Pistola puntata

Non è vero che l’Italia non ha mai chiesto e ottenuto prestiti dalla BCE.

È vero il contrario: 100 miliardi sono stati, fin dal 2011, la condizione del commissariamento delle politiche di bilancio. Vi ricordate la lettera della BCE? Mentre la missiva raggiungeva Berlusconi e Napolitano preparava l’operazione Monti, la Banca centrale europea disponeva un prestito e, conseguentemente, commissariava l’Italia. Una verità che ci è stata secretata per oltre un anno. Nella quinta puntata di “È il capitalismo, bellezza” rompiamo il silenzio, in tutti i sensi.

Succedono cose davvero strane nel nostro Paese. Cose per cui varrebbe la pena, e ci si stupisce che ciò non accada, scendere in piazza e distruggere tutto. Non sono bastati la costituzionalizzazione del pareggio di bilancio e la ratifica del Fiscal Compact (cosa che ci imporrà manovre finanziarie da 40 miliardi l’anno per i prossimi 10 anni), fatti avvenuti la scorsa primavera, con la benedizione di Napolitano, senza che i quotidiani o i Tg ne parlassero. No, venerdì mattina, svogliando il Corsera, abbiamo afferrato una verità ancora più importante, verità che ci è stata secretata per più di un anno.

Leggendo l’articolo di Federico Fubini, infatti, apprendiamo che è falso ciò che ci raccontano in modo ossessivo, che l’Italia non ha avuto e non avrà bisogno di aiuti europei. È vero piuttosto che questi aiuti li abbia già richiesti e ottenuti. Si tratta di 100 miliardi, concessi dalla BCE di Trichet (Draghi all’epoca era ancora governatore di Bankitalia) per evitare il default. Ancora: stiamo parlando dello stesso periodo, l’estate del 2011, in cui l’approfondirsi della crisi dei debiti sovrani, ricorderete, si accompagnò con un attacco violentissimo dei mercati finanziari contro i nostri titoli di Stato (venduti in gran quantità e in modo coordinato da holding bancarie e hedge funds che intanto facevano affari con i derivati e scommettendo sul fallimento dell’Italia). Il 5 agosto di quell’estate, mentre lo spread superava i 500 punti, Trichet e Draghi spedirono a Berlusconi la lettera nella quale chiarivano le riforme strutturali (deregolamentazione del mercato del lavoro, dismissione del welfare e privatizzazione dei commons) da fare in tempi strettissimi e de facto “licenziavano” il giullare di Arcore. Mentre la lettera raggiungeva Berlusconi e Napolitano preparava l’operazione Monti, Trichet disponeva un prestito e, conseguente ad esso, il commissariamento dell’Italia da parte della BCE.

A partire dal dicembre del 2011, poi, e fino al marzo del 2012, Draghi ha concesso a tassi bassissimi (1%) circa 1.000 miliardi di euro alle banche europee (Ltro). Di questi 1.000 miliardi, 190 sono finiti nelle tasche della banche italiane, che di certo non si sono sbracciate a concedere credito ai cittadini, anzi. Con l’estate del 2012, infine, e poco prima che la Corte costituzionale tedesca di Karlsruhe esprimesse parere favorevole nei confronti del Fondo salva-Stati (ESM), Draghi ha chiarito la disponibilità della BCE a concedere sostegno «senza limiti» a difesa dell’euro e a sostegno degli Stati che ne avessero fatto richiesta. Contropartita imposta dalla Bundesbank per i prestiti, «nuove condizionalità» ovvero il commissariamento delle politiche di bilancio da parte di Francoforte e di Bruxelles.

Da mesi tutti, ma davvero tutti, ci ripetono che l’Italia è solida, la crisi del debito è alle spalle e che alla BCE non chiederemo un bel niente. Peccato che i soldi li abbiamo già presi, per evitare il default dello Stato e il credit crunch delle banche. 300 miliardi circa, il 30% del debito pubblico, un’enorme montagna di denaro che, in larga parte, ci ha prestato Berlino (il 30%).

Chiunque vinca le elezioni italiche, da lunedì sera avrà alle tempie la pistola dei mercati e della Bundesbank puntata. Chiunque vinca dovrà rispettare un copione già scritto, nella svolta d’epoca imposta dai padroni europei con l’affermarsi della «Seconda grande contrazione». Nove su dieci dunque, salvo enormi novità sul fronte grillino, Bersani e Monti governeranno assieme in nome dell’austerity, della deregolamentazione del mercato del lavoro, degli interessi capitalistici europei. Cose simili capitarono già nella nostra sfortunata Europa, più precisamente nella Germania di Weimar. Ciò che accadde dopo, il disastro nazista, è cosa tristemente nota a voi tutti. Attaccare, con intelligenza, prima che questo accada è il compito che spetta ai movimenti, in Italia come in Europa.