EUROPA

Nuit Debout: si parla di case sottoterra e di farfalle che puntano al cielo

A Place de la République cittadini e architetti discutono degli spazi che il diritto alla città dovrà progettare.
Parigi, 52 marzo: lacrimogeni sulla piazza, sgomberata République

Parigi 56 marzo. La Marianne è un colosso di bronzo e marmo. Nel tirare su il monumento alla loro eroina i francesi hanno voluto fare le cose in grande. Dieci e più metri di altezza dove i “valori” della Repubblica sostengono la ragazza con in mano il ramoscello d’ulivo. Fino a qualche tempo fa il ciclopico gruppo funzionava come spartitraffico accerchiato da caroselli continui di auto.Un opportuno restyling (2013) ha rivoluzionato quello che è diventato il luogo dove i cittadini si incontrano per raccontare il mondo. Con Nuit Debout hanno iniziato a raccontarsi il mondo che vorrebbero.

La piazza in questa nuova veste è una location perfetta. Ora République, facendo scorrere le auto su un solo lato, è tutta pedonale. Un impercettibile piano inclinato sale dal canale. Marianne è al centro a dividere due grandi aree leggermente rialzate, pavimentate in materiale lapideo squadrato e regolare, pensate come altrettanti podi. Uno spazio di quasi 4 ettari.

Con Nuit Debout oltre lo spazio la piazza ha iniziato a definirsi anche con il tempo. La mattina uscendo dal ventre del Metro è la parte verso Bastille ad animarsi fino a divenire il campo di gara di estenuanti e instancabili praticanti di skate capaci di compiere bordi continui tra le persone. Tutto questo, ancor prima delle 18, si ribalta dall’altra parte.

Alle 18 Nuit Debout inizia con la sua assemblea quotidiana.

Ci si siede sistemandosi per terra secondo un disegno che sembra ricalcare la platea di un teatro classico. Qui il palcoscenico però non esiste e si parla, ognuno per pochi minuti. Niente tavole e niente presidenza. Solo una lista dove chi vuole può segnarsi ed aspettare il tempo del proprio intervento. Nessuno, tra il pubblico parla con chi gli sta accanto. Si ascolta, si approva o meno, non ci sono capannelli (neppure ai lati). Alcuni, non pochi, prendono appunti.

Per l’informazione su quello che accade nel mondo, più o meno in contemporanea, ci pensa l’Education Nationale, una squadra che anima un giornale parlato. Si stendono dei nastri intorno ad alcuni striminziti alberelli che sembrano essersi fatti luce tra le fessure delle lastre della pavimentazione e Maud afferra il microfono per parlarci della situazione del Brasile in questo momento. Poi, dopo un’ora di discussione, passa il microfono a Paulette per parlare del lavoro e dell’opera di Paul Nizan. Ancora molto altro. Fino alle 18 quando inizia l’assemblea e il lavoro delle commissioni che, dopo aver discusso per tutto il tempo necessario a chiarirsi, riferiranno il tutto proprio in assemblea. Lo stesso giorno o quando saranno pronte.

Così capita di scoprire, oggi 55 marzo, che a Parigi, come in tutta la Francia, è in corso una lotta contro chi vuole fare soldi sulla crisi degli alloggi. Puntando alla lievitazione dei canoni d’affitto magari attraverso una nuova invenzione tipologica: il sousplex. Cos’è ? L’esatto opposto del duplex .

Se con il secondo termine viene indicato un alloggio organizzato su due livelli, alla base per altro del manifesto lecorbuseriano rappresentato dall’Unità d’abitazione,con sousplex si fa riferimento al termine con cui ingegnosi e disinvolti agenti di locazione presentano case che sono solo un accesso lungo la strada (spesso un ex negozio) per scendere in una cantina (cave) da affittare come casa! Un buco sotto il livello della strada senza finestre né aria.

Alloggi indecenti trattati da agenzie di locazione altrettanto indecenti che anche in questo caso impongono l’esoso costo delle loro provvigione. Perfino 15 euro per metro quadro. Questa la richiesta per segnalarti di affittare questa “possibilità” underground. Non solo. Sono sempre loro a truffare. Anche sulla misura delle case.

In una città come Parigi dove vengono offerte case di 10 metri quadri complessivi. Li vai a contare e ti accorgi che sono anche di meno. Di più, risulta che stiano aumentando in modo esponenziale il numero degli affitti in nero.

Un repertorio impressionante di soprusi in un quadro parigino che vede di anno in anno il costo degli affitti sempre più impossibile Anche nei quartieri popolari dove una casa (eufemismo) ti può essere legalmente affittata per 550 euro per 15 metri quadri (nel 19°arrondissement), scendere (sic) a 500 per la stessa taglia (nel 20°), o salire, se vuoi stare largo, ma sempre dentro al massimo 30 metri quadri, ai 1000 euro nel 18°.

Tante le storie che si raccontano. Tante le vite costrette e strette in un pugno di metri quadri. Intorno, quando esiste, una finestra che, in questo caso, è anche l’unica porta. Il tutto in un panorama legislativo disinvoltamente bypassato. Con proprietari che caricano gli affittuari di prestazioni accessorie sempre nuove e sempre più care. Sempre più inventate.

Le richieste della commissione alla ministra delle abitazioni sono tante. Lei, Emmanuelle Cosse, chiamata da pochi mesi da Manuel Valls nel corso dell’ultimo rimpasto del proprio governo è stata, per aver accettato, buttata fuori da Europe Ecologie Les Verts. Lei ha detto d’aver accettato perché “è tempo di passare all’ecologia del fare”. Per ora tace, non risponde a chi chiede al governo che i canoni siano abbassati del 30%.

Come i suoi predecessori balbetta. Che potrebbe dire? La politica di aiuto per chi è giovane e cerca casa, per chi si trova in emergenza è in default. Nel 2014, di oltre un milione settecentomila persone che hanno richiesto un aiuto abitativo, hanno trovato una qualche soluzione solo un terzo. Di questi solo il 30% ha trovato la propria casa in alloggi sociali. Vale a dire in alloggi disseminati all’interno del patrimonio abitativo pubblico francese, visto che la Francia finanzia chi costruisce abitazioni a patto che una quota parte di quanto realizzato venga destinato a residenze sociali.

L’ambizioso piano casa di Hollande è fallito. Così come hanno dato esiti pressoché nulli due interventi legislativi su cui il presidente aveva riposto molta speranza. Quello del 2011 che permetteva ai privati di vendere terreni a prezzi calmierati per consentire a chi costruisce di farlo assicurando una percentuale intorno al 20% di alloggi sociali, che non ha raggiunto un numero di casi accettabile. Il secondo del 2014 per regolare l’accesso all’affitto è un testo rimasto inapplicato.

Tanti in Francia sono in emergenza e chi sta nelle case sta male. Sono case inumane. Su questo l’assemblea chiamata da Archi Debout è concorde. Sa bene che quelle case, per lo più blocchi di cemento densissimi di appartamenti sono stati fatti così e che la colpa non è solo degli architetti. Quelle case sono fatte male perché la città deve continuare a non esistere. Non si deve costruire territorio. Bisogna, racconta un’anziana signora, continuare a murarci nelle nostre solitudini, attanagliati dai nostri debiti.

Questa assemblea al contrario intende interrogarci su come fare per assicurare un abitare per tutti, compresi, ribadisce con forza, migranti e rifugiati. Lo vuole fare attraverso un’architettura che chiama “collaborativa”. Che gli architetti dice, imparino a guardare a chi abita invece di copiare sotto dettatura della finanza schemi fatti apposta per negare la città.

Facciamo lo subito dice una ragazza “iniziando dal progettare e realizzare dei contenitori da montare e smontare per le nostre commissioni qui sulla piazza. Strutture temporanee di accoglienza, Perché le città che vogliamo abitare deve saper accogliere tutti”.

Un valore su cui la piazza sta discutendo dimostrando, anche nella sua stessa composizione, che non c’è bisogno di colossali monumenti allegorici come quello della Marianne che, traslando dal quadro di Delacroix “la libertà che guida il popolo”, si è tramutata nel colosso di marmo e bronzo.

È sufficiente alzandosi al termine di ogni assemblea leggere quello che è stato scritto sul pavimento, in quella parte in cui la mattina sfrecciano gli skate: ”dopo la scomparsa delle lucciole ci battiamo per la resistenza delle farfalle”. Per volare sempre più in alto. Per abbassare il cielo sulla terra.

Anche per questo ci chiedono di essere qui il 7 e 8 maggio.