ITALIA

Senigallia, agire nella pandemia per il mutuo aiuto

Lo Spazio Autogestito Arvultura, storico centro sociale senigalliese, che prima era il “Mezza Canaja” sgomberato più di dieci anni fa, ha dato vita a un progetto autorganizzato completamente autonomo dalle istituzioni

A Senigallia, come altrove, l’ondata pandemica ha prodotto un impegno sociale e solidale. A marzo una rete di attivisti ha dato vita alle Brigate Volontarie per l’Emergenza mettendosi a disposizione dei numero verdi di Caritas e Comune per effettuare consegne di alimenti o medicine a chi era confinato in casa. Ma il tutto era comunque relegato a una logica, seppur meritoria, “assistenzialistica”.

Per questo lo Spazio Autogestito Arvultura, storico centro sociale senigalliese, prima “Mezza Canaja” sgomberato più di dieci anni fa, ha dato vita a un progetto autorganizzato completamente autonomo dalle istituzioni, che nel sostenere attraverso la raccolta di cibo, prodotti per l’igiene personale e vestiario, si riprometteva di creare relazioni sociali con le famiglie coinvolte nell’ottica di un percorso di crescita sociale, ben oltre la pura logica passiva che contraddistingue questo tipo di attività.

 

È cosi nata Bams, Base alimentare di mutuo soccorso, progetto tuttora attivo, che in questi mesi ha interessato centinaia di famiglie, in alcuni casi coinvolgendole direttamente nella distribuzione, facendole partecipi dell’esperienza.

 

Da una “costola” di Bams per qualche mese è stato attivo “Bims”, Bimbi e mutuo soccorso, che ha raccolto e fornito materiale scolastico e giochi; una pratica rivolta alla fascia di età compresa tra i 4 e il 13 anni. In sostanza un agire finalizzato a “fare società”, far emergere situazioni di emarginazione e sfruttamento togliendole dalla solitudine e dall’indifferenza.

Proprio creando una relazione con i settori della città che già vivevano in condizioni di difficoltà, situazioni che sono peggiorate notevolmente con la pandemia, è nata a fine luglio la mobilitazione per il “Caso Trocadero”. Si tratta di un albergo che il Comune da anni paga per dare accoglienza alle famiglie che non si possono permettere un affitto, in gran parte immigrati, ma non solo. Alcuni nuclei famigliari che ricevevano i pacchi hanno segnalato la situazione indecente dove si trovano a “vivere”: veri e propri “loculi”, sotto il livello della strada, negli scantinati dell’albergo pieni di umidità dove le più elementari norme di sicurezza erano violate.

 

Una situazione più volte denunciata all’Asl e agli uffici comunali preposti dagli stessi interessati, ma ignorata da chi doveva provvedere.

 

Gli attivisti e le attiviste dell’Arvultura insieme alle famiglie hanno organizzato un sopralluogo di propri tecnici per attestare la gravità della situazione e poi hanno dato vita ai primi di agosto a un presidio davanti al Comune per denunciare il tutto con il supporto di materiale fotografico. La mobilitazione ha pagato e nel giro di alcune settimane l’Amministrazione ha provveduto a far trasferire le famiglie in stanze idonee.

L’attività sociale dentro la pandemia ha avuto un’altra ricaduta positiva e a settembre è nato ufficialmente lo “Sportello sociale”, sempre all’interno del Centro sociale Arvultura, che come altri simili presenti in diversi spazi sociali del nostro paese, oltre a offrire gli abituali servizi, si pone come un luogo di confronto e cooperazione solidale; uno spazio di organizzazione e azione per tutelare i propri diritti sul lavoro, sulla casa, sulla cittadinanza e sulla salute. Uno sportello supportato sia da una rete di civilisti, penalisti e consulenti del lavoro, che dal sindacato di base ADL-Cobas Marche per servizi e vertenze.