran o di «arabi che appaiono in mandrie alle sedi elettorali»; Bolsonaro usa la crisi in Venezuela, la comunità LGBTQ e qualunque comunista si aggiri come capri espiatori. Entrambi delegittimano le organizzazioni di diritti umani e i partiti di sinistra e le loro costanti istigazioni possono arrivare a costare vite umane. […]

 

Pubblicato su 972mag. Traduzione in italiano di Riccardo Carraro per DINAMOPress.