EUROPA

Parigi: dall’università di Saint Denis un appello a estendere la lotta

Nelle ultime tre settimane alcuni edifici dell’università di Parigi 8 a Saint Denis sono stati occupati da un gruppo di migranti in lotta per i propri diritti e da alcuni solidali. Con questo comunicato gli occupanti di Paris 8 chiamano a sostenere l’occupazione e a estendere la lotta ad altre università e luoghi di formazione di tutto il paese. La mobilitazione si inserisce in un contesto politico particolare: nelle ultime settimane gli studenti sono infatti scesi in strada e hanno bloccato le università contro la legge Vidal-Blanquer, mentre organizzazioni di sans papiers, collettivi e associazioni contestano il disegno di legge sull’immigrazione presentato dal ministro dell’Interno Gerard Collomb. Se la prima propone una riforma complessiva dell’accesso all’università, finalizzata a inasprire i criteri di “selezione” degli studenti che intendono proseguire gli studi superiori, la seconda introduce il reato di “entrata illegale” in Francia, riduce i tempi di presentazione delle domande di asilo e allunga i periodi di detenzione nei CRA (ndr. centres de réténtion administratives ).  La possibile saldatura di questi due movimenti, come auspicato dal comunicato, potrebbe dunque imporre uno stop all’agenda del governo Macron.

 

Francia –Contro le politiche migratorie razziste, diffondiamo le occupazioni.

Comunicato dei solidali ai migranti che occupano l’università di Paris 8 – Saint Denis

 

Siamo la Parigi solidale che da settimane occupa con i migranti alcune sale dell’edificio A dell’università – Paris 8 a Saint Denis. Facciamo appello all’intensificazione e alla radicalizzazione di questo movimento di occupazione affinché si possa fare pressione sul governo francese e sulle istituzioni europee per la cancellazione del regolamento di Dublino e di tutte le politiche migratorie razziste.

Dopo circa due mesi di preparativi e d’incontri con diversi gruppi di migranti, abbiamo lanciato la nostra occupazione con l’obiettivo di ottenere un alloggio e dei documenti per gli occupanti e costruire un movimento capace di sfidare le politiche migratorie razziste e disumane della Francia e dell’Unione Europea.

La nostra mobilitazione continua ormai da tre settimane, con essa miriamo a accrescere il movimento di occupazioni universitarie lanciato insieme ai migranti questo autunno in diverse città francesi: Nantes, Lione, Grenoble, Poitiers. Lottiamo insieme a tutti i movimenti di migranti irregolari, i collettivi e le associazioni che si battono contro il regolamento di Dublino e l’arbitrarietà delle politiche migratorie.

Le nostre occupazioni, per ora troppo isolate, devono potersi diffondere ovunque sia possibile! Per questo ci rivolgiamo agli studenti, al mondo accademico e a tutti coloro che si oppongono alle politiche migratorie razziste affinché siano rilanciate azioni di occupazione simili alla nostra.

Solo la proliferazione e la messa in rete di queste occupazioni può permetter l’emergere di un forte movimento di opposizione, guidato dai migranti e capace di costringere i governi europei a regolarizzarli, fornendo loro un accoglienza degna, garantendo la libertà di circolazione e di insediamento e ponendo fine al regolamento Dublino e alle politiche migratorie razziste. In un momento in cui in molte università si tengono assemblee generali e occupazioni (ndr. contro la legge vidal-blanquer), non si può perdere l’occasione di una convergenza di movimento contro tutte le forme di “selezione all’ingresso” tanto per gli studenti che per i migranti.

Indipendentemente dal loro status, questi migranti oggi sono costretti a dormire per le strade, dove sono quotidianamente maltrattati, gasati quando non svegliati in piena notte dalle sirene. I loro pochi beni di sopravvivenza sono spesso distrutti o rubati dalla polizia. Molti di loro si suicidano. Altri muoiono per il freddo nell’indifferenza. A l’OFPRA (ndr Ufficio francese per la protezione dei rifugiati), alla prefettura, nei Cra (centri di identificazione ed espulsione) e nei commissariati essi si confrontano all’arbitrarietà e all’opacità delle decisioni. Se sono “dublinati” si trovano in stato di sequestro, prima di essere rinviati con la forza nei loro paesi di origine, ai margini dell’Unione Europea – per la più parte duramente colpiti dalla crisi economica – e ai quali la Francia delega la repressione burocratica e poliziesca dei migranti. Questo trattamento abbietto allunga la lista dei traumi causati dai percorsi migratori, nel corso dei quali hanno dovuto pagare il costo esorbitante della traversata omicida del Mediterraneo con il lavoro forzato, la schiavitù e la cattività in Libia. A partire dal loro arrivo in Europa sono braccati e violentati dalle polizie e costretti a dare le proprio impronte digitali. Queste condizioni di precarietà e di pressione psicologica annichiliscono ogni possibilità di difesa collettiva. Nel momento in cui tentano di protestare incontrano una repressione sempre più violenta – come a Calais a fine gennaio, dove uno di loro è stato sfregiato da uno sparo poliziesco.

Alla luce di questa situazione, l’occupazione ci appare un mezzo per offrire tempo e condizioni di esistenza stabili, che permettano ai migranti di organizzarsi e di esprimere le proprie rivendicazioni. Essa costituisce una pratica contrapposta alle forme di solidarietà di tipo umanitario – che riprendono troppo spesso le categorie e le pratiche dell’accoglienza “di Stato” – facendo dei migranti i soggetti dell’azione politica e non riducendoli al ruolo di destinatari passivi dell’aiuto. Di fronte all’atomizzazione che condanna i rifugiati/migranti a delle strategie individuali di sopravvivenza e di sostegno giuridico, tale occupazione dimostra nella pratica che una risposta risolutamente collettiva è possibile e apre a prospettive politiche più ampie.

In questo caso, l’occupazione si è costruita congiuntamente con i gruppi di migranti che vivono per la maggior parte per strada. Ci siamo incontrati e abbiamo costruito delle assemblee, in cui l’idea di occupare le università è stata discussa. Fin dai primi scambi, tutto è stato organizzato in molte lingue e attraverso l’intervento di interpreti, che si trovavano talvolta loro stessi nella condizione di migranti. Abbiamo rapidamente preso coscienza del fatto che la paura di esporsi ad un’ulteriore repressione era ben poco diffusa tra i principali interessati, che hanno affrontato questi rischi quotidianamente e ben più duramente quando si trovavano per strada.

Senza la pretesa di essere un modello, invitiamo tutti coloro i quali vogliono organizzarsi a venire a incontrarci, a condividere dubbi e esperienze, a cercare un sostegno logistico, per coordinarsi e inventare azioni congiunte.

I solidali e le solidali dei rifugiati/migranti occupanti dell’Université Paris 8 – Saint-Denis

Traduzione a cura di Matteo Polleri e Federico Puletti