editoriale

Salvini in trappola, il governo prende fiato

Le intercettazioni all’hotel Metropol mettono nei guai Salvini, che ora non può fare elezioni per diventare Premier

Si può spiegare un primo mistero con un secondo mistero? A volte sì.

Prendiamo il (primo) mistero glorioso della tenuta del governo, in cui Salvini gode di una maggioranza relativa virtuale, in base ai sondaggi e all’estrapolazione dei risultati delle elezioni europee e regionali, maggioranza che diventa assoluta unendosi, a scelta, ai FdI della non concorrenziale Meloni o alla FI in disfacimento dell’odiato Berlusconi. Alleandosi con entrambe le destre avremmo cifre sopra il 50% dei voti e verso il 60% dei seggi.

Eppure Salvini tira il freno alle crescenti pressioni del suo partito (e della Meloni) per far saltare il governo e andare a elezioni anticipate. Preferisce continuare a governare, formalmente in minoranza, con una forza subalterna ma litigiosa come il M5S. Un mistero cui sono state date (sempre meno) convincenti spiegazioni.

Di Maio è un alleato ideale, si lamenta ma finisce per accodarsi sempre e a volte (sui migranti) fa la faccia più cattiva di Salvini. Una situazione ideale in cui la Lega continua a salire giorno dopo giorno a spese dell’alleato, su cui può rigettare la responsabilità delle cose che non vanno e delle promesse che non si possono mantenere. Specialmente quando ci sono da affrontare in tempi brevi una dolorosa correzione di bilancio, la grana dell’aumento Iva, le afflizioni di una manovra di infrazione per ora solo sospesa.

L’alleanza con i pentastellati è talmente innaturale, per di più, che spiega tutte le contraddizioni ed evita di allearsi con forze omogenee di destra che toglierebbero ogni alibi a eventuali fallimenti.

Tutto giusto o plausibile, ma proviamo a vedere il secondo mistero, quello doloroso.

Salvini ha fatto svariati giri di walzer, spesso fuori tempo. Ha baciato i piedi a Putin e poi è andato alla corte di Trump per farsi legittimare. Anche Trump ha flirtato con Putin, ma lui è Trump e mica gli altri possono farlo a capoccia.

Salvini ha dichiarato guerra a tutta l’Europa e soprattutto all’asse franco-tedesco ma, mentre contro Macron è stato netto, con i tedeschi ha provato a giocare di fino, appoggiando il suo omologo Seehofer contro la Merkel e giustificando la cosa con la dura politica anti-migranti del primo in confronto alle aperture “eccessive” della seconda verso i profughi siriani. Però il cattivissimo Seehofer ha continuato, in applicazione dei regolamenti di Dublino, a rimandare in Italia migliaia di di persone (“Repubblica” l’ha scoperto con il solito ritardo) e ha preso malissimo le bravate del Truce contro la Sea Watch 3 e Alex nonché le oscenità contro Carola Rackete. Prima i tedeschi, pure ribelli, nessuno tocchi la “capitana sbruffoncella”. Sbirro sì il collega, ma sbirro italiano inferiore. È il sovranismo, bellezza!

E poi come si permette, il terrone che sta a sud delle Alpi, di non accettare la candidatura di una tedesca, pure bionda, guerresca e nobile, con tanto di von der prima del cognome?

Vero che adesso la Lega e anche altri sovranisti sembrano sostenere, magari nel voto parlamentare segreto, la von de Leyen per speculare sulle divisioni del fronte europeista, ma la candidata Presidente ha già preannunciato che respingerà formalmente i voti della Le Pen e di Salvini accettando eventualmente gli altri. E soprattutto non si può certo permettere di incassare il sostegno ufficiale di chi ha tramato con Putin nell’atrio dell’hotel Metropol. Per adesso ai leghisti sono state negate perfino le briciole della governance europea e ombre nere si librano sopra la testo del presunto commissario “di peso” leghista, tanto che Giorgetti si è defilato.

Insomma, veniamo al dunque. All’hotel Metropol una delegazione ufficiosa della Lega guidata dal braccio operativo salviniano per la Russia, Savoini, ha provato a svendere la politica estera italiana per 65 milioni di euro. I russi non hanno concluso l’affare (pare) e hanno registrato tutto per tenere sotto ricatto gli sprovveduti emissari in vista di garanzie più concrete. Probabilmente anche altri servizi seguivano le cose e registravano.

Chi ha fatto uscire le prove, prima all’”Espresso” in riassunto e poi al sito americano con i files audio integrali? Possono essere stati i russi, senz’altro, ma anche gli americani indispettiti dal “tradimento” (prima la via della seta, ora le sanzioni russe), e perché non pensare anche a Seehofer, che un tempo faceva il bello e il cattivo tempo sui servizi della Bundesrepublik? Le stesse domande sorte nel caso gemello del trappolone in cui è cascato l’austriaco nazi-sovranista Strache.

Salvini, già logorato dalla pessima gestione degli affari Sea Watch 3 e Alex e continuando ad affidarsi agli scappati da casa della “Bestia” (un team di abili provocatori web, non uno staff politico) ha sottovalutato le implicazioni dell’inchiesta dell’”Espresso” e se ne è accorto troppo tardi, quando ormai, con tutto il corredo di prove foniche e fotografiche, era stato rilanciata dagli americani di

“Buzzfeed”. A questo punto Salvini è andato in panico accumulando dichiarazioni sconnesse, cercando di sconfessare il suo braccio destro Savoini senza querelarlo e finendo per farsi isolare dai suoi alleati, più Conte che lo sdraiato Di Maio.

Il discorso è semplice. Sotto questi fari mediatici la possibilità per Salvini – segretario di due partiti, Lega nord e Lega per Salvini premier, la bad company e la new company – di diventare premier di un nuovo governo si avvicinano a zero. Su di lui grava il sospetto di essere un Manchurian candidate. La cosa migliore è restare vice-premier con peso effettivo, sebbene ridotto, piuttosto che incassare un dividendo elettorale poco spendibile per l’ostilità degli attori internazionali, dei poteri forti e dello stesso Mattarella.

Il governo è salvo per qualche mese, i pentastellati potranno illudersi di riguadagnare posizioni e di accattivarsi consensi tedeschi e Usa (a cominciare dal voto, accettato, per la von der Leyen e da una pacca sulle spalle da Trump). Salvini potrò continuare a sfogarsi su zingari e migranti, decreto sicurezza e sgomberi, ma dovrà imparare a essere meno invadente ed evitare le trappole.

Malgrado le farneticazioni degli “anti-umanitari di sinistra”, il coraggio e l’impegno delle Ong e di Mediterranea hanno pagato scoprendo il Ministro della paura sul fronte interno e lasciandolo esposto alle contraddizioni internazionali con altri poteri più forti di lui. Altro che “tradimento della Nato”, come ha farfugliato Zingaretti, Salvini è stato battuto in una battaglia di classe ed è finito nei guai di un mondo multipolare, un topo sgomento inseguito da molti gatti e né lui né noi sappiamo quali, stesse attento…