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MONDO

Il “ridicolo politico”: la strategia discorsiva del Governo Bolsonaro

Il neo-eletto presidente del Brasile Jair Bolsonaro è diventato famoso per le dichiarazioni razziste, omofobe e misogine. Tuttavia, dietro questo uso turpe del linguaggio è possibile vedere una precisa strategia politica che accomuna oggi molti leader dello schieramento nazional-populista

Il ridicolo politico è un’espressione elaborata dalla filosofa brasiliana Márcia Tiburi. È prodotto quotidianamente in Brasile e nel mondo e, nel suo recente manifestarsi, straripa in aspetti dittatoriali-populisti-nazionalisti, potendo essere tutto ciò allo stesso tempo[1]. Il ridicolo politico è un effetto della deturpazione della politica, perché consiste nella distorsione del diritto all’espressione e rappresentazione che si concretizza in qualcosa che non dovrebbe essere stato fatto o detto: sono azioni contro l’estetica del politicamente corretto[2].

Oltre a causare imbarazzo nello spettatore dinanzi alla performatività ignorante, in cui lo scomodo sorriso è centrale, si deve riconoscere che il ridicolo politico non è ingenuo[3]. Gli atti scandalosi del ridicolo politico – omofobici, di transfobia, razzisti, misogini – che appaiono essere genuinamente spontanei, sono in verità un progetto di potere che si sostiene attraverso la manipolazione dell’immagine e dell’informazione[4]. Pertanto, il ridicolo politico è una performatività discorsiva, verbale e delle immagini, manipolata per servire da strumento di manutenzione del luogo comune delle gerarchie socioeconomiche. In questo modo, il ridicolo politico è un potente dispositivo per la perpetuazione di subalternità[5] nel capitalismo contemporaneo, che si manifestano nella violenza contro le donne, i neri, gli indigeni e la popolazione LGBTQIA*[6], tra i quali la diagonale di classe permane come intersezione[7] di base.

 

Non è difficile indicare protagonisti del ridicolo politico nell’attualità: Donald Trump, Kim Jong-un, Silvio Berlusconi, Matteo Salvini, João Doria[8] e Jair Messias Bolsonaro.

 

Nel giorno della sua investitura come Presidente del Brasile, Bolsonaro ha affermato che si metteva a disposizione della nazione per liberarsi dal politicamente corretto. Ma cosa sarebbe il politicamente corretto? Costante nella concezione di politicamente corretto è l’idea di evitare pratiche discorsive di sottomissione, che rimarcano la discriminazione contro gruppi subalterni[9]. In conformità con questa prospettiva, l’origine del politicamente corretto sarebbe collegata ai movimenti sociali, principalmente quelli dei diritti umani. Questi hanno come nucleo la critica della soggettività presunta come standard, che si manifesta in un soggetto universalista di diritti come l’uomo bianco, cisgender, eterosessuale, borghese e, nel caso del Brasile, proveniente dal Nord[10].

Nel contesto brasiliano, coloro che aderiscono al ridicolo politico criticano il politicamente corretto e attribuiscono il problema all’isterismo delle sinistre, che castra la spontaneità umana e disciplina le relazioni interpersonali, per smuovere quelle strutture sociali concepite come “tradizionali”. Il carattere manicheo del discorso brasiliano del ridicolo politico si caratterizza in quanto presentato attraverso dicotomie riduttive, in una specie di unità dialettica di opposti.

 

Così, fin dal primo giorno del suo governo, Bolsonaro e i suoi ministri fabbricano uno spettacolo contro ciò che concepiscono come “altro”, colui che non è soggetto di diritti poiché non inquadrato nell’estetica del “cittadino per bene”.

 

In questa strategia discorsiva, colui che diverge dallo standard – la donna, il non bianco, il periferico, l’omosessuale, il transgender – diventa abietto. L’abiezione, nello scenario del ridicolo politico brasiliano, può essere tradotta come ciò che è rifiutato ed espulso dal soggetto[11], in quanto disturba la sua identità, la stabilità del sistema, l’ordine binario del “buono e del cattivo cittadino”. L’abietto è colui che non rispetta i limiti pre-configurati: è l’ambiguo che minaccia, che rappresenta il pericolo perpetuo dinanzi a una distribuzione storica di posizioni disuguali, così che tali esistenze devono essere silenziate con l’esclusione. Gli esempi di ridicolo politico manifestati in questa falsa dicotomia fin dai primi giorni del Governo Bolsonaro sono molti.

La ‘Pastora’ Evangelica Damares Alves, Ministro della “Donna, Famiglia e Diritti Umani” ha affermato che «i bambini si vestono di azzurro e le bambine si vestono di rosa», alludendo alla lotta alla diversità sessuale e di genere. Questo discorso vorrebbe ricondurre la popolazione LGBTQIA* a una esistenza impossibile. Gli argomenti a sostegni delle differenze di genere sono stati inoltre espunti dalle direttive federali sui Diritti Umani. Lo stesso Ministro Alves aveva già manifestato il suo manicheismo nell’opposizione scienza e religione, prendendo parola contro l’insegnamento della teoria dell’evoluzione nelle scuole. Si deve evidenziare che la violazione della laicità statale si manifesta anche per le prese di posizione nei confronti delle altre religioni. Quelle che sono frutto del sincretismo non-bianco, come alcune di matrici afro-brasiliane e indigene, per esempio, sono considerate abiette, non incorporate allo slogan di Bolsonaro: “Brasile al di sopra di tutto. Dio al di sopra di tutti”, in cui la bandiera del Brasile è inserita al lato della bandiera di Israele.

Il “bianco” è considerato anche come lo standard culturale del soggetto di diritto, in modo che il non-bianco è disumanizzato in termini discorsivi dicotomici, imposto come il non civilizzato. Il Vice Presidente, Generale Antônio Hamilton Mourão, ha affermato che uno dei problemi culturali del Brasile è stato quello di aver ereditato l’indolenza dall’indio e la furbizia dall’africano. Proprio Bolsonaro è stato denunciato dalla Procura Generale della Repubblica, nell’aprile del 2018, a causa delle affermazioni razziste in una conferenza realizzata nel Club Hebraica di Rio de Janeiro, in cui paragonava neri a schiavi, misurati attraverso ‘arrobas[12] e affermava che «loro non servono più neanche come procreatori». In quella occasione disse che, se eletto presidente, non sarebbe esistito più nemmeno «un centimetro riservato» per le riserve indigene o per la comunità ‘quilombolas’[13].

 

 

 

Questo si è concretizzato in politiche pubbliche nel primo giorno del governo Bolsonaro. La ‘Fundação Nacional do Índio (FUNAI)’, organo Statale responsabile della protezione della popolazione indigena brasiliana, ha visto svuotata la sua competenza: l’identificazione e demarcazione di terre, adesso, sarà realizzata dal Ministero della Agricoltura comandato dal Ministro Tereza Cristina, legata ai ‘ruralistas’, che sono i protagonisti del massacro della popolazione indigena. Nello stesso senso, le comunità ‘quilombolas’, che erano individuate dall’Instituto Nacional de Colonização e Reforma Agrária (INCRA), saranno anche delimitate dal Ministero della Agricoltura, guidato dai latifondiari eredi della élite bianca che ha usufruito della schiavitù coloniale.

 

Anche il riferimento alle donne come “altro inferiore” è costante nel ridicolo politico del Governo Bolsonaro. Lo stesso Ministro Damares Alves ha già dichiarato che la società ideale è quella in cui la donna resta in casa per prendere cura dei figli, perché questa nasce destinata a essere madre.

 

Questo rinforza la divisione sessuale del lavoro[14], concetto tanto combattuto dalle lotte femministe, che mirano a decostruire narrative univoche della soggettività femminile.

Ancora una volta viene usata la risorsa manichea gerarchizzata tra uomini e donne e tra “donne di famiglia” e “donne femministe”, sintetizzata in questa dichiarazione del figlio di Jair Bolsonaro, Eduardo Bolsonaro, deputato federale eletto e il più votato nella storia del Paese: «Io comincio a capire l’importanza della figura maschile nella vita di una donna quando la mia ex-fidanzata, che prima si dichiarava femminista, è stata vista in una festa LGBT accompagnata da un medico cubano, vestita in modo volgare e, come se non bastasse, ballando sessualmente. E, oltre tutto, pubblica il tutto su internet, come se fosse un comportamento lodevole. Ricordando che, prima d’essere femminista, si vestiva in modo discreto, non ballava così ed era la mia fidanzata. #Femminismo è Malattia”[15].

Si deve evidenziare che le “donne di famiglia” devono includersi nello standard del colore bianco, posizione indicata proprio Jair Bolsonaro, in un’intervista concessa a una rete nazionale della televisione. Ha dichiarato che «i suoi figli non corrono il rischio di innamorarsi di donne nere, perché sono stati educati molto bene». In questo modo, vige, anche, nel ridicolo politico discorsivo bolsonarista, la discriminazione intersezionale della donna nera, risultato dalla colonialità di genere[16], che riduce i loro corpi in oggetto sessuale o come manodopera precaria nel mercato di lavoro brasiliano.

Questa non è stata l’unica volta che Bolsonaro si è manifestato in forma misogina e maschilista. Nella stessa conferenza, in 2018, nel Club Hebraica di Rio de Janeiro, ha affermato che la sua unica figlia ha rappresentato «una debolezza», poiché, tutti gli altri suoi figli sono uomini. Nel 2015, come deputato federale, in un’intervista al giornale “Zero Hora”, ha affermato che non è giusto che la donna guadagni lo stesso stipendio dell’uomo, in quanto lei resta incinta, penalizzando, così, economicamente, il datore di lavoro. Si evidenzia che, giuridicamente, non è il datore di lavoro il responsabile per il pagamento delle spese della maternità, perché in Brasile è responsabilità dell’Istituto Nazionale dell’Assicurazione Sociale (INSS), in quanto si tratta di un beneficio previdenziale. Questo trasforma l’affermazione dell’attuale presidente in scandalosa e non veritiera, seguendo le regole del gioco del ridicolo politico.

Infine, si deve mettere in evidenza l’emblematico caso in cui Bolsonaro ha affermato, nel Congresso Nazionale plenario, nel 2014, che la deputata federale del Partito dei Lavoratori, Maria do Rosário, non meritava essere stuprata perché era «molto brutta». A causa di questa dichiarazione, Bolsonaro è stato condannato dal Tribunale Superiore di Giustizia a pagare un indennizzo per danni morali del valore di diecimila reais. È stato accusato dal Supremo Tribunale Federale di apologia di stupro e ingiuria.

In questo senso, non è stato per caso che il movimento #elenão [lui no] si è diffuso con tanta forza nelle reti sociali del mondo e nelle strade del Brasile, all’epoca delle elezioni presidenziali. Il protagonismo femminista nelle resistenze ha reso effettivo quello che i sindacati e i partiti politici delle sinistre sono stati incapaci di fare: articolare le lotte di classe con le lotte di identità, mediante la diffusione di femminismi espansivi che cercano di rendere effettivi i diritti sessuali e riproduttivi, combattendo la violenza maschile, così come la precarietà del lavoro, la disuguaglianza del valore degli stipendi, le politiche di omo transfobia, razzismo e xenofobia.

Frattanto, la subalternità discorsiva della donna, che trova ospitalità nel ridicolo politico, viene anche istituzionalizzata nel nuovo Governo. Innanzi tutto, si deve specificare, in termini di rappresentatività, che non esistono donne nere o indigene nel Governo Bolsonaro. Due donne bianche, assumono due Ministeri – le sopra menzionate Damares Alves e Tereza Cristina – riproducendo discorsi di perpetuazione di gerarchie socioeconomiche e di genere in Brasile.

È interessante osservare che, nello spettacolo del ridicolo, c’è la strumentalizzazione dell’immagine di certe minoranze, rappresentate dalla presenza di due donne nei Ministeri; dalla moglie del presidente che nel giorno dell’insediamento presidenziale traduceva il suo discorso nel linguaggio dei segni; da due uomini neri in posizione mediatica defilata, sempre nello stesso giorno (il traduttore del linguaggio dei segni e il deputato statale protetto da Bolsonaro, Hélio Fernado Barbosa Lopes, “Hélio Negão”). Questi mettono in scena una pluralità decorativa.

Pluralità decorativa, perché, nelle politiche pubbliche, l’abietto-dicotomico del femminile è sempre stigmatizzato dal governo Bolsonaro. Lo stesso Ministro Damares Alves ha dichiarato il 3 gennaio, in un’intervista alla rete televisiva nazionale, che la priorità del suo Ministero è l’approvazione dello Statuto del Neonato (Progetto di Legge nº 478/2007). Lo Statuto era sotto la cura dell’ex-presidente della Camera dei Deputati, Eduardo Cunha, condannato per crimini di corruzione, leader del colpo politico che è culminato con la deposizione del Presidente Dilma Rousseff, altro episodio segnato dal maschilismo politico brasiliano. Il progetto prevede nel suo articolo 13, popolarmente conosciuto come “bolsa estupro”, un incentivo economico alle donne gravide vittime di violenza sessuale per non fare l’aborto. Stabilisce quindi, con l’articolo 24, la criminalizzazione dell’aborto in caso di stupro. Infine, secondo Damares, la donna ha riconosciuta la sua soggettività femminile soltanto se procrea e esercita la maternità.

Il 2 gennaio, il Ministero dell’Educazione ha pubblicato le disposizioni con le nuove linee guida per la produzione di libri scolastici. In queste, oltre a non esigere più i riferimenti bibliografici che assicurino credibilità delle informazioni dei libri didattici, si permette la propaganda e si vietano contenuti che promuovano la cultura quilombola. Si esclude inoltre qualsiasi impegno educativo relativo alla lotta e alla prevenzione della violenza contro la donna, il quale sarebbe una specie di “indottrinamento di sinistra”.

 

 

L’assurda esclusione dell’impegno educativo per arginare la violenza contro le donne, si è riflessa negativamente nell’immagine fabbricata della “fragile donna di famiglia”, che ha causato indignazione nei settori dello stesso governo Bolsonaro.

Il risultato è stato l’annullamento delle disposizioni, secondo una strategia già naturalizzata nel ‘nuovo’ Governo e anche questa parte della performatività del ridicolo politico: il ritirarsi. Nei primi nove giorni di governo sono stati realizzati nove ritiri di politiche annunciate. Questo fa in modo che queste messe in scena ridicole, oltre a creare disinformazione, siano viste come frutto della mancanza di preparazione e della ingenuità, effetto dell’ignoranza. In verità, servono a una estetica di progetto di potere, organizzata per tollerare e rendere invisibile il retrocedere dei diritti fondamentali.

Sul sequestro dei diritti fondamentali nel ridicolo politico bolsonarista si deve mettere in evidenza la falsa dicotomia tra flessibilizzazione di diritti sociali e crescita economica, già utilizzata per l’approvazione della “Reforma Trabalhista” [Riforma del Diritto del Lavoro], (Legge nº 13.467/17) del Governo Temer. Si usa un presunto consenso[17] sul fatto che i diritti del lavoro e della previdenza sociale sono un ostacolo alla crescita economica, essendo imprescindibile la “modernizzazione” dei sistemi di protezione statali. Si genera un laissez-faire integrale, comprimendo spese pubbliche, per la piena armonizzazione della libera concorrenza[18].

In questo senso, la nozione di austerità si configura come la connessione tra problemi sistemici finanziari e le richieste imposte alla classe dei lavoratori, in una specie di colpevolizzazione della povertà. Così si mimetizza il discorso che soltanto attraverso sacrifici soggettivi e obiettivi dei lavoratori si trova l’alternativa e la soluzione della crisi economica[19].

 

La tensione duale creata tra esistenza di diritti sociali e crescita economica è propagandata dallo stesso Bolsonaro, che ha già affermato: «il lavoratore dovrà scegliere tra diritti e occupazione».

 

Il risultato di questo è stata l’abolizione incostituzionale del Ministero del lavoro, che ha visto le proprie funzioni frammentate in altri tre ministeri: economia, cittadinanza e giustizia. È stata proposta l’eliminazione dei Tribunali del Lavoro, con la falsa affermazione che esistono solo in Brasile. L’annunciata riforma delle pensioni è stata definita come priorità del governo, con una previsione di aumento dei tempi di contribuzione e dell’età dei lavoratori, ma senza includere la previdenza dei militari.

In conformità al discorso dell’insediamento presidenziale, il governo Bolsonaro sarà basato sul liberalismo contro il socialismo che esistente in Brasile, presentando un’altra opposizione bizzarra nella sua oppressiva ignoranza populista. Andando oltre l’imbecillità che afferma l’esistenza di un socialismo in Brasile, è affascinante come il liberalismo adottato nelle sue politiche pubbliche sia paradossale e selettivo. Il non intervento dello stato in economia – tradotto nella privatizzazione d’imprese – e il già annunciato decreto che facilita l’armamento del “cittadino per bene”, in nome della libertà di protezione dell’individuo, convivono con la restrizione di diritti civili, attraverso la militarizzazione e un discorso politico favorevole alla tortura.

 

Nonostante tante contraddizioni e discorsi riduttivi, il ridicolo politico di Bolsonaro ha conquistato adesioni da parte della popolazione, quando egli è riuscito a produrre un’immagine di candidato contro il sistema, attraverso le fake news che circolavano su whatsapp. Questo ha creato un secondo canale nella sua compagna elettorale suggerendo una nuova politica contro una vecchia politica.

 

È interessante provare a capire come un individuo, deputato da 28 anni, con una partecipazione parlamentare mediocre, sia riuscito ad associarsi nell’immaginario a qualcosa di nuovo nella vita politica.

Lo slogan vuoto per la lotta contro la corruzione, reso ipertrofico dalla operazione Lava-jato, attivo anche nel colpo di stato politico contro Dilma Rousseff, è stato il principale discorso alienante del ridicolo bolsonarista. Il giudice responsabile dell’operazione indicata, Sérgio Moro, è diventato Ministro della Giustizia del Governo Bolsonaro.

La corruzione, già prima dell’insediamento di Bolsonaro, permeava la ‘nuova politica’ con lo scandalo dell’ex-assessore di suo figlio Flávio Bolsonaro, Fabricio Queiroz. Questo è accusato dal Consiglio di Controllo delle Attività Finanziarie (COAF) di appropriazione privata di risorse pubbliche, attraverso la deviazione di parte della retribuzione dei dipendenti pubblici dall’Assemblea Legislativa di Rio de Janeiro, nominati in posizioni di fiducia, in combutta con tutta la famiglia Bolsonaro. Sempre su questo caso, il 21 gennaio 2019, la stampa brasiliana ha evidenziato il possibile rapporto tra Flávio Bolsonaro e il gruppo di milizie ‘Escritório do Crime’, sospettato nel coinvolgimento nell’omicidio della deputata Marielle Franco[21] e del suo autista Anderson Gomes, il 14 marzo 2018. Raimunda Veras Magalhães e Danielle Mendonça da Costa da Nóbrega, ex-assessori dell’ufficio di Flávio Bolsonaro nell’Assemblea legislativa di Rio de Janeiro, sono, rispettivamente, la madre e la moglie del capitano Adriano Magalhães da Nóbrega, uno dei leader del ‘Escritório do Crime’, che fino a questo momento è fuorilegge.

Pertanto essere “contro la corruzione” è l’apice della ignoranza populista nello scenario ridicolo politico brasiliano, perché dice tutto e non dice niente. Sequestra istanze popolari in un ordine del giorno astratto, alienante e funziona come un dispositivo potente di cattura della soggettività[22] della classe dei lavoratori.

Dinnanzi a tante false dicotomie che rendono possibile la caricatura imbecille del Governo Bolsonaro, l’attuale politica brasiliana crea malessere agli spettatori riluttanti. Malessere, ripudio, disgusto: sentimenti che sono conseguenza della strategia discorsiva del ridicolo politico e ci allontanano dalla politica[23]. Quindi, paradossalmente, la politica è diventata l’abietto attraverso la performatività del ridicolo e ci lascia anestetizzati, in quanto il disgusto ci cancella[24].

Quando la politica attraverso la discorsività del ridicolo ci zittisce, sostenuti da fabbricati consensi binari, è necessario scardinare questa divisione preconfigurata dei corpi sociali[25]. Realizzare una disidentificazione attraverso il dissenso, producendo altre politiche multiple, non poliziesche[26].

Per questo, una comunità politica richiede azioni comunicative ed estetiche che permettano la costituzione di situazioni enunciative nelle quali i soggetti possano mettere in questione la dualità di un preteso consenso standardizzato. Allo stesso tempo, si può avere la possibilità di transitare tra le esperienze di confine che dividono e connettono i soggetti. L’arte e l’ironia, per esempio, sono dispositivi potenti per operare un nuovo ritaglio di spazio materiale e simbolico della politica brasiliana:

 

Laerte (artista e fumettista transgender brasiliana)

 

 

Traduzione di Anna Maria Priolisi

Note

[1] TIBURI, Márcia, Ridículo político: uma investigação sobre o risível, a manipulação da imagem e o esteticamente correto. Rio de Janeiro, Record: 2018.

[2] Ibidem.

[3] Ibidem.

[4] Ibidem.

[5] I gruppi subalterni si riferiscono all’espressione classi subalterne di Antonio Gramsci, come categorie escluse dal potere. Spivak sottolinea che non dovremmo teorizzare un soggetto monolitico subordinato, poiché la subalternità si riferisce a soggetti eterogenei che costituiscono gli strati inferiori della società, costituiti dalle modalità specifiche di esclusione del mercato, dalla rappresentanza politica e legale. SPIVAK, Gayatri Chakravorty, Pode o Subalterno Falar? Belo Horizonte: Editora UFMG, 2010.

[6] Acronimo per Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender, Queer, Intersessuali, Asessuali, che affrontano le esperienzere lative all’orientamento sessuale e all’identità di genere, in continua espansione, motivo per cui viene utilizzato “*”.

[7] L’intersezionalità, un concetto frutto di studi femministi, confuta la chiusura dei grandi assi della differenziazione sociale e postula la sua interazione nella produzione e riproduzione delle disuguaglianze.

[8] João Dória è stato sindaco ed è l’attuale governatore dello stato di São Paulo.

[9] WEINMANN, Amadeu de Oliveira; CULAU, Fábio Vacaro, Notas sobre o politicamente correto. Estud. pesqui. psicol. vol.14 n.2 Rio de Janeiro, ago. 2014.

[10] L’espressione Nord è impiegata qui nel suo senso politico e non geografico. È una critica fatta dai gruppi decoloniali che promuovono un movimento epistemico di liberazione dall’Eurocentrismo, che, anche dopo la fine dela colonizzazione dei popoli del Sud, continua a perpetuare la cultura europea come una conoscenza superiore e civilizzata.

[11] KRISTEVA, Julia, Pouvoirs de l’horreur: Essai sur l’abjection. Paris: Éditions du Seuil, 1980.

[12] Misura di peso utilizzato per la vendita di schiavi nel Brasile coloniale.

[13] I quilombos erano centri di resistenza degli schiavi neri che fuggirono dai lavori forzati nel Brasile coloniale. Secondo l’articolo 2 del decreto n. 4.887/03, quilombo la sono gruppi etnici-razziali considerati residui delle comunità del quilombo, secondo criteri di auto-attribuzione, con la propria traiettoria storica, con specifiche relazioni territoriali, con una presunzione di ascendenza nera legata alla resistenza all’oppressione storica sofferta. Ai sensi dell’articolo 68 Atto delle Disposizioni Costituzionali Transitorie (ADCT) della Costituzione Federale Brasiliana, al popolo restante delle comunità di quilombos che occupano le loro terre è riconosciuta la proprietà definitiva.

[14] La divisione sessuale del lavoro ha come caratteristica la designazione prioritaria degli uomini alla sfera produttiva e delle donne alla sfera riproduttiva, caratterizzata da due principi organizzativi: il principio di separazione – ci sono tipi di lavoro che possono essere fatti solo da uomini e altri solo da donne – e il principio gerarchico – il lavoro dell’uomo ha sempre più valore dell’opera della donna. HIRATA, Helena; KERGOAT, Danièle, Novas Configurações da Divisão Sexual do Trabalho. Cadernos de Pesquisa, v. 37, n. 132, pp. 595-609, set./dez. 2007.

[15] Commento pubblicato da Flávio Bolsonaro su Twitter l’11 luglio 2017 sulla giornalista Patricia Lélis, che lo ha denunciato all’Ufficio del Procuratore Generale per violenza domestica.

[16] La colonialità di genere rappresenta l’oppressione del genere (razzista e capitalista), originata dalla complessa interazione di sistemi economici, razzializzanti e maschilisti generati dalla colonizzazione delle Americhe e ancora perpetuati nel Brasile contemporaneo.

[17] In una ricerca condotta da Baccaro e Rei, utilizzando i dati di diciotto paesi membri dell’OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development) tra il 1960 e il 1998, si è concluso attraverso test econometrici che non vi è alcuna prova che le leggi protettive dei lavoratori causino disoccupazione o recessione economica. Institutional Determinants of Unemployment in OECD Countries: Does the Deregulatory View Hold Water? International Organization 61, Summer, pp. 527–69. The IO Foundation, 2007.

[18] PAULANI, Leda Maria, Uma ponte para o abismo, in: JINKINGS, Ivana; DORIA, Kim; CLETO, Murilo (orgs.). Por que gritamos golpe? Para entender o impeachment e a crise política no Brasil. São Paulo: Boitempo, 2016.

[19] FERREIRA, Antônio Casimiro, A sociedade de austeridade: Poder, medo e direito do trabalho de exceção. Revista Crítica de Ciências Sociais, 95, Dezembro 2011.

[20] Sul sistema di tangenti all’interno dell’azienda petrolifera statale Petrobras

[21] Marielle Franco era una donna nera, periferica e lesbica, un’attivista dei diritti umani, cioè possedeva tutti gli elementi costitutivi dell’abietto costruito dal ridicolo politico brasiliano.

[22] Secondo il sociologo brasiliano Giovanni Alves, non è solo il “fare” e “conoscere” del lavoratore che viene catturato dalla logica del capitale, ma la sua disposizione intellettuale-affettiva viene mobilitata per cooperare con la logica della valorizzazione. In questo modo, il capitalismo contemporaneo crea con raffinatezza l’identificazione del lavoratore con l’azienda, e non tra gli stessi lavoratori, distorcendo valori come la collaborazione e la lealtà, sovvenzionati dal capitale culturale. ALVES, Giovanni, Trabalho e mundialização do capital: a nova degradação do trabalhonaera da globalização. Londrina: Praxis, 1999.

[23] TIBURI, Márcia. Ridículo político, cit.

[24] Ibidem.

[25] RANCIÈRE, Jacques, O desentendimento: política e filosofia. Paris: Editora 34, 1996.

[26] Ibidem.