ITALIA

«Mio figlio è venuto dal mare»

«Omar era il bambino più vivace. Durante un evento – racconta Lia – uscì questo bambino insieme ai più grandi. E io, quando l’ho visto per la prima volta, mi sono avvicinata, ho cercato di parlargli ma lui non riusciva a comunicare perché parlava solo arabo». Una storia di amore e di adozione

«L’incontro con Omar è avvenuto a novembre 2015, quando era molto sentita la problematica dell’immigrazione», così esordisce Maurizio nel raccontare insieme a sua moglie Lia il giorno in cui conobbero quello che diventerà poi il loro figlio. Aveva solo 9 anni Omar quando sbarcò in Italia e per la precisione a Taranto, dopo dieci giorni di viaggio in mare. Era un giorno di settembre del 2015, e come ricordano Lia e Maurizio erano tempi molto diversi rispetto a quelli che stiamo vivendo. Stridono al giorno d’oggi le parole irriverenti e insensibili del Ministro Salvini durante un comizio a Cantù: «I figli nascano in Italia e non arrivino dai barconi confezionati».

Se finora avevamo assistito ad un’opera di propaganda da parte del Ministro dell’Interno di costruzione e ri-costruzione dello straniero come nemico, limitatamente solo agli adulti, ora Salvini si spinge più in là. Addirittura puntando il dito anche e contro i bambini.

Quelle parole cariche di disprezzo, che accentuano l’opposizione noi/loro, colpiscono atrocemente nella vita quotidiana, quella reale e  si trasformano in fatti.  E i fatti sono quelli immortalati da una foto, che sembra aver fermato il tempo: quella immagine mostra al mondo gli occhi terrorizzati di una bambina in braccio alla sua mamma in fuga da un’orda di fascisti a Casal Bruciato, “colpevoli” di essere rom, “non italiane”.

Quelle parole sono  state pronunciate e calcolate per creare non solo un disgusto verso “gli altri” negli elettori, ma anche un allarme ed una paura sociale inesistenti: sfruttando così il malcontento per la crisi economica e soffiando sul fuoco dei problemi di ordine pubblico. Le forme del fascismo e del razzismo si manifestano oggi sotto l’egida della legalità, perché oggi sia razzismo che fascismo godono di una straordinaria libertà di parola grazie al Ministro Salvini.

Alla narrazione fascista fortunatamente fanno da contraltare le storie di straordinaria accoglienza in Italia, come quella del piccolo Omar adottato da Lia e Maurizio.

L’incontro avvenne a novembre del 2015, grazie al fratello di Maurizio, insegnante di italiano per stranieri, il quale li invitò al centro di accoglienza,  a conoscere i piccoli ospiti egiziani appena arrivati in Italia: «Omar era il bambino più vivace. Durante un evento – racconta Lia – uscì questo bambino insieme ai più grandi. E io, quando l’ho visto per la prima volta, mi sono avvicinata, ho cercato di parlargli ma lui non riusciva a comunicare perché parlava solo arabo». Colpiti entrambi dal bambino, Maurizio e Lia decidono di parlare con la referente per l’affido, dell’Associazione Il Germoglio e col gestore del Centro di accoglienza che ospitava Omar. Entrambi daranno loro la possibilità di andare a fargli visita: «il primo giorno che siamo arrivati – ricorda Lia – il bambino stava giocando con gli altri bambini del quartiere. Lui ci guarda e ci sorride e poi mi prende la mano. Da quando mi ha preso la mano, io non ho capito più niente».

Gli occhi scuri di Lia si illuminano a ricordare quel giorno che ha rappresentato per loro e per Omar l’inizio di una nuova vita, insieme. E Maurizio, fotografo di professione e per passione, ha immortalato quell’attimo nell’album dei ricordi, tra gli scatti più intensi. Lui era là e ha osservato la scena: “ho visto la mano di questo bambino… e già ho visto il futuro”. Da quel momento in poi, ogni giorno Lia e Maurizio andranno a far visita Omar che si legherà sempre più a loro. Intraprenderanno con determinazione e caparbietà la difficile strada dell’affido, fino ad arrivare al momento tanto atteso dell’adozione. Dei primi tempi, ricordano quando al supermercato il piccolo Omar si caricò sulle spalle la cassa delle bottiglie dell’acqua. Lia e Maurizio preoccupati cercarono di convincerlo a mettere giù la cassa, ma lui non ne volle sapere e disse: «i bambini devono lavorare». Quella frase valeva molto di più di tante parole. Lia e Maurizio compresero fin da subito che a Omar era stata negata l’infanzia. E quel vuoto di diritti, che a tutti i bambini devono essere riconosciuti, colmarono Lia e Maurizio giorno per giorno, per amore del loro figlio.

Omar che era analfabeta, imparò a leggere e a scrivere in pochissimo tempo. E trascorse i tre mesi estivi a studiare, per affrontare al meglio il suo primo anno di scuola media. Grazie al suo impegno e al supporto dell’amorevole Lia, riuscì ad accorciare le distanze che lo separavano dai suoi compagni di classe. «Non volevamo che venisse emarginato» – confida il papà Maurizio, che continua: «Lui è un bambino che si è fatto amare da tutti. Ha imparato fin da subito. Aveva e ha tuttora quella voglia di rinascita. Noi abbiamo sempre detto: lui è sempre stato con noi. E anche questa casa, è sempre stata la sua casa. Quando capitava che ritornavamo al centro di accoglienza, lui ci domandava: ma quando andiamo a casa? Aveva bisogno di amore, e di un calore famigliare». Ma Omar manifestava anche le sue paure, come la paura di restare da solo o al buio durante la notte. Ma per superarle, a papà Maurizio venne un’idea: «all’inizio avevamo messo un piccolo acquario vicino al letto, perché lui ama tantissimo il mare nonostante il viaggio…».

«E ci sono viaggi e viaggi», sentenzia Maurizio. Quello di Omar ha avuto inizio nel suo paese d’origine, un piccolo villaggio vicino al Cairo. Si è fatto parecchi giorni nell’entroterra fino a quando ha raggiunto una località libica. Qui si è imbarcato. Il viaggio di Omar è durato circa un mese. «Ma Omar, quando è partito, non sapeva niente di quello che lo aspettava – racconta Lia – e la cosa più impressionante è quando mi confidò che il suo papà egiziano aveva pagato per il suo viaggio, ma solo una parte perché non aveva la certezza che lui sarebbe arrivato vivo. Lui quindi ha una rabbia nei confronti dei suoi genitori perché lui non ha deciso e non è stato nemmeno avvisato. È arrivato poi in un Paese dove «parlavano e non li capivo», diceva. Poi, per fortuna, durante tutto il viaggio ha dormito. Ha chiuso gli occhi e ha dormito. Si svegliava solo quando doveva mangiare. Ha dormito finché non sono arrivati i soccorsi: una nave della Marina Militare Francese. E quando hanno comunicato con loro e hanno parlato. «Mamma – mi disse Omar – quando hanno aperto la bocca, usciva un suono. Io non li capivo. Usciva un suono. Io pensavo che dappertutto si parlasse l’arabo!».  Spiega Maurizio: «Lui non aveva l’idea dell’immensità del mondo. A casa non aveva la Tv e non andava a scuola. E… lavorava».

Sulle polemiche contro l’accoglienza e contro i soccorsi in mare, che spesso esplodono sui social, Maurizio ci tiene a precisare: «non accogliere queste persone significa non accogliere altre culture. La cultura porta giovamento». E Lia prosegue riferendo certi commenti scritti o detti anche da amici, commenti che non avrebbe mai voluto leggere o sentire, come «chi gli ha detto di fare quel viaggio? perché noi li dovremmo soccorrere?». Più di qualche volta si è sentita costretta a rispondere a tono: «quando parli con me, ricordati che il mio bambino ha fatto lo stesso viaggio e se non fosse andato qualcuno a salvarli, poteva anche morire».

E concludono insieme dicendo: «la fortuna non l’ha avuta Omar, l’abbiamo avuta soprattutto noi. E per noi, il vero supereroe è sempre lui, per tutto quello che ha affrontato nel viaggio, nella separazione dalla sua terra, nel dolore dell’abbandono da parte dei suoi genitori, negli studi e nell’apprendere una nuova lingua. Omar per noi è un miracolo. Un miracolo venuto dal mare».

UN APPROFONDIMENTO SUI MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI

Con l’espressione “minore non accompagnato”, in ambito europeo e nazionale, si fa riferimento allo straniero (cittadino di Stati non appartenenti all’Unione europea e apolide), di età inferiore ai diciotto, che si trova, per qualsiasi causa, nel territorio nazionale, privo di assistenza e rappresentanza legale (art. 2, D.Lgs. n. 142/2015 eart. 2, L. n. 47/2017). Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali pubblica con cadenza bimestrale report statistici relativi ai dati sui minori stranieri non accompagnati segnalati in Italia.

Secondo l’Atlante dei Minori Stranieri non accompagnati in Italia, curato da Save the Children, «in 6 anni, nel periodo 1 gennaio 2011 – 31 dicembre 2016, i minori arrivati in Italia sono 85.937, 62.672 dei quali (il 72,9%)sono minori non accompagnati. In numeri assoluti i minori non accompagnati tra il 2011 e il 2015 sono quasi triplicati(da 4.209 a 12.360). Una crescita esponenziale che ha però per lo più rispecchiato l’aumento del flusso migratorio complessivo. In termini percentuali, infatti, l’arrivo di minori non accompagnati è rimasto nel corso del 2014 e del 2015 costante, intorno al 7,8% degli arrivi totali».

Secondo l’Ultimo Rapporto UNICEF, «Al 28 febbraio 2019 erano presenti sul territorio nazionale 8.537 minorenni stranieri non accompagnati. Nel 2018 gli arrivi via mare di minorenni migranti e rifugiati erano stati 3.536: nei primi 4 mesi del 2019, il numero degli sbarchi di minorenni è sceso a 133».