ITALIA

Settori diversi, stessa precarietà: il 27 giugno in piazza

La pandemia ha accelerato i processi di privatizzazione e di conversione neoliberale dei luoghi del sapere e della cultura. Il 27 giugno precari e precarie della ricerca si uniranno alle proteste dei lavoratori dello spettacolo per una grande manifestazione nazionale

Negli ultimi mesi decine di migliaia di lavoratori e lavoratrici precari si stanno organizzando in ogni settore e ambito. Tra quest*, i lavoratori e le lavoratrici dello spettacolo e della cultura hanno avuto la forza di imporre al discorso pubblico una visione chiara su cosa significa vivere in una dimensione strutturale di intermittenza sia di lavoro sia di reddito; su cosa significa vivere quando i tempi di lavoro e i tempi di vita si confondono senza riuscire più a riconoscerne le priorità; su cosa significa vivere con la costante minaccia della povertà e di un futuro esistenzialmente incerto.

 

A noi ricercatori e ricercatrici precari è stato subito chiaro come le loro biografie e le loro difficoltà fossero estremamente compatibili con quelle che noi stess* viviamo da molto tempo.

 

Come qualcuno diceva, le precarietà sono tutte diverse, ma in fondo sono anche tutte uguali. Partendo da noi e dalle nostre vite, ci sembra evidente che l’intermittenza contrattuale e l’assenza di forme di welfare adeguate, così come l’indefinita instabilità che siamo costretti a vivere per lunghissimo tempo, sono elementi che ci fanno sentire come le lotte di quest* precar* siano anche le nostre lotte.

Vogliamo innanzitutto parlare a chi queste le lotte le sta costruendo: saremo in piazza con voi il 27 Giugno, in occasione della Manifestazione Nazionale dei Lavoratori e delle Lavoratrici dello spettacolo. Non solo per solidarietà evocata o per vicinanza emotiva: siamo consapevoli che dalla precarietà o ci salviamo tutt* assieme oppure non si salva nessun*.

 

Rivendicare immediatamente un reddito universale incondizionato è solo il primo passo per immaginare un futuro diverso in cui a prevalere siano la dignità delle persone e non i profitti per pochi.

 

Garantire in ogni caso continuità di reddito e di tutele a chiunque lavori è una necessità non più derogabile che può essere conquistata solo con le lotte.

La precarietà non è l’unico elemento che ci fa sentire profondamente vicin* alla condizione in cui oggi, nella crisi pandemica, si ritrovano a vivere i lavoratori e le lavoratrici dello spettacolo. In queste settimane, da quando è iniziata la cosiddetta fase 3, osserviamo come le scelte di chi ci governa dicano molto su come si stia immaginando il futuro: riaprono le fabbriche, riaprono bar e ristoranti, ricomincia la serie A con tanto di bagni di folla in strada per festeggiare le vittorie, si dibatte animatamente sulla riapertura di discoteche e campi di calcetto, ci si interroga su come far ripartire il turismo e sul costruire cubi di plexiglass attorno agli ombrelloni degli stabilimenti. Mentre accade tutto questo, l’unica cosa che viene detta sul mondo della cultura e dei saperi è che non si può riaprire per l’impossibilità di garantire livelli minimi di sicurezza. Livelli minimi che invece sembrano essere dati per scontati per quanto riguarda le attività del settore privato e dei settori della produzione e della logistica, nonostante i campanelli d’allarme che più volte hanno suonato sulla sicurezza sul lavoro negli scorsi mesi.

 

Scuola, università e luoghi della cultura non sono, com’è evidente, tra le priorità da affrontare per il governo.

 

Non è accettabile che il governo e i ministeri non abbiano neanche minimamente delineato un progetto di riapertura in sicurezza di questi luoghi. Un’inefficienza colpevole che molto ci dice su cosa si sta immaginando debbano diventare i luoghi della cultura e della formazione del paese. Il Piano Colao, se mai verrà recepito per intero, sta lì a dimostrare che le idee che guidano l’azione di governo e i pareri che il governo sceglie di prendere in considerazione consistano nel riprodurre le stesse ricette del passato: il mercato all’assalto della diligenza. Le proposte del Piano Colao su formazione e cultura sono il proseguimento e la radicalizzazione delle misure già delineate dalle riforme Gelmini, dalle riforme Franceschini e da tutte quelle riforme che hanno spinto le istituzioni pubbliche ad essere vendute ai privati o, in ogni caso, ad assumere una forma organizzativa soltanto orientata al profitto. Sembra che la violenza della pandemia e della crisi che ha prodotto abbia spinto ad accelerare quei processi di privatizzazione e di conversione neoliberale dei luoghi del sapere e della cultura, i quali hanno definito la catastrofe che la Covid-19, in questi mesi, ha semplicemente illuminato.

 

Non è accettabile che il dibattito sulla riapertura in sicurezza dei luoghi di lavoro del settore culturale e della formazione non inizi nemmeno, naturalizzando il fatto che non ci sono sufficienti risorse.

 

Scendiamo in piazza con i lavoratori e le lavoratrici dello spettacolo per rifiutare questo stato di cose: rivendichiamo un nuovo radicale investimento per scuola, università, cultura, spettacolo, sanità.

Vogliamo ribadire che i difficili mesi che stiamo passando ci hanno consegnato il bisogno non più rimandabile di immaginare un mondo diverso che nasca dalla solidarietà e non dall’individualismo, dai diritti e non dalla competizione, dal riconoscere il bisogno di saperi e cultura cooperanti e non dal profitto come unica ragione sociale delle nostre vite e del nostro lavoro. Che l’ennesima crisi non ricada sulle nostre spalle.

Per questi motivi, come UniCOVID 2020, invitiamo tutt* i ricercatori e le ricercatici precari a scendere in piazza a fianco dei lavoratori e delle lavoratrici dello spettacolo, a Roma sabato 27 Giugno alle ore 14. Invitiamo tutt* a prendere contatti con chi nei territori si sta organizzando per giungere insieme a Roma e a contribuire nella diffusione della campagna di crowfounding per gli autobus che quel giorno si muoveranno da tutta Italia.
E’ solo l’inizio, ma il futuro ci sta aspettando. Cominciamo a camminare insieme.

 

Qui maggiori informazioni sulla manifestazione

Foto di copertina di Ilaria Turini