ITALIA

Non solo uno sciopero: verso un 8 marzo eco-transfemminista

Quest’anno la Giornata Internazionale delle Donne sarà il momento conclusivo di una mobilitazione globale eco-transfemminista, in cui da diversi mesi molte vertenza si stanno incontrando per creare un’opposizione alla politica patriarcale, ecocida e guerrafondaia che domina la quotidianità delle persone

Le mobilitazioni in Italia e nel mondo della prima settimana di marzo rimarcano la sempre maggiore distanza tra società civile e istituzioni governative rispondendo alla necessità di riprendere spazi fisici e intellettuali, e aprendo una battaglia eco-transfemminista. Non una di Meno scirve nel suo appello: «Da alcuni anni i movimenti ecologisti e transfemministi hanno adottato lo sciopero come pratica di lotta, ma quest’anno vogliamo unire i due scioperi in una settimana di mobilitazione ecotransfemminista. Siamo ormai consapevoli del fatto che la violenza contro cui lottiamo è la stessa e ha la stessa origine in un sistema capitalista, antropocentrico e patriarcale che lega in maniera indissolubile lo sfruttamento delle risorse naturali allo sfruttamento dei corpi. Il 3 e l’8 marzo scioperiamo e ci uniamo in una settimana di mobilitazione tra queste due date perché la nostra lotta è la stessa: non ci può essere giustizia climatica senza giustizia sociale e viceversa!».

Oggi a Roma un corteo partirà da Piazzale Ostiense alle ore 17.00. La settimana di mobilitazioni si è aperta con lo sciopero climatico del 3 marzo, indetto dal gruppo transnazionale Fridays For Future, sotto lo slogan comune «La nostra rabbia è energia rinnovabile», 60 città italiane, tra cui Torino, Roma, Firenze e Catania, hanno visto mobilitarsi migliaia di giovan3.

Come si legge dall’appello: «Con la guerra e le molteplici crisi che stiamo vivendo, le grandi aziende del fossile hanno accumulato enormi extraprofitti, mentre dilaga la povertà energetica. Ma la partita non è finita. Possiamo ribaltare la situazione e costruire l’alternativa. Comunità energetiche, trasporti capillari, servizi pubblici per città vive e accessibili».

Il giorno dopo, 4 marzo, la mobilitazione romana si è spostata verso il quadrante est della città con una passeggiata transfemminista nel parco di Villa Gordiani, su Via Prenestina, organizzata da Non Una Di Meno e dal collettivo LEA Berta Caceres. Durante la passeggiata si è ricordato lo stupro accaduto due anni fa nel parco, il corteo è poi proseguito uscendo dai cancelli della villa, su Viale della Venezia Giulia, fino alla Stazione Ferroviaria di Roma Prenestina, dove il collettivo eco-transfemminista LEA Berta Cáceres ha trovato di nuovo casa, dopo un anno dalla prima occupazione nel cuore della Caffarella e due sgomberi.

Come scrivono sul comunicato: «Rivive oggi in questo luogo una casa eco-transfemminista dove non c’è spazio per i binarismi imposti e per il dualismo affibbiato dall’estrattivismo capitalista che ci vuole separate e contrapposte al resto del vivente, un presidio antispecista in cui sfidare i rapporti di dominio, mercificazione e appropriazione indebita alla base della relazione tra animali umani e non umani, e causa della distruzione e colonizzazione di interi ecosistemi sacrificati in nome della agro- zootecnica intensiva. Continuiamo a occupare e inseriamo questa pratica nelle forme di sanzionamento delle diseguaglianze di classe e della riappropriazione di ricchezza dal basso, perché ci sentiamo un soggetto collettivo all’attacco, contro i riccastri e le ruberie di classe».

Queste le tappe che hanno portato alla giornata dello sciopero transfemminista dell’8 marzo: giornata di mobilitazione che non solo coinvolgerà tantissime città in Italia, inclusi anche i piccoli centri, ma anche tantissime categorie di lavorator3 e student3. Dall’appello pubblicato sul blog di Non Una Di Meno si legge: «A tuttә questә donne e soggettività, e a ognunә di noi, rivolgiamo la chiamata allo sciopero femminista e transfemminista globale. Sappiamo che la precarietà delle vite, la mancanza di un welfare dignitoso e universale e l’impoverimento a cui sempre più persone sono esposte, rende difficile prendere parola e alzare la testa. Ma con lo sciopero, possiamo costruire una forza comune contro la violenza patriarcale, la precarizzazione, l’austerità, i licenziamenti e la povertà che questi comportano. Ci appropriamo di uno strumento tradizionale di lotta per superarlo, reinventarlo insieme sulla base delle nostre necessità e farlo esplodere in tutti gli ambiti delle nostre vite. Facciamo di questa pratica una forza e una potenza collettiva. Ci fermiamo un giorno per imparare insieme a fermarci e a scioperare contro la violenza tutti i giorni dell’anno. Lo sciopero è il processo di liberazione per tuttә, è la rivoluzione dentro e fuori di noi, è urlare tuttә insieme che se le nostre vite non valgono, noi ci fermiamo. Scioperiamo per prenderci del tempo per noi, per stare insieme e diventare più forti».

Dunque, sotto queste parole d’ordine le donne, soggettività non binarie, lavoratric3 precari3, student3, hanno chiamato una giornata di sciopero, appoggiata anche dai sindacati Slai-Cobas, Cub, Sisa, Usb, Adl Cobas e anche altre sigle sindacali tra cui FLC in alcune regioni. In diverse città italiane, tra cui Roma, Milano, Pisa, Bologna, Torino, Napoli, Palermo, lo sciopero è stato promosso con svariate iniziative nelle settimane precedenti, sviluppate a partire dalle vertenze elaborate dai tavoli tematici costruiti negli ultimi mesi nell’assemblea nazionale di Non Una Di Meno.

Questi gruppi di lavoro si sono focalizzati su: lavoro, reddito e welfare; ecologenere, dalla quale si è sviluppata la convergenza tra movimenti ambientalisti e quelli transfemministi; salute, benessere ed autodeterminazione; e, infine, formazione, scuole e università.

Quest’ultimo, ha pubblicato un comunicato che spiega l’ottica intersezionale dello sciopero: «Sentiamo forte la responsabilità di aprire un dibattito sulla formazione, costruito dal basso, attraverso le voci e i bisogni di chi fa formazione e vive la scuola e l’università ogni giorno. Vogliamo costruire una rete di resistenza agli attacchi che da decenni subisce il mondo della scuola e dell’università. Vogliamo un sapere libero dalla violenza patriarcale, dal razzismo, dall’abilismo e dal classismo. Vogliamo una scuola laica, pubblica e gratuita che sia davvero per tuttə. Vogliamo un’educazione sessuale e affettiva in tutte le scuole e vogliamo che sia affidata alle reti femministe e transfemministe. Vogliamo spazio e voce per i corpi e le emozioni perchè stare bene a scuola sia una priorità concreta e un futuro possibile. Chiediamo investimenti e risorse per strutture e personale, la revisione completa delle linee guida ministeriali con l’inserimento degli studi decoloniali e di genere. L’abolizione immediata del PCTO».

In questo senso, l’8 marzo è uno sciopero allargato che coinvolge tutti i settori della società civile, in tantissimi paesi del mondo, dal Sud America al Medio Oriente, le soggettività dissidenti si stanno mobilitando per sradicare il sistema patriarcale, capitalista e guerrafondaio che domina la quotidianità di tutt3. A partire dalla convergenza dei movimenti ambientalisti e transfemministi, però, tutto suggerisce che questo sciopero non sarà circoscritto alla Giornata Internazionale della Donna, ma costituirà una nuova stagione di lotte politiche e sociali.

Risuonanano da una piazza all’altra del mondo gli slogan “Scioperiamo ovunque e insieme perché ci muove il desiderio di costruire adesso il mondo che vogliamo vivere!”, “Contro guerre, violenze e povertà: Scioperiamo ovunque l’8 Marzo”, e “Se ci fermiamo noi si ferma il mondo”.

Immagine di copertina di Margherita Caprilli