ITALIA

Rave e questione ambientale, l’esperienza dei Kernel Panik

Il teknival di Valentano ha ricevuto diverse critiche per il suo impatto ambientale. Non è la prima volta che questo tema, di fondamentale importanza, viene sollevato intorno al mondo dei free party. Per capire se intorno a esso esista una riflessione abbiamo intervistato lo storico collettivo dei Kernel Panik, da oltre 20 anni a 180 Bpm

Il teknival Space travel che si è svolto ad agosto nelle campagne di Valentano ha creato un grosso dibattito, a livello politico e sociale, e sollevato diverse questioni. Alcune critiche si sono concentrate sull’impatto ambientale della festa. Non è la prima volta che questo problema si pone rispetto al mondo dei free party. Per capire se all’interno del variegato movimento rave esista una riflessione sul tema, che a noi pare una sfida decisiva, abbiamo parlato con lo storico collettivo dei Kernel Panik, che da oltre 20 anni fa ballare al ritmo di 180 Bpm migliaia di persone. 

Rave e natura sono in contraddizione?  

Non crediamo che queste due parole siano in conflitto o lo siano mai state. Sono cambiate un po’ le dinamiche storiche e sociali. In Italia si è passati dal movimento rave a quello traveller a cavallo tra gli anni Novanta e 2000, questo periodo ha portato tante trasformazioni. Prima il concetto della Taz era usato anche come forma di denuncia e i posti dove venivano fatte le feste erano fabbriconi abbandonati in zone suburbane, posti lasciati lì a morire e deteriorarsi dai proprietari senza nessun tipo di preoccupazione, senza nessun tipo di sicurezza per il paesaggio circostante. Mostri giganti abbandonati senza che nessuno ci facesse nulla. Ci si arrivava – prima in 500, poi in 1.000 e alla fine in 5.000 – e si ridava vita a quel posto, lo si occupava temporaneamente, lo si rimetteva al centro della discussione. In qualche caso si cercava anche di finire di distruggere, costringendo altri ad aprire gli occhi su scenari suburbani di uno squallore disarmante. Uscivano articoli, l’informazione ci “giobbava”, ma spesso si tornava a parlare di realtà scomode e questo in sé era già una bella rivincita su un sistema che vedeva già un business fruttuoso su qualunque aspetto della vita, incluso quello ludico, quello legato all’empatia umana o la voglia di sentire musica senza spendere un centesimo. Quel contenitore che erano i rave in quegli anni custodiva  schegge di tutto il movimento: punk, compagni, anarcopazzi, reietti, creativi e tutto ciò che bolliva in pentola. 

South side mission, i Kernel Panik in Patagonia (2008)

Poi che è successo?

Negli anni successivi, quando si sono affacciate le prime tribe e i primi camion, è cambiato tutto. C’era la necessità di trovarsi in posti più grandi, evitare il più possibile le zone urbane e trovare spazi dove poter “bivaccare” più a lungo possibile. Si arrivava dopo un lungo viaggio e si creava una specie di babilonia su ruote, sound, sculture e gente di tutte le nazionalità. I teknival sono un po’ il frutto di questo: appuntamenti europei, dove c’era un mucchio di gente di tutti i tipi, dagli autoctoni a quelli venuti con il fantastico “bigliettone” o in Panda da Catanzaro. Ma la maggior parte erano persone che già vivevano o iniziavano a vivere una vita nomade nei camion, inglesi per lo più, ma anche francesi, tedeschi e infine qualche italiano. Vivendo  nei camion devi capire in fretta come riuscire a convivere con l’ambiente che ti circonda. All’inizio è tutta un’avventura ma, se diventa realmente uno stile di vita, ci sono parecchie cose che ti avvicinano alla natura.

C’è un paradosso iniziale nel vivere in mezzi che vanno a diesel e quindi sicuramente poco ecologici, ma il concetto era quello di spostarsi da una parte all’altra, vivendo lunghi periodi con i camion parcheggiati, spesso in scenari naturali fantastici, e muoversi in bicicletta o molte volte a piedi per tutto quello che riguardava la quotidianità. Spesso si fa una scelta legata più ai piccoli produttori che ai grandi supermercati, si fa girare più una micro economia locale che le grandi multinazionali. Motivo per cui molti sound ancora boicottano la Coca-Cola e creano improbabili Cuba libre con le meglio cole di tutta Europa. In un camion, se si vuole, si può usare solo una tanica d’acqua al giorno, dosandola bene e non sprecandola.

Il consumo può essere minimo. Sul discorso pannelli solari eravamo all’avanguardia già 20 anni fa. Del riciclo molti hanno fatto un’arte e anche questo entra in un discorso ecologico non indifferente. Cioè, facendo quel tipo di vita si impara presto che va rispettato l’ambiente in cui vivi, non puoi fare i tuoi bisogni senza coprirli con una pala, non puoi accumulare monnezza perché vengono i topi, non puoi lasciare la tua monnezza di fronte alla casa di chi ti ha ospitato. E quindi piano piano si impara a occuparsi di ciò che ci sta intorno. 

E rispetto all’organizzazione dei rave?

Tutto questo in un certo modo si è ripercosso anche sull’attenzione a come organizzare e cercare di gestire una festa creando meno danni possibile. Abbiamo sempre aborrito feste in parchi naturali, riserve e quant’altro. Non dico che in passato nessuno ci sia cascato, ma diciamo che sicuramente siamo più attenti noi dei megafestival goa commerciali organizzati al centro di foreste tropicali o dei concerti nelle zone riproduttive di uccelli in via d’estinzione. Molti nel movimento hanno abbracciato il vegetarianismo o il veganismo tanti anni prima delle cotolette bio della Valsoia. Spesso chi viaggia su quattro ruote o in bicicletta ha la possibilità di vedere tanti posti, conoscere persone e questo non può che sensibilizzare ancora di più. Spesso dove prima c’erano paradisi naturali, ora ci sono sporcizia, turismo ossessivo o abbandono totale, tumori… insomma viaggiando così è più facile entrare a contatto con realtà che fanno riflettere. 

Negli ultimi anni ci sono stati cambiamenti all’interno delle feste dal punto di vista ambientale?

Riguardando flyer di vecchie feste non possiamo non notare la scritta «Respect the nature», «Don’t bring your dog down the speaker». Alcuni con disegni espliciti su come coprire i propri bisogni, raccogliere spazzatura, rispettare gli animali. Quindi sì, pensiamo che nel movimento rave, quello evoluto, ci sia un’attenzione particolare nel cercare di lasciare il posto nelle migliori condizioni possibili. Si cerca di prendere plastica biodegradabile e le bottiglie di vetro sono bandite da anni. Ovviamente il movimento è vasto e pieno di punti di vista molteplici. Intendiamoci, qualcuno ogni tanto toppa, ma qualcosa si continua a tramandare e c’è maggior attenzione anche da parte dei più giovani.

In copertina un’immagine del Bordel23. Tutte le foto sono tratte dalla pagina Facebook Kernelpanik sound