ITALIA

A chi parla il caso Battisti?

L’arresto di Cesare Battisti è stato accompagnato da un coro unanime di soddisfazione. Eppure la conclusione di questa vicenda sembra parlare più al futuro prossimo che al passato

Cesare Battisti è atterrato questa mattina all’aeroporto di Ciampino, trasportato in Italia con la forza dopo essere stato espulso dalla Bolivia. Il ministro degli Interni Salvini e il ministro della Giustizia Bonafede si sono recati di persona a “riceverlo”, celebrando in diretta tv il ristabilimento dell’ordine.

Alla sua cattura si è unito nei media italiani un coro unanime di giubilo e soddisfazione, mentre i pochi che hanno riportato l’attenzione sulla complessa storia giudiziaria che ha spinto paesi come la Francia e poi il Brasile a non concedere negli anni l’estradizione all’Italia, sono stati coperti di insulti.

È bene invece tornare su quella storia, non tanto per ristabilire colpe o responsabilità di fatti accaduti molti anni fa, quanto per mostrare come l’arroganza con cui la “ragione di Stato” assume oggi le sembianze di una vendetta, sia l’esito di una storia politica – quella italiana – che ha deciso di non voler fare i conti con una stagione nella quale il ricorso alla “violenza” fu una prerogativa di tutte le parti che animarono il conflitto sociale del lungo ’68 italiano.

La violenza dello Stato, dei fascisti e delle stragi contro il pericolo rappresentato dai movimenti sociali, studenteschi e operai, ma anche la violenza agita a livelli diversi dalla sinistra rivoluzionaria fuori e dentro la scelta della lotta armata. Quello scontro proseguì anche dopo l’esaurirsi del ciclo di lotte aperto dal ‘68, aprendo la stagione dell’emergenza che portò alla carcerazione di un’intera generazione di militanti e attivisti attraverso metodi e procedure che solo lontanamente è possibile iscrivere nella cornice dello stato di diritto.

Riproponiamo due articoli di Valerio Evangelisti e di Wu Ming 1 che ricostruiscono la vicenda giudiziaria oggi al centro dell’attenzione mediatica e che, i media stessi, hanno preferito non riesumare

Servirà del tempo per comprendere a pieno il significato politico di quello che è stato definito già da più parti come un evento “storico”. E questo non tanto perché con l’arresto di Cesare Battisti si chiude la clamorosa fuga dell’ex combattente, quanto perché il modo col quale l’intera operazione poliziesca è stata “marchiata” politicamente sembra parlarci più del futuro prossimo che del passato.

Nelle ultime dichiarazioni alla stampa, il ministro degli Interni Salvini ha tenuto a specificare la natura “comunista” del criminale, a mettere sotto accusa gli “intellettuali” colpevoli di averlo per anni difeso dall’arresto e dall’estradizione e, subito dopo, annunciare l’avvio di una nuova campagna persecutoria nei confronti di altri casi simili ancora in sospeso. Com’è noto, l’intera vicenda si era riaperta a pochi giorni dalle elezioni brasiliane, quando il neo-presidente Bolsonaro, in uno scambio di auguri in ossequio alla loro amicizia politica, aveva recapitato un video-messaggio a Salvini promettendo tra i primi atti politici del suo mandato il «regalo» di Cesare Battisti all’Italia.

Ora con l’arresto dell’ex combattente delle PAC si onora la promessa e l’amicizia tra i due leader dello schieramento reazionario globale. Più che chiudere una storia, la cattura di Battisti sembra essere un sacrificio rituale messo a suggello di un nuovo corso.

Di questa dimensione “politica” dell’ultimo capitolo della vicenda sembrano non essersi accorti gli esponenti italiani dei partitini della “sinistra”, da Matteo Renzi a Nicola Zingaretti passando Laura Boldrini, i quali non hanno evitato di mettersi alla rincorsa delle dichiarazioni del Ministro degli Interni.

Così come degno di nota è il fatto che il «regalo» di Bolsonaro a Salvini abbia avuto il lasciapassare del governo boliviano e di Evo Morales, il quale ha consegnato Battisti senza processo di estradizione e con una espulsione immediata per meri motivi amministrativi.

Il leader della Lega, anche in questa occasione, va a caccia di consensi seguendo la strategia della costruzione di un nemico da attaccare e sconfiggere: eppure, con la promessa che l’arresto di Battisti sarà solo il primo di una lunga serie, sembra delinearsi uno scenario che va molto oltre la volontà di regolare i conti con una storia che è già stata sconfitta, condannata e costretta all’esilio. Sembra piuttosto mandare un segnale verso le lotte future.

Applaudire Salvini per la vendetta su Battisti è uno dei modi di guardare il dito, mentre dietro la luna nera continua a crescere.