Reddito di base vs Povertà

L’Italia è povera, lo dice l’Istat. L’alternativa: reddito di base e welfare universale.

L’Italia è povera: il rapporto annuale dell’Istat, reso pubblico quest’oggi (22.05), ci racconta, senza troppi equivoci, questa verità.

Meglio, è povera una generazione, largamente più formata di quella che l’ha preceduta. Solo il 57,6% dei laureati o dei diplomati (tra i 20 e i 34 anni) lavora entro 3 anni dal completamento del proprio percorso formativo. La media europea è del 77%. E ce ne è un altro, poi, di primato italiano: i Neet (Not employment education or training) hanno raggiunto, nel 2012, quota 2 milioni 250 mila, il 23,9% dei giovani compresi tra i 15 e i 29 anni. “Impoveriti”, i primi, forza-lavoro qualificata disoccupata o precaria; “intrappolati”, i secondi, i cosiddetti Neet. È il ritratto, insopportabile, di una generazione.

Non è casuale dunque l’occupazione degli uffici dell’Inps di Roma da parte di giovani precari, studenti, disoccupati. Proprio oggi, che l’Istat rende pubblico il suo rapporto annuale; proprio oggi che, il ministro del Lavoro Giovannini (ex presidente dell’Istat, tra l’altro), incontra le parti sociali per rivedere, in modo regressivo, la già pessima riforma Fornero.

Al disastro generazionale guarda la Grosse Koalition all’italiana e si propone di ridurre dell’8% la disoccupazione giovanile. Come? Limitando il periodo di sosta necessario tra un contratto a tempo determinato e l’altro; riproponendo, senza risorse, il mantra delle politiche attive; ipotizzando una staffetta giovani-anziani nelle aziende. Fuffa.

Contro le menzogne del governissimo e il disastro sociale imposto dalle politiche di austerity, l’occupazione dell’Inps parla chiaro: ci vogliono reddito di base e welfare universale per cambiare rotta!

Di reddito di cittadinanza in questi mesi ne hanno parlato in molti, persino Letta nel suo discorso di insediamento. Nel caso del presidente del Consiglio, si tratta di un sussidio per le famiglie povere e con tanti figli; negli altri casi, per la maggior parte, di misure di workfare che, sul modello inglese, scambiano reddito con controllo, valutazioni, sanzioni. Di più: si può usufruire del sussidio, per poco tempo, intendiamoci, a patto di accettare qualunque lavoro ti venga poi offerto dagli enti che si occupano di politiche attive, indipendentemente dal livello retributivo e dal tipo di lavoro. Workfare significa né più né meno che governo della povertà.

Reddito di base e welfare universale, invece, sono pretese redistributive contro il saccheggio neoliberale che sta devastando l’Europa intera, più in particolare i Piigs di cui l’Italia è parte. Le risorse ci sono, basta smettere di salvare le banche (Mps in primis), eliminare le spese militari, fermare la Tav in Val Susa e tutte le altri inutili e costosissime «grandi opere». E ancora: far fuori i super-stipendi di top manager e funzionari pubblici, primo fra tutti Mastrapasqua, presidente dell’INPS che, oltre ad occupare 25 poltrone, porta a casa 1,2 milioni di euro l’anno.

In verità, non tutta l’Italia è povera, c’è una casta, di cui quella politica è solo la parte più rumorosa ma meno potente, che povera non è. È la stessa casta europea fatta di banchieri, top-manager, funzionari della rendita. L’alternativa è secca: o loro o la società. Chi occupa, rompe la legalità e si mobilita, ha scelto la sua parte.

Pubblicato su HuffingontPost