ITALIA

Sorveglianza speciale ad attivisti di Cosenza. «Vogliono silenziare un’intera esperienza politica»

Intervista a Simone Guglielmelli, raggiunto dal provvedimento della questura: «Si tratta di una decisione dal chiaro intento politico». Oggi alle 17 ci sarà un’assemblea cittadina in merito alla questione

La Sorveglianza speciale è una misura repressiva inserita nella legislazione italiana al tempo del regime fascista, si tratta di un provvedimento che limita fortemente le libertà personali e impedisce di fatto lo svolgimento di ogni attività politica. La sorveglianza speciale andrebbe abrogata dalla legislazione italiana, eppure le questure d’Italia ancora la applicano per reprimere il dissenso sociale.

Ciò avviene in via del tutto preventiva, non lo fanno, cioè, per perseguire dei precisi fatti criminali ma solo per punire delle idee che potrebbero portare a reati. Entriamo in un campo del tutto discrezionale, nel quale la Polizia sulla base di prove indiziarie punisce oltre misura degli attivisti. L’obiettivo, come insegna il caso di Eddi Marcucci, è di “rieducare” dei soggetti e ricondurli a una vita “normale” lontano dall’impegno civile e politico. Al tempo stesso mostrare a tutta la cittadinanza cosa si rischia a condurre una vita all’insegna del conflitto per i diritti sociali, una misura che mira a depoliticizzare un’intera città.

Tutto questo succede a Cosenza, dove negli scorsi giorni due attivisti, Jessica e Simone, sono stati raggiunti dalla proposta di sorveglianza speciale. Si aggiungono a Francesco, che nei mesi passati ha già visto confermata la sorveglianza speciale dal tribunale. Cosenza è una realtà che negli ultimi anni ha vissuto un’intensa stagione di lotte. Su DINAMOpress abbiamo raccontato le proteste per la sanità pubblica avvenute durante il lockdown e le esperienze di solidarietà e mutualismo realizzate nei mesi peggiori di diffusione del virus.

Abbiamo intervistato Simone Guglielmelli, che ci ha raccontato cosa sta succedendo e sui motivi di questa misura. E ha invitato tutti a partecipare all’assemblea cittadina che si terrà oggi, 21 dicembre, alle ore 17.

Ci puoi spiegare cosa sta succedendo?

Negli scorsi giorni, io e Jessica siamo stati convocati in questura dalla divisione anticrimine che ci ha rilasciato la proposta di sorveglianza speciale. Entro febbraio si esprimerà il tribunale di Sorveglianza speciale di Catanzaro per confermare o rigettare la misura di limitazione della libertà. Nelle carte si motiva questa richiesta con un generico profilo di pericolosità sociale non legato a nessun evento specifico. La misura si poggia sui procedimenti aperti negli ultimi anni per manifestazioni, inoltre motiva la pericolosità dal fatto che già dalla giovanissima età eravamo dediti a questo tipo di cose. Il provvedimento è abbastanza scarno e fa riferimento all’intenzione di arginare le azioni che avrebbero natura «eversiva e ribelle».

Vengono usate proprio queste due parole: eversiva e ribelle. È chiaro come l’azione della questura sia essenzialmente politica. Per me viene richiesto il massimo della misura, ovvero 5 anni con obbligo giornaliero a Jessica si fa riferimento a un non precisato tempo congruo.

Avete condanne che possono motivare questa richiesta?

Abbiamo dei procedimenti in corso ma nessuna condanna, anzi vantiamo diverse assoluzioni.

Mi puoi descrivere cosa comporta l’applicazione della sorveglianza speciale?

Comporta obbligo di stare nel comune di residenza, l’obbligo di stare in casa dalle 9 della sera alle 6 del mattino, il ritiro della patente, il ritiro del passaporto, il divieto di partecipazione a manifestazioni pubbliche, il divieto di frequentare altri pregiudicati, l’impossibilità di aprire attività commerciali, come ad esempio la Partita Iva.

Secondo voi cosa ha portato a questa richiesta da parte della questura di Cosenza?

C’è un clima molto teso in città dovuto in particolare alla figura della Questora e del nuovo dirigente della Digos. In questo momento c’è un odio nei nostri confronti, che viene fuori non solo dalla richiesta della sorveglianza speciale, ma anche nel decreto penale di condanna ricevuto da tre attivisti per una passeggiata di denuncia tra i palazzi crollati del centro storico, una semplice passeggiata che voleva far luce sull’abbandono della parte antica della città. In più un altro attivista ha già avuto la convalida della sorveglianza speciale.

Si vuole ridurre al silenzio un’esperienza politica al di là delle singole biografie. Vogliono smantellare le nostre realtà sociali. Noi crediamo che ne arriveranno anche altre. Il clima è quello, crediamo che il disegno sia questo: ridurre al silenzio. Lo si fa con una misura che richiama altro tipo di criminalità.

(foto dalla pagina Facebook di Prendocasa-Cosenza)

Secondo voi c’entrano le proteste che avete tenuto negli ultimi mesi per la sanità pubblica e contro i ras delle cliniche private?

Questi provvedimenti partono da lì. Noi siamo interessati da tutta una serie di provvedimenti, la gran parte dei quali ha ufficialmente a che fare con la lotta per la casa, ma la decisione politica di agire attraverso questo strumento avviene appena dopo il ciclo di lotte per la sanità pubblica. Abbiamo denunciato in pubblico i nomi dei proprietari delle cliniche private che traggono profitti dall’assoluta mancanza di strutture sanitarie, abbiamo occupato per giorni l’Asl della nostra città. Le nostre lotte hanno avuto un’eco nazionale come nel caso delle dimissioni del Commissario della sanità regionale. Le manifestazioni di allora furono immediatamente punite da una valanga di multe che arrivarono a molti gli attivisti cittadini.

Quindi parte dalla questione sanitaria, ma arriva ben oltre?

Crediamo sia un monito per tutti, come dire se dici cose che vanno oltre gli schemi tradizionali, rischi di incappare in vendette di singoli di dirigenti della questura. C’è un accanimento, uno spirito di vendetta, legato a tutte le campagne politiche che abbiamo animato negli ultimi anni. Per come le hanno presentate confidiamo di respingere queste misure in tribunale. Ad avvalorare l’ipotesi del disegno politico della questura è quanto avvenuto la scorsa estate.

Allora la questura ha inaugurato davanti la sede una panchina rossa contro la violenza sulle donne. Le Femin, il collettivo femminista cittadino, hanno esposto uno striscione davanti la questura con del liquido rosso con cui veniva denunciato la loro ipocrisia. Inaugurano panchine ma non ascoltano le denunce di violenza delle donne. C’è un tentativo attraverso assurde misure di smantellare un’intera stagione politica di mobilitazione che ha rappresentato l’unica politica vera in Calabria. In una terra in cui i poli tradizionali della politica vanno insieme e le uniche voci fuori dal coro vengono punite. Una misura contro un gruppo di giovani ragazzi che, in controtendenza rispetto ai propri coetanei, decide di rimanere a Cosenza.

Come sta reagendo la società civile di Cosenza?

La città sta reagendo in maniera importante. Anche settori molto distanti da noi hanno preso parola. Ci sono state dichiarazioni di direttori di giornali, di altri sindacati come ad esempio la Cgil. Ieri anche il dipartimento di Scienze Sociali dell’Università della Calabria, dove io studio, ha pubblicato un comunicato di solidarietà. Si sono espressi in tanti, eccetto il sindaco e i big locali del Pd. Si sono espressi parlamentari ed europarlamentari dei 5 stelle, il presidente della provincia di Cosenza, consiglieri regionali.

Il vostro caso avviene a poca distanza dalla condanna di Lucano. Mi pare di leggere un filo conduttore tra i due eventi. Sebbene distinti e diversi vi accomuna il piglio persecutorio nei confronti di chi lotta per un’alternativa…

Certo è paragonabile a quello che è successo a Lucano, ma almeno Lucano ha avuto un processo. La nostra è una misura assolutamente preventiva, ci dicono che abbiamo profilo criminale tale per cui potremmo commettere altri reati. Tra l’altro segno di contesto politico, questa scelta della questura di Cosenza di solito avviene a seguito di un avviso orale che a noi non ci è mai stato fatto.

Avete detto sui post su social che si tratta di una misura paradossale, in una città in cui regna la corruzione e il malaffare venite puniti voi…

Cosenza è una città nella quale negli ultimi due sono stati arrestati vari politici anche la Prefetto e il Capo dei Vigili del fuoco. Questo per fare capire a che livelli è diffusa la corruzione. Un prefetto arrestato con una mazzetta in mano può spiegare in maniera semplice ciò che avviene normalmente. E davanti a questo la priorità degli organi inquirenti è perseguire noi, in una regione in cui ogni diritto viene totalmente negato, non ultimo quello della sanità. Nella regione più povera d’Europa, con un’attività criminale senza eguali.

(foto da archivio)

Secondo voi, il provvedimento è legato a dinamiche cittadine o si può leggere una trama nazionale?

Penso sia soprattutto una questione cittadina. Noi non crediamo sia frutto di un’indicazione a livello nazionale. Ha tutti i tratti di una questione di provincia. Certo è che questo tipo di misure viene applicato anche perché a livello nazionale c’è una debolezza rispetto ad altri anni.

Quali sono i prossimi appuntamenti?

Oggi alle 17 abbiamo indetto un’assemblea cittadina e nel frattempo stiamo organizzando convegni con giuristi per sottolineare l’assurdità della sorveglianza speciale. Inoltre stiamo coinvolgendo parlamentari, docenti universitari.

Immagine di copertina dalla pagina Facebook di Prendocasa-Cosenza