ROMA

Senza vaccini e con obbligo di frequenza: studentǝ di medicina della Sapienza scendono in piazza

Le studentesse e gli studenti di medicina della Sapienza hanno messo in scena questa mattina un sit-in di protesta davanti alla facoltà: chiedono che venga garantito loro sia il diritto allo studio sia quello alla salute

«Dei vaccini c’è carenza, se si studia alla Sapienza». Una quindicina di studenti e studentesse della facoltà di medicina della Sapienza ha messo in scena una vivace protesta questa mattina in piazzale Aldo Moro. Con camici bianchi e cartelloni chiedono una gestione più ponderata dell’emergenza pandemica, chiarezza nei loro confronti e una discussione aperta con i vertici dell’università.

«Siamo qui questa mattina perché, nonostante in tutti questi mesi la categoria dei medici sia stata raccontata con la retorica degli eroi, noi non abbiamo ricevuto nessun effettivo aiuto: né da un punto di vista economico né dal punto di vista didattico». A parlare è Riccardo, iscritto al quinto anno e tra i promotori della mobilitazione.

 

Studentesse e studenti, sotto il sole caldo e primaverile di questo inizio marzo, portano avanti richieste sensate e largamente condivisibili.

 

Prosegue Riccardo nel suo racconto: «Ci ritroviamo al secondo semestre con l’obbligo di andare fisicamente a lezione e in ospedale al policlinico Umberto I (il più grande covid-hub della regione Lazio). La cosa ha un senso, ma ci deve essere garantita la sicurezza di un vaccino: invece a oggi nessunǝ studentǝ di medicina è stato vaccinato all’interno dell’Umberto I».

Eppure, per il cosiddetto triennio clinico (ovvero quarto, quinto e sesto anno di facoltà) l’ingresso in corsia non rappresenta soltanto un traguardo didattico, ma anche e soprattutto la possibilità di mettere a verifica quanto appreso a lezione.

«Oggi in piazza siamo principalmente studenti di quarto, quinto e sesto anno», conferma Riccardo: «A livello teorico siamo preparatissimi, ma non ci viene garantita la possibilità di tornare fisicamente in reparto in sicurezza. Il nostro compito è formarci ed essere formati in quanto buoni professionisti della salute: non siamo automi che conoscono a memoria tutti i libri, ma davanti a una persona non sanno che fare. Ci sentiamo presi in giro da questa situazione».

 

 

Anche Michele, un altro ragazzo presente al presidio, sottolinea questa sensazione di ridotta o addirittura assente considerazione da parte dei vertici universitari: «Noi studenti veniamo sempre trattati come l’ultima ruota del carro».

Insieme a colleghe e colleghi lamenta anche lo scarso rispetto con cui spesso il corpo studentesco viene trattato: «Noi non siamo gente che si scoccia e che non vuol fare lezione, al contrario di quanto dicono ai piani alti». Quello dell’accesso in sicurezza alle lezioni è, infatti, un altro tema che la manifestazione cerca di far emergere.

 

Spiega ancora Riccardo: «Anche se la didattica online è garantita per il 50% delle lezioni, noi dobbiamo obbligatoriamente seguire in presenza i due terzi di un corso, altrimenti non possiamo sostenere l’esame relativo».

 

Obbligatǝ a recarsi in facoltà per non restare indietro con il proprio percorso di studi, studentesse e studenti temono non solo per la salute propria e dei propri cari.

Per questo motivo, nel pomeriggio, il corpo studentesco si è organizzato per un’altra iniziativa simbolica. «Oggi pomeriggio seguiremo le nostre lezioni solo in modalità telematica, perché vogliamo far capire che che il nostro scopo non è saltare lezione, ma anzi noi vogliamo adempiere ai nostri doveri, nel momento però in cui sono riconosciuti i nostri diritti e non veniamo esposti a rischi evitabili», illustra Michele.

 

 

Studenti e studentesse chiedono libertà di scelta e propongono due possibili soluzioni: il ritiro dell’obbligatorietà o una disponibilità vaccinale estesa anche agli aspiranti medici. È Vanessa a chiarire il punto, denunciando anche le troppe incongruenze che hanno caratterizzato le comunicazioni istituzionali: «Noi avremmo dovuto avere una priorità di terzo livello, ma continuano a ripeterci che il piano vaccinale e le sue carenze sono dovute a problematiche regionali. L’università ha avuto un numero di dosi in cui noi non siamo riusciti a entrare».

In mattinata un delegato della rettrice Polimeni ha acconsentito a incontrare le e i partecipantǝ al sit-in: si tratta di Gianluca Senatore, professore aggregato del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale. Scende anche lui in piazzale Aldo Moro e si confronta con i presenti, mostrando una mozione con cui la Conferenza Permanente delle Facoltà e delle Scuole di Medicina e Chirurgia chiede una maggior fornitura di vaccini al Ministero della Salute, a quello dell’Università e della Ricerca e agli assessori regionali.

 

La presenza di Senatore e le sue parole non bastano però a tranquillizzare le e i presentǝ: informatǝ, stanchǝ e arrabbiatǝ non si accontentano infatti di promesse vuote e vaghe buone intenzioni.

 

«Abbiamo parlato con un delegato della rettrice che si è presentato qui per rispondere alle nostre proteste, ma non abbiamo avuto grandi risposte», protesta Vanessa: «Loro dicono sempre che dobbiamo andare incontro alle esigenze dell’università, però nessuno viene mai incontro a noi. Non dicono mai: “visto che non riusciamo a vaccinarvi, vi lasciamo scegliere fra le modalità di lezione”. Non è che noi vogliamo sottrarci al nostro obbligo di frequenza: vogliamo solo avere possibilità di scelta». E su questo tema il corpo studentesco ha spesso incontrato l’appoggio dei docenti.

La mattinata di mobilitazione si risolve dunque senza grandi novità, purtroppo. È ancora Riccardo a esporre un sentire condiviso: «La Sapienza e la regione devono capire che così si stanno rendendo responsabili di eventuali nuovi focolai, obbligandoci a diventare veicolo di contagio».

Vanessa, pure lei al quinto anno, non è disposta a fare passi indietro o a concedere ancora attenuanti all’amministrazione della Sapienza: «Noi stiamo aspettando i vaccini non soltanto per le lezioni in presenza, anche e soprattutto per poter fari i tirocini per la tesi e quelli abilitanti in piena sicurezza e senza mettere in pericolo le persone che ci stanno accanto».