MONDO

Donald Trump

Registro e moschetto

Jonesbor, Columbine, Appalachian, Virginia Tech, Sandy Hook, e da oggi la Marjory Stoneman Douglas High School di Parkland, in Florida.

Sono tutti nomi di scuole elementari, medie, licei, università. Luoghi dove i ragazzi dovrebbero imparare attraverso la cultura a conoscere, studiare, riconoscere e a non scegliere la violenza. La scuola appunto: un luogo sicuro di formazione, di scambio, di contaminazione etnica, sociale e culturale. Un luogo vitale per eccellenza.

Ed invece questa lista, ben più numerosa di quella sopracitata, di cui la Stoneman Douglas è solo l’ultima in ordine cronologico, lascia dietro di sè centinaia di ragazzi, studenti e docenti uccisi sotto i colpi di armi da fuoco all’interno dei complessi scolastici.

Anche in questo caso, il giovane 19enne Nicholas Cruz ha utilizzato un mitra d’assalto AR 15 per mettere in atto il suo piano stragista, un’arma semi automatica, versione ”civile” di quella utilizzata dalle forze speciali statunitensi. Alla fine si conteranno a terra 17 morti e decine di feriti.

Nicholas Cruz, aveva problemi mentali, era stato allontanato dall’istituto perché considerato una minaccia per gli altri studenti. Era conosciuto per la sua attitudine violenta, per la sua adesione a gruppi di suprematisti bianchi e per la sua passione verso le armi, condivisa pubblicamente attraverso i social.

Si potrebbe discutere a lungo su quanto realmente siano condivise le responsabilità per questa ennesima tragedia: un ragazzo disagiato, il mito della violenza, la scuola che lo ha cacciato perché problematico, (anziché attivare seri sistemi di inclusione scolastica per casi border-line), il razzismo, la vendetta. Ma prima di ogni altra cosa, Nicholas Cruz, come detto dal padre di una delle giovani vittime, “non poteva legalmente comprare una birra, e non avrebbe mai dovuto possedere legalmente un’arma.”

Un ragionamento tremendamente semplice, ma allo stesso tempo incredibilmente difficile da comprendere per la maggior parte dei membri del congresso e per alcuni strati della società americana.

E poi c’è lei, la  N.R.A. (National Rifle Association), la regia occulta di questo sistema che permette agli Stati Uniti di vedere circolare liberamente sul suo territorio nazionale, più di 10 milioni di armi semiautomatiche, vendute liberamente anche ai minorenni e praticamente senza alcuna forma di controllo medico-sanitario o giuridico.

Un colosso capace di smuovere interessi per miliardi di dollari, finanziatrice di numerosissimi congressisti, sia repubblicani che democratici, ed ovviamente, tra i principali sponsor del tycoon newyorkese

Dopo la tragedia il presidente Trump ha subito stigmatizzato l’accaduto, giocando d’anticipo, e con lo stile che lo caratterizza, ha prima definito la strage dell’attentatore come “il gesto isolato di un folle”, arrivando successivamente persino ad attaccare i compagni di scuola per non averne preventivamente denunciato le anomalie comportamentali alle autorità.

Si è spinto anche oltre. Nei giorni seguenti, durante un incontro con familiari e sopravvissuti delle più recenti stragi scolastiche, “The Donald” è arrivato ad ipotizzare un programma federale per far sì che almeno il 20% del corpo docente abbia la possibilità di portare armi da fuoco in aula. Più nello specifico il presidente americano è arrivato a definire ” una scuola senza insegnanti armati” come “un luogo di codardi, che proprio in virtù della mancanza di una sicurezza armata sarebbe per sua stessa natura un facile obiettivo per persone malate”.

Già… malate e soprattutto armate.

Al fuoco si risponde col fuoco, anche in classe.

Il professore dovrà essere responsabile, insegnate ed educatore, ma allo stesso tempo anche un po’ “Walker Texas Ranger”, perché il rispetto, la disciplina e la sicurezza in quest’America sono più a portata di mano con una pistola nella fondina, nel cruscotto dell’auto, o in un cassetto della scrivania in ufficio.

E secondo Trump e i falchi lobbisti della NRA, anche a scuola, con un’arma automatica appoggiata sulla cattedra, a fianco al registro, mentre si legge l’appello.

Magari prima di iniziare la lezione di storia, dove si spiegherà il capitolo su Martin Luther King.