MONDO

Rojava, economia alternativa nella terra della rivoluzione

La responsabile della commissione economica del Kongreya Star, la confederazione delle donne, racconta la sfida di trasformazione del modello di sviluppo attraverso le cooperative delle lavoratici.

Ritorniamo a Qamishlo nelle sede di Kongreya Star, la confederazione delle donne nella Federazione Democratica della Siria del Nord, per incontrare Hîvda, responsabile della Commissione Economica.

Prima di iniziare l’intervista Hîdva ci tiene a precisare il contesto in cui operano: una zona di guerra in cui il territorio che amministrano non ha la possibilità di commerciare liberamente con altre regioni vicine o lontane. Una situazione molto difficile, ma che non ha fatto desistere dalla ricerca di forme economiche alternative al capitalismo.

Questo nuovo sistema si basa su un’economia democratica e comunitaria che dà alle donne gli strumenti per raggiungere una propria autonomia al fine di essere indipendenti, anche dagli uomini.

La commissione economica che presiede Hîvda è una delle 10 in cui si delineano le linee di intervento. Hîvda ci racconta il loro lavoro sul campo.

«Mano a mano che i territori della Siria del Nord venivano liberati dall’amministrazione del governo di Damasco e dall’occupazione di Daesh, la Federazione della Siria del Nord si è trovata ad affrontare molti problemi. Il sistema economico è uno di questi. Dovete sapere che prima della rivoluzione tutto era controllato dal regime di Assad. Era il regime che decideva cosa coltivare nei campi o che aziende potevano agire in questo territorio. Un esempio lampante è la raffinazione del petrolio: nella Siria del Nord si estrae grossa parte del petrolio siriano, ma nessuna raffineria è stata mai aperta qui. Si è preferito installarle a centinaia di km di distanza per impedire uno sviluppo di queste terre. Potete immaginare quanto sia stato difficile convincere le persone che non erano più obbligate ad avere l’assenso dei funzionari governativi per iniziare un esercizio economico. Per questo, abbiamo da subito creato un confronto con i cittadini cercando di privilegiare l’avvio di attività comuni nella forma delle cooperative».

«Passati alcuni anni di sperimentazione, possiamo affermare che le esperienze nate dopo la rivoluzione iniziano a crearsi un proprio spazio nel mercato. La loro crescita ha avuto più successo nelle campagne, nei centri minori e in città come Kobane e Heseke, dove la guerra ha distrutto il sistema economico precedente. Qui a Qamishlo, invece, il capitale e il sistema del vecchio regime hanno ancora un forte controllo».

Continua Hîvda: «Una volta liberato e stabilizzato un territorio, la commissione organizza dei meeting in cui si invitano tutte le donne di quel villaggio, quartiere o di una zona ben definita. Questa fase è importante perché le donne prendono consapevolezza del ruolo che possono giocare nel cambiamento dell’economia del territorio in cui vivono. Individuati i bisogni, si inizia un percorso che porti a creare un piano di sviluppo. L’avvio dell’attività scelta può avvenire con il contributo economico della commissione, se le donne che formano la cooperativa non sono in grado di fornirlo. Questo perché Kongreya Star ha un budget che deriva da luoghi e mezzi confiscati al Regime e che mette a disposizione per il sostegno economico alle cooperative».

«Le cooperative, invece, durante la loro attività danno all’organizzazione il 5% del loro guadagno netto: questa quota può essere non richiesta nella fase di start up per non incidere negativamente sull’avvio delle attività, ma può anche essere maggiore per quelle cooperative che hanno ottimi risultati economici».

La scelta di appoggiare il percorso di una cooperativa si basa su tre criteri:

  • all’interno delle cooperative devono lavorare le socie stesse;
  • si lavora tutte insieme e ci si deve impegnare a fare degli sforzi per superare le difficoltà, affinché la cooperativa abbia successo;
  • il reddito è uguale per tutte al di là delle mansioni svolte.

«Una volta avviata la cooperativa, la commissione avrà soltanto un ruolo di facilitazione e di verifica del rispetto dei principi base. Su tutto il resto decideranno le socie della cooperativa all’interno della Comina, il metodo assembleare utilizzato per la gestione e il confronto quotidiano.

La distribuzione del lavoro avviene in base alle competenze e alle qualità specifiche che ha ognuna, e gli eventuali conflitti interni – fino ad arrivare all’allontanamento di una socia – devono essere risolti autonomamente dall’assemblea della cooperativa, senza l’intervento della commissione di Kongreya Star».

Infine, conclude Hîvda: «Stiamo lavorando molto sulla qualità dei prodotti con ottimi risultati: per esempio nel campo agricolo, dove privilegiamo percorsi biologici e che rispettino la natura. Ma siamo fortemente carenti su altri piani, come quello del marketing: abbiamo difficoltà a diffondere i nostri prodotti e questo porta a frustrazione nelle lavoratrici. Per incentivare la vendita abbiamo aperto dei market/bazar con i prodotti delle cooperative a Derik e Heseke. Comunque, abbiamo bisogno di una formazione specifica sulla commercializzazione e vendita».

Con Hîvda ci siamo confrontati anche sul tema della proprietà privata. A tal riguardo, ci ha detto: «noi privilegiamo la creazione di forme comuni di proprietà, ma non è possibile confiscare le terre alla popolazione solo in base al nostro punto di vista e senza avere riguardo delle loro necessità. Non siamo contrari alla creazione di aziende con proprietà privata, ma queste non devono assumere un ruolo di monopolio e non possono agire in contrasto con il bene della società».

 

Le puntate precedenti del reportage di Ya Basta Bologna nel Rojava: