ROMA

River clean-up a Fiumicino, realtà antagoniste e reti ambientaliste ripuliscono la zona del Faro

Nell’ambito dell’iniziativa nazionale di pulizia dei fiumi River clean-up, promossa da Clean-up Italia, il collettivo No Porto di Fiumicino e i ragazzi di Ostia clean-up si sono occupati della foce del Tevere, già oggetto di vari episodi di speculazione

Pescatori, militanti, ambientalisti. Sono più di quaranta e si muovono come la risacca avanti e indietro sulla spiaggia del vecchio faro di Fiumicino. Come la spuma che scivola sulla sabbia, sui detriti e i rifiuti che costellano il terreno si infrangono pale e rastrelli; mani “guantate” raccolgono batterie, vecchie scarpe, lamiere, e le portano via come farebbe la corrente. La gente di Fiumicino oggi si è riunita in un’iniziativa che più di tutto rappresenta l’atto di riappropriarsi di un luogo offeso dall’incuria e dall’abbandono istituzionale, di cui però chi vive il territorio si ricorda ancora, ed è deciso a prendersene cura.

La zona del Faro di Fiumicino risente particolarmente del problema dei rifiuti già per motivi “congeniti”: perché sta alla foce di un fiume come il Tevere, innanzitutto, che a causa delle dimensioni e dell’attraversamento cittadino scarica una dose non indifferente di scorie sulle coste; ma ad aver decretato definitivamente l’abbandono dell’area è stata la speculazione sul territorio, il cui percorso ha seguito un canovaccio ben noto.

 

Prima completamente accessibile, nel 2010 l’area del Faro fu data in concessione a Ip-Iniziative Portuali per la costruzione del “Porto della Concordia”, progetto poi bloccato solo tre anni dopo a causa di un’inchiesta giudiziaria sugli illeciti relativi agli appalti. Da quel momento è rimasta totalmente abbandonata, se non per gli sforzi di quei cittadini che cercano di riappropriarsene e restituirne le qualità al territorio.

 

«La nostra esperienza è cominciata nel 2013, dopo il sequestro», ci spiega una ragazza di No Porto, «con l’occupazione di un “bilancione” (una palafitta da pesca) abbandonato. La voglia di farlo è nata dall’esigenza di riappropriarci fisicamente di uno spazio che ci era stato sottratto in nome del profitto, ed è diventato poi sia un presidio per la lotta contro il porto, sia un luogo in cui provare a dare vita a un socialità differente e a dei momenti di aggregazione e di scambio, in un territorio che ha subito fortemente la disgregazione del tessuto sociale e la regressione culturale, anche a causa di un sistema di lavoro improntato soprattutto sulle attività aeroportuali». Fiumicino infatti, pur essendo uno dei più grandi centri pescherecci della costa tirrenica, vive un’economia basata soprattutto sul suo aeroporto, il principale centro per i voli intercontinentali di Roma fin dagli anni ’60.

 

Il territorio non è quindi nuovo alle grandi opere e alle vicissitudini che si portano dietro e non stupisce che anche il progetto del porto sia stato di recente rilanciato, con la proposta di acquisto della concessione da parte di Royal Caribbean Cruises, che vorrebbe implementare anche la funzione crocieristica nel porto.

 

Nel 2019, lo stesso Ministero dei Beni culturali ha dato un parere critico sul porto, sia perché a livello paesaggistico creerebbe una barriera tra la cittadinanza e il porto, sia per il valore storico e culturale della zona. «L’area semplicemente non è adatta – sostengono i membri del collettivo – Questo nuovo progetto prevede dei dragaggi di metri e metri di fondale per un kilometro, per permettere l’accesso agli scafi da crociera, che misurano anche 10 metri. Ci chiediamo come sia possibile che, con queste premesse, questo tipo di progetti trovino l’avallo delle autorità di bacino che dovrebbero invece considerare il discorso in senso strutturale».

 

 

Con il coordinamento I Tavoli del Porto, la cittadinanza attiva e diverse associazioni del territorio di Fiumicino si sono riunite per cercare di entrare a far parte del discorso istituzionale sul porto, per portare avanti l’idea di una zona balneare libera da grandi opere e da barriere che impediscano l’accesso a chi vive quotidianamente il territorio. Allo stesso tempo vanno avanti le attività autogestite nell’area del faro, come quella di oggi, organizzata dal collettivo No Porto in collaborazione con Ostia Clean-up, nel contesto del River Clean-up, un evento nazionale promosso dalla rete ambientalista Clean-up Italia, che promuove diverse giornate di pulizia sulle sponde dei fiumi in tutta Italia e cerca di riunire tutte quelle realtà che si propongono attivamente di impegnarsi nella pulizia di luoghi naturali in stato di abbandono.

 

Quello che fanno oggi i ragazzi e le ragazze del collettivo No Porto assieme a Ostia Clean-up – oltre a cercare di migliorare le condizioni effettive del luogo – è anche lanciare un segnale.

 

«A noi sta molto a cuore la tematica ambientale», spiega ancora una rappresentante del collettivo, «ma vorremmo anche puntare la luce sulle cause strutturali che portano ad avere delle condizioni di degrado così eclatante. Tutta la zona del vecchio faro e dei bilancioni fa parte di un meccanismo sistemico comune a tante parti d’Italia, secondo cui un territorio periferico viene mantenuto in uno stato di degrado voluto, che in qualche modo poi legittima l’intervento con grandi opere. Questo meccanismo va scardinato e il prodigarsi in prima persona per recuperare delle are a cui diamo valore possa essere uno stimolo per mostrare che è possibile prendere una strada diversa».

 

Tutte le foto di Federico Francesconi