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Pratiche Queer e Gender’s Strike verso l’8 marzo

Venerdì alle ore 18.30 a Esc Atelier il Tavolo Lavoro e Welfare di Non Una Di Meno Roma presenta il libro: Il genere tra neoliberismo e neofondamentalismo a cura di Federico Zappino.

Particolarmente felice è stata la pubblicazione nell’autunno 2016 del libro polifonico curato da F. Zappino Il genere tra neoliberismo e neofondamentalismo (Ombre Corte), nel momento in cui di lì a poco si è assistito a livello globale a una potente riemersione dei movimenti femministi e LGBTQ, dall’Argentina alla Polonia, dal Messico alla Turchia, dal Cile all’Islanda, dal Brasile all’Italia, passando per gli Stati Uniti. Il libro, infatti, affronta analiticamente le interazioni complicate tra la “razionalità neoliberista” e potenti risacche neofondamentaliste, di cui la violenza sulle donne incarna un esempio tra i più palesi, assieme alle medievali regressioni in tema di libertà di scelta, aborto, salute, omosessualità e transgender, controllo dei corpi.

Il libro ha il merito, da un lato, di analizzare in forma situata i limiti del prodotto mostruoso microfascista e talvolta palesemente neofascista dell’ordine del discorso liberale, dall’altro di individuare una serie di strumenti teorici che possono attivarsi come vere e proprie armi pratiche di liberazione, mediante la sovversione della norma eterosessuale, la decostruzione della scissione binaria tra i generi e di tutte le identità precostituite e imposte, lo sciopero dei/dai generi.

La potenza del testo si è rivelata anche nell’ampio dibattito che ha suscitato e tra cui segnaliamo i commenti di: Simona de Simoni, Ilenia Caleo, Roberta Pompili, Alberto Pinto e Francesco Paolella e ai quali rinviamo per avere un quadro sinottico degli autori e dei temi che l’autrice/autore collettiv* de Il genere tra neoliberismo e neofondamentalismo propone. Una notevole effervescenza discorsiva sulla cui base ci limitiamo qui ad illustrare tre questioni, che saranno esse stesse lo spartito libero della presentazione.

In primo luogo affronteremo il tema della riproduzione, al centro del dibattito femminista almeno dagli anni Settanta, quando si propose per la primissima volta il claim “il personale è politico” o la richiesta del salario per il lavoro domestico, mostrando i tratti intrinsecamente produttivi del lavoro di cura e della riproduzione biologicamente intesa. La mossa politica puntava a decostruire il modello della famiglia mononucleare per trasformare i rapporti di potere tra uomo e donna e, allo stesso tempo, riconoscere l’immediato valore della forza-lavoro espressa fin dentro le mura di casa. Da questo punto di vista gli articoli di C. Cossutta, “Il personale è politico”. La ristrutturazione neoliberista della casa, e di A. Balzano, Le conseguenze dell’amore ai tempi del biocapitalismo. Diritti riproduttivi e mercati della fertilità, affrontano entrambi la questione della riproduzione in epoca biopolitica e da una prospettiva post-femminista. Con efficacia nel primo si ripercorre la costruzione del dispositivo della sessualità nell’ottica della normazione eterosessuale, che impone necessariamente il paradigma familiare come conseguenza della segmentazione binaria uomo-donna.

Tale contesto disciplinare viene intensificato da forme di “investimento biopolitico e tecnoscientifico sui corpi”, che si manifestano attraverso il controllo medico, “il feticismo genetico” (D. Haraway) e l’applicazione medico-terapeutica all’interno della riproduzione biologica. Cosa significa in questo contesto ripensare il motto “il personale è politico” e riappropriarsi della “casa”, intesa come l’ambito “privato” per eccellenza? Essere in grado di riprendere non solo coscienza, ma forza, nell’opera di sottrazione e resistenza al potere biomedico, tecnico, e politico che si applica sui corpi delle donne in primo luogo.

Sul concetto di “biocapitale” si diffonde anche il secondo scritto, spiegando che con esso si intende “la trasformazione della vita in informazione genetica e surplus riproduttivo, punto di partenza per la commercializzazione del biologico e per la sua iscrizione nelle maglie della proprietà intellettuale e dei brevetti biotech”. Proprio su questa soglia di applicazione del potere, ossia la medicalizzazione dei corpi, si mostra l’intima connessione tra neoliberismo e neofondamentalismo, di cui il dibattito sulla procreazione medicalmente assistita non costituisce che un esempio dell’intreccio tra massimo avanzamento tecnologico e utilizzo delle risorse sulla base di segmentazioni e morali piuttosto tradizionali, in primo luogo la divisione binaria maschi-femmine. Proprio il caso della PMA – procreazione medicalmente assistita – in Italia permette di mostrare (attraverso l’inedita ricchezza analitica e documentaria presenti nell’articolo) quali sono le stringenti connessioni tra legislazione ed erosione della libertà di scelta e dell’autodeterminazione, come si chiariva nel primissimo testo della Legge 40/2004. D’altronde la stessa questione della procreazione assistita apre al tema del “biolavoro” (tema che abbiamo trattato su DinamoPress anche in questo articolo) e del lavoro riproduttivo con la messa in vendita o sul mercato non più solo di prestazioni, ma di vere e propri e componenti biologiche, che seguono le divisioni geografiche della ricchezza e della diseguaglianza e della necessità di ripensare in modo radicale la questione anzitutto dal punto di vista politico, economico e culturale.

Il secondo aspetto, che taglia trasversalmente tutte le diverse proposte presenti nel libro, è la questione di quale sia la nuova epistemologia (e di conseguenza le nuove pratiche) transfemminista queer in vista di sovvertire la tradizionale idea di cittadinanza, basata sulla divisione binaria del genere con l’esclusione delle possibili intersezioni e molteplicità sessuali e di genere (O. Fiorilli, S. Voli, De-patologizzazione trans, tra riconoscimento e redistribuzione, oppure A. Acquistapace, E. A.G. Arfini, B. De Vivo, A.A. Ferrante e G. Polizzi, Tempo di essere incivili. Una riflessione terrona sull’omonazionalismo in Italia al tempo dell’austerity). L’idea, già di P. B. Preciado di impegnarsi in una rivoluzione copernicana per rovesciare l’epistemologia binaria che separa i “due generi”, viene ampiamente ripresa di B. Busi, Fare e disfare il sesso. Oltre al binarismo dei generi, che ricostruisce l’apparato delle teorie critiche che hanno provato negli ultimi cinquanta anni a liberarsi della matrice etero-sessuale. Sulla stessa linea teorica chiude il libro l’importante scritto di F. Zappino, Sovversione dell’eterosessualità, mostrando il valore intrinsecamente trasformativo di questo specifico atto (o insieme di atti) di sovversione non solo nei confronti del potere, ma anche all’interno dei movimenti, presentandosi come pratica utile per rispondere alla questione: come si possono connettere da una parte “la politica delle minoranze” e dall’altra la lotta sul terreno della precarietà, del lavoro, delle diseguaglianze e dell’ingiustizia?

Infine si tratterà di un ulteriore, decisivo tema, che non esula dai precedenti (riproduzione e epistemologia queer), ma anzi con essi si lega nella forma della pratica versatile: la proposta dello sciopero globale dell’8 marzo. L’idea è di considerare la presentazione di venerdì come una preziosa occasione di dibattito in vista di questa data, dopo la marea che ha invaso il 26 e il 27 Novembre le strade di Roma e il recente incontro nazionale del 4 e 5 Febbraio a Bologna.

Le premesse discusse nel libro da R. Busarello in Diversity management, pinkwashing aziendale e omo-neoliberismo. Prospettive critiche sul caso italiano, permettono di identificare il contesto sul quale le forme di potere neo-liberista operano, utilizzando le differenze gay, lesbo, trans per trarne profitto. Di nuovo: qual è il rapporto tra critica al capitalismo ed espressione delle differenze, assumendo che il differenzialismo presente nel capitalismo è solo di facciata e buono per slogan pubblicitari tinti di rosa? Come si liberano concretamente le soggettività dal meccanismo lavorativo, produttivo e di sfruttamento che la normalizzazione capitalistica agisce anche utilizzando le richieste specifiche dell’universo LGBTQ?

Temi fondamentali, ripresi anche nell’articolo di B. Mura, C. Peroni e C. Veneri, Gender Strike! Il Tariffario del lavoro gratuito, nell’analisi dello snodo tra precarietà, femminilizzazione del lavoro, “contesto prostituzionale allargato”, inteso come la necessaria tensione alla performance continua come elemento produttivo essenziale nel capitalismo contemporaneo. L’idea di un Tariffario del lavoro gratuito punta: “da un lato, a rendere… visibili tutte le attività, attitudini, e performance relazionali emotive sessuali che vengono messe in atto in modo più o meno consapevole e che non ricevono riconoscimento economico… dall’altro, a far emergere il meccanismo oramai diffuso… per cui alla dinamica di ricatto economico si sostituisce quello della promessa, continuamente differita, di un futuribile riconoscimento umano, professionale o economico”. Questa stessa idea è ciò che si trova al centro della proposta di uno sciopero di genere e dai generi, che non solo unisca tutte le molteplici soggettività donne, gay, lesbo, trans, queer, ma anche aggredisca al cuore il capitalismo contemporaneo, fatto di lavoro sommerso, produttività continua, prestazione reiterata e gratuita, scioperando almeno per un giorno a livello globale dalla violenza economica, culturale, materiale cui siamo sottopost*, dal lavoro domestico, dal lavoro migrante, dal lavoro gratuito, seguendo lo slogan argentino: “Se le nostre vite non valgono, allora ci fermiamo e non produciamo”!