EUROPA

Risorgere dalle ceneri

La situazione in Polonia si è calmata considerevolmente, anche se non sembra essere cambiato molto. Ma può darsi che si apra lo spazio per una nuova forza politica…
Il collasso della democrazia polacca

Abbiamo tradotto questo articolo di un membro di Razem, il nuovo partito della sinistra radicale polacca. Una riflessione sulla crisi politica del 16 dicembre, innescata dalle proteste contro una legge che avrebbe ridotto la libertà di informazione, e che ha portato ad uno scontro parlamentare tesissimo, e ad un voto invalido sul budget del 2017. L’articolo si interroga su quali possibilità esistono per la sinistra di creare uno nuovo spazio politico di conflitto, che vada oltre all’usurato contrasto tra le forze reazionarie di destra e la destra neoliberale.

La situazione in Polonia si è calmata considerevolmente, anche se non sembra essere cambiato molto. Ma può darsi che si apra lo spazio per una nuova forza politica…

Quello che sta succedendo in Polonia potrebbe portare verso una rottura: no, il governo non verrà abolito e l’opposizione non verrà schiacciata, ma i recenti sviluppi potrebbero contribuire alla nascita di una terza forza politica in Polonia. Una forza politica non coinvolta nella situazione di stallo isterico tra le altre due più grandi. La questione importante, quindi, è capire se questa terza forza sarà di sinistra o al contrario dell’estrema destra anti-sistema.

Se analizziamo con accortezza che cosa ha scatenato la crisi – il voto incostituzionale venerdì 16 dicembre in Parlamento e le sue conseguenze potenzialmente disastrose – diventa evidente che non vi è nessun motivo. Il partito al governo, avendo la maggioranza, avrebbe potuto far passare tutte le proposte di legge in ogni caso. Nessuna era particolarmente controversa, o meglio non più controversa della normale produzione legislativa del Pis (Prawo i Sprawiedliwość – Legge e Giustiza). Il modo in cui la situazione è peggiorata, è stato veramente infantile: durante una sessione parlamentare regolare, un deputato dell’opposizione ha voluto protestare contro la proposta di legge sul divieto dei mezzi di informazione in Parlamento, e ha mostrato un foglio con scritto #freemedia. Non è stato un episodio così importante, ma il Questore del Parlamento ha deciso di espellere il deputato dalla sessione. Conseguentemente, i deputati dell’opposizione hanno bloccato il leggio da cui si prende parola e reso impossibile la continuazione del dibattito. Anche se il Questore era pronto a negoziare, una volta consultatosi con Jarosław Kaczyński – il capo di Legge e Giustizia, che in Parlamento è solo un normale deputato – ha deciso di spostare la seduta in una stanza diversa, dove sono avvenute le votazioni illegali.

Sin dall’inizio della crisi era evidente che Legge e Giustizia non era motivata dal vantaggio politico, ma da un desiderio muto e testardo di mostrare chi comanda. Del resto, negli ultimi dieci anni, l’esperienza politica più importante per questa forza politica è stata l’umiliazione da parte dei liberali. Di conseguenza, oggi, che sono al potere da oltre un anno e leader nei sondaggi, la cosa che ancora vogliono di più Kaczyński e i suoi pretoriani è godersi la loro vendetta e umiliare i propri avversari. Dall’altra parte della barricata, il campo liberale è guidato da un sentimento distruttivo simile: odio furioso e disperato. Certo, non c’è simmetria e la responsabilità principale è dalla parte del governo. Le azioni del governo possono distruggere il paese molto più velocemente rispetto alle azioni dell’opposizione, semplicemente perché sono al potere.

Tuttavia, non vi è alcun dubbio sul fatto che le azioni dei leader liberali stanno solo perpetuando l’impasse: si concentrano sull’offendere Kaczyński per la sua bassa statura e per la sua mancanza di vita sessuale, e sembrano accogliere senza esitazione gli appelli alla violenza sempre più frequenti espressi dai loro sostenitori. Inoltre, in una mossa ancora più suicida, mostrano apertamente disprezzo per le persone che hanno votato Legge e Giustizia per il suo programma anti-austerità. Sia in questo momento che in generale, i liberali non presentano alcun programma politico positivo. Durante particolari momenti di scontro, le loro richieste politiche sono così distaccate dalla realtà che possono solo far arrabbiare ancora di più i loro sostenitori, perché non sono in grado di ottenere niente. Durante questa crisi, la loro richiesta principale non era una mediazione o una ripetizione del voto, ma elezioni anticipate: una proposta impossibile e – considerando gli attuali sondaggi – inevitabilmente mortale per l’opposizione stessa.

I tre giorni seguenti questa crisi ci hanno mostrato dove può portare questa dinamica. Entrambi i campi hanno portato ad un escalation della situazione, la cui unica soluzione immaginabile era il confronto in strada o il ritiro. Entrambi i campi hanno apertamente espresso l’aspettativa – o meglio la loro speranza perversa – che l’altro campo usasse per primo la violenza, di modo da poter ribattergli contro. Entrambi si sono presentati come martiri e vittime di violenza dell’altra parte, al fine di intensificare ulteriormente il conflitto. Non vi è dubbio che la situazione fosse molto più tesa che durante le proteste precedenti. Anche se per le persone che hanno cominciato da poco a manifestare il comportamento degli altri manifestanti e della polizia lo scorso fine settimana è sembrato drastico, in realtà la risposta della polizia è stata abbastanza standard.

La vera lotta, tuttavia, non è avvenuta nelle strade, ma su Internet. Le manifestazioni sono state più piccole rispetto ad altre, ma quello che si poteva leggere sul web ha reso Varsavia ed altre città agitate e vigili: polizia per le strade, la gente che girava in attesa che accadesse qualcosa di grande. I mezzi di informazione pubblici, ormai controllati dal governo, hanno continuato a tenere calda l’atmosfera trasformando in breaking news ogni pettegolezzo e alcune informazioni false trovate su Facebook e Twitter. Un portale di notizie molto vicino a Legge e Giustizia ha condito il tutto con la pubblicazione di un “piano trapelato” dall’opposizione di dare fuoco al palazzo del Parlamento. Il “piano” includeva deputati liberali che avrebbero lavorato mano nella mano con ex ufficiali dei servizi segreti comunisti ed Antifa polacchi e tedeschi(!). Difficile dire che cosa fosse più assurdo: il piano stesso o il fatto che qualcuno potesse effettivamente crederci. Ma era chiaro che il partito di governo sognava un incendio del Reichstag. D’altra parte, l’opposizione ha definito le azioni del governo come un colpo di stato, comparandosi alle vittime dell’Olocausto e chiamando all’insurrezione nazionale.

Oggi ci possiamo chiedere: chi è il vincitore di tutto questo? Secondo me nessuno – o almeno nessuno tra le due parti in conflitto. Kaczyński è stato il primo a comprendere che calmando la situazione ne avrebbe guadagnato, così nella conferenza stampa della scorsa settimana è stato conciliante nel tono, anche se non ha ritirato nulla. Il caos politico ha permesso a Legge e Giustizia di prendere alcune decisioni potenzialmente controverse in altri campi, quindi questa battaglia gli ha permesso di evitarne altre. D’altra parte, però, l’escalation ha indebolito il campo di Kaczyński: diversi parlamentari e deputati del suo partito, altrimenti monolitico, hanno criticato apertamente le palesi violazioni della legge. L’opposizione liberale da un lato si è rivelata impotente nelle piazze: non è riuscita a mobilitare nemmeno lontanamente le persone che avevano sognato e sperato. D’altra parte, ha vinto nettamente la battaglia su Internet: i loro hashtag e le loro interazioni sui social media hanno completamente prevalso quelle del partito di governo.

In ogni caso, è evidente che sempre più persone si rendono conto di quanto sia futile e sterile questa situazione. Questo conflitto ha definito la scena politica in Polonia per oltre un decennio e, come abbiamo appena visto, può portare solo ad una rovinosa guerra politica, destabilizzazione e – potenzialmente – violenza. Non ha portato, e non porterà ad un cambiamento costruttivo. Vi è la possibilità che qualcosa di nuovo emerga, una forza che abbia finalmente il potere di dire: i leader di entrambe le parti di questo conflitto rappresentano la stessa classe politica marcia, mentre noi siamo in grado di offrire alla Polonia un reale cambiamento. Ci sono due candidati per questo ruolo: l’estrema destra che ruota intorno ai fascisti polacchi e il movimento populista Kukiz, o la nuova sinistra.

Per la sinistra la situazione è difficile, nella misura in cui delle volte non può non prendere posizione quando gli standard democratici sono sfacciatamente violati. Questo è il motivo per cui la sinistra ha urgente bisogno di creare il proprio fronte politico per lottare sulle questioni nelle quali può identificarsi. Queste lotte hanno bisogno di domande e obiettivi chiari e positivi, di dinamiche creative e di un carico emotivo che unisca la rabbia e la speranza. Con la protesta in Nero (#Czarny Protest) abbiamo visto che è possibile: questa ha costruito una nuova linea di divisione politica, aveva una chiara richiesta e ha portato a una mobilitazione efficace, che ha superato le aspettative di tutti e ha dato una sensazione di potere, ha creato un nuovo simbolo attorno a cui le persone si potevano unire, e infine c’è stata una vittoria. È mancato un messaggio di ottimismo verso la fine, e questo si potrebbe migliorare.

La prossima questione è già all’orizzonte: le proteste contro la riforma devastante dell’istruzione, a cui si oppongono insegnanti, genitori, sindacati, esperti e studenti stessi. L’azione politica che si sta organizzando ha già una buona dinamica e un obiettivo chiaro. Per di più, mette la sinistra in opposizione sia al governo sia ai liberali, che non possono assolutamente supportare le richieste dei sindacati. Questa è la strada da percorrere: se riusciamo a fare di tali fronti una divisione permanente della scena politica, saremo i vincitori di quello che è successo il 16 dicembre.

*(Storica e membra del partito polacco Razem – Insieme)

Articolo pubblicato su Political Critique