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Sollevazione popolare in Colombia: esercito nelle strade, ma lo sciopero continua

Moltitudinarie manifestazioni in tutto il paese il 5 maggio per l’ottavo giorno consecutivo. Centinaia di migliaia in piazza, dopo la notte del terrore con la polizia a sparare sui manifestanti e l’esercito nelle strade, Mentre il governo valuta la possibilità di dichiarare lo stato d’assedio, la protesta non si ferma

Una marea che si solleva senza sosta da nove giorni è tornata in piazza ancora ieri e oggi contro decenni di miseria, ingiustizia e violenza di Stato. Una rivolta popolare cominciata il 28 aprile generalizzata contro il governo di estrema destra del presidente Duque che in uno dei paesi più diseguali al mondo manda la polizia ad assassinare e massacrare manifestanti per imporre ancora una volta in piena crisi economica e sanitaria le riforme dettate dal Fondo Monetario Internazionale, con l’obiettivo di rilanciare l’economia impoverendo ulteriormente la classe lavoratrice e i settori popolari, duramente colpiti dalla pandemia e dalla crisi, e favorendo la grande impresa e la finanza.

Ma la sollevazione popolare va oltre le riforme della fiscalità, della salute e del lavoro: riguarda decenni di violenza, di guerra, di connivenza tra Stato, narcotraffico e paramilitarismo, riguarda l’impoverimento costante imposto dal regime del terrore di Stato rappresentato dall’uribismo, che oggi non propone nessuna altra soluzione al conflitto che non sia la militarizzazione e la repressione, in linea con le tesi fasciste della “rivoluzione molecolare dissipata” del pinochetista cileno Alexis López Tapia, ideologo vicino ad Uribe invitato pochi mesi fa all’Università Militare dagli alti comandi dell’esercito.

 

Casa Fractal Cali

 

Anche ieri è stata una giornata di cortei, blocchi stradali, manifestazioni pacifiche di massa convocate da sindacati, movimenti studenteschi, organizzazioni indigene, contadine e afrodiscendenti, movimenti femministi in tutta la Colombia con canti, balli, cucine comunitarie, musica, performance, occupazioni delle strade e delle piazze, azioni culturali, riappropriazione di terre e spazi pubblici, fino alla repressione dell’Esmad in diverse città a fine giornata. Una accumulazione di lotte, di esperienze, di rabbia, di solidarietà che si sta riversando nelle strade del paese.

 

L’ottavo giorno consecutivo di mobilitazioni e proteste nel paese è stata una moltitudinaria giornata di sciopero. Nonostante le notti di terrore di Stato, i massacri notturni, gli spari sulla folla, i morti assassinati dalle forze dell’ordine che sono già 37 secondo gli ultimi dati diffusi ieri pomeriggio dalle organizzazioni per i diritti umani.

 

Nonostante l’esercito sia stato chiamato a controllare e militarizzare le strade della capitale Bogota, su richiesta della sindaca del partito verde Claudia Lopez in seguito all’assalto ad oltre una decina di stazioni della polizia, dopo aver già militarizzato le strade di Cali, uno degli epicentri della rivolta popolare, nonostante le scene di guerra con gli elicotteri militari che atterrano nelle stazioni degli autobus di Portal Americas e nei quartieri al sud della capitale, nonostante tutto questo l’ottava giornata del Paro Nacional Indefinido è stata una straordinaria giornata di protesta.

 

La notte del 4 maggio è stata infatti lo scenario di operazioni repressive pesantissime e gravissime nelle principali città, come denunciato dalle organizzazioni per i diritti umani, dagli abitanti dei quartieri colpiti e dai media indipendenti.

 

Le forze dell’ordine dell’Esmad, il corpo antisommossa di cui i movimenti sociali e le organizzazioni dei diritti umani esigono da anni lo scioglimento, assieme all’esercito e alla polizia, hanno scatenato per l’ennesima notte uno scenario di vera e propria guerra contro la popolazione civile nei quartieri di Cali, Medellin e della capitale Bogotá, come documentato dal media indipendente Colombia Informa.

Numerose testimonianze riportano black-out in ampie zone urbane e il distacco della connessione alla rete internet, per ostacolare ogni possibilità di denuncia ed agevolare le operazioni di repressive con armi da fuoco nei quartieri popolari. Le violenze delle forze dell’ordine si fanno sempre più brutali contro attivisti delle organizzazioni per i Diritti umani che sono stati maltrattati e arrestati in diverse occasioni.

Da giorni le principali organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani hanno lanciato appelli urgenti alla comunità internazionale  con l’obiettivo di denunciare e fermare la repressione e di garantire il diritto alla protesta sociale. Anche nell’appello pubblicato su Justicia y Paz Colombia rivolto alla Commissione Interamericana Diritti Umani (CIDH) emerge la richiesta al governo di risolvere politicamente e non militarmente il conflitto in corso nel paese

Il senatore del Polo Democratico Ivan Cepeda ha annunciato di aver inviato comunicazione alla Corte Penale Internazionale, assieme alle organizzazioni non governative Temblores, Defender la Libertad e il Coordinamento Europa-Colombia-Stati Uniti, che riunisce 285 organizzazioni per i diritti umani, sulle eventuali responsabilità per crimini di lesa umanità del presidente Duque e del ministro della Difesa Molano.

 

Il 5 maggio è stata una risposta di massa al terrore di Stato della notte precedente: non solo nelle principali città, ma in tantissimi piccoli centri e aree rurali le proteste di contadini, indigeni, trasportatori, camionisti, comunità afrodiscendenti e studenti hanno attraversato le strade.

 

Slogan contro il governo, la violenza di Stato, le riforme, il presidente e il “governo dei paramilitari” sono stati ripetuti in tutto il paese, così come la richiesta di smantellamento dell’Esmad, la polizia antisommossa, la richiesta di verità e giustizia per le vittime della repressione di questa settimana, la rivendicazione degli accordi di pace e del loro effettivo compimento da parte dello Stato, le rivendicazioni territoriali, culturali e politiche dei popoli indigeni, delle lotte contro l’estrattivismo, la fine del massacro dei leader sociali.

A Cali i quartieri popolari di Siloé e Puerto Rellena, ribattezzato Puerto Resistencia, pesantemente colpiti dalle repressioni, sono stati ancora una volta lo scenario di cucine comunitarie, spazi di discussione, blocchi stradali, musica e concerti, rituali popolari, veglie in ricordo delle vittime della repressione, mentre reti di solidarietà, mutualismo e sostegno si sono attivate nelle città per rendere possibile la continuità dei blocchi, dei picchetti e della protesta sociale e comunitaria che sta costruendo nuove relazioni nei territori. «Più biblioteche meno stazioni di polizia» – sta scritto su uno spazio pubblicitario all’ingresso del quartiere.

 

Galleria fotografica di Medios Libres Cali e Casa Fractal

Mentre il movimento indigeno nasa di Liberación de la Madre Tierra ha occupato due nuovi territori recuperandoli per progetti comunitari ed ecologici, il movimento delle donne afrodiscendenti e la Guardia Cimarrona, le esperienze di controllo territoriale delle comunità afro-colombiane sono scese in piazza nel Cauca e a Cali:

A Medellin, capitale del dipartimento di Antioquia e seconda città per numero di abitanti, in migliaia hanno cantato El Pueblo Unido suonata dall’orchestra nel Parque de los Deseos dove si è tenuto il concentramento della manifestazione:

Nel pomeriggio una grande mobilitazione nei quartieri popolari della capitale della regione di Antioquia:

A Bogotá invece, fin dalla mattina sono cominciati i presidi nei diversi punti di blocco all’entrata della metropoli, nelle grandi piazze e nei quartieri, per poi confluire in una grande e pacifica manifestazione fino alla Plaza Bolivar.

Ma la potenza di queste giornate risiede anche nella contemporanea molteplice dislocazione spaziale delle proteste, durante i cortei e le manifestazioni si mantengono blocchi strali, concentramenti e presidi in decine di località differenti, come vediamo in queste immagini del concentramento a Portal Americas, la zona dove la notte precedente ci sono state durissime repressioni ed erano atterrati gli elicotteri militari mandati dal ministero della difesa a reprimere le proteste.

Alla fine le grandi manifestazioni che hanno attraversato la capitale, arrivate nella centralissima Plaza Bolivar antistante il Palazzo di Nariño, la casa presidenziale colombiana, hanno dovuto affrontare nuovamente l’Esmad che ha attaccato la manifestazione:

A Pereira, capitale di Risaralda, dopo una storica manifestazione pacifica con migliaia di persone, un’auto si è avvicinata alla manifestazione sul ponte principale della città sparando addosso ai manifestanti, ferendone tre di cui uno è deceduto e gli altri due si trovano in gravissime condizioni all’ospedale. Una vera e propria una azione paramilitare, come denunciato da Contagio Radio:

Il ritiro della proposta di riforma fiscale e le dimissioni del ministro delle Finanze Carrasquilla sono state mosse assolutamente inefficaci data la portata della protesta che riguarda complessivamente un sistema di potere, di impunità, diseguaglianza e oppressione.

La scelta della repressione senza nessuna istanza di dialogo effettivo e concreto con il comitato del Paro Nacional e l’assenza di risposte, da oltre un anno e mezzo dall’inizio delle prime proteste sociali di questo ciclo di lotte, rispetto alle rivendicazioni concrete in materia di reddito di base, di politiche sanitarie, di protezione della vita dei leader sociali, di difesa del territorio e rispetto degli accordi di pace, mostra come il governo non abbia né la capacità né la volontà di negoziare politicamente, preferendo definire «vandali e terroristi» milioni di persone che si oppongono alle sue politiche di morte, fame e miseria, e alla violenza accumulata negli anni.

 

Al momento la strategia del governo sembra essere solamente aumentare il livello della militarizzazione e della violenza contro i manifestanti per provare a fermare la mobilitazione, mentre preparano la probabile dichiarazione dello stato di assedio.

 

Lo stato d’assedio, richiesto da quattro deputati del partito di governo, e fortemente criticato sia dai deputati dell’opposizione Ivan Cepeda e Gustavo Petro, così come da referenti politiche come Francia Marquez e Angela Maria Robledo, garantirebbe al Presidente le facoltà di nominare militari per incarichi civili, sospendere sindaci e limitare la libertà di circolazione, controllare stampa e televisione e imporre misure fiscali, il tutto in nome dell’ordine pubblico.

Ma nelle strade, nelle piazze e nei quartieri, ma anche dalle case con i cacerolazos dai balconi, la protesta non accenna a fermarsi, chiede le dimissioni di Duque e un cambiamento radicale. La straordinaria estensione e la continuità nel tempo, l’accumulazione di forza e di cicli di lotte che si dispiegano in questa intensa settimana di sciopero, la composizione ampia ed eterogenea e la capacità di generalizzazione del conflitto che questa sollevazione popolare sta dimostrando, nonostante il ricorso alla violenza omicida e del terrore di Stato, segnalano che in Colombia qualcosa sta cambiando profondamente.

 

Immagine di copertina: Medios Libres Cali