ITALIA

Memoria e mobilitazione tra resistenza partigiana e operaia

È stata convocata una manifestazione dal Collettivo di fabbrica lavoratori-Gkn Firenze, dopo che il 9 luglio 422 lavoratrici e lavoratori sono stati licenziati via mail. L’iniziativa si terrà dalle h 20.30 di mercoledì 11 agosto nel capoluogo toscano, proprio in occasione dell’Anniversario della Liberazione della città

Firenze. Notte tra il 4 e il 5 agosto 1944.

Un fragore. I ponti si sgretolano tra frammenti e macerie, mentre i tedeschi abbandonano la riva sinistra dell’Arno e gli alleati avanzano. Solo il Ponte Vecchio viene risparmiato, ma sono distrutti dalle mine alcuni palazzi che lo attraversano.

Anche i comandanti delle Brigate Garibaldi giungono in città ed entrano in contatto con gli ufficiali dell’esercito alleato, che entrano a loro volta in contatto con il Comitato Toscano di liberazione nazionale (Ctln). Il fronte resistente allarga le sue maglie: l’Oltrarno doveva essere bonificato dai fascisti.

La sera dell’8 agosto Aligi Barducci, comandante della divisione garibaldina “Arno” conosciuto con il nome di battaglia “Potente”, passò per l’ultima volta da Piazza Santo Spirito per recarsi a una riunione operativa: sarebbe morto in un ospedale a Greve in Chianti la mattina successiva, trapassato da un colpo di mortaio.

Dal 3 agosto i tedeschi si erano barricati in un convento francescano sul Poggio dell’Incontro, per controllare e difendere la ritirata verso nord. Il 9 agosto un’unità di carristi inglesi sfondò il muro di cinta del convento occupato e due giorni dopo, l’11 agosto, il Ctln dichiarò l’ordine di insurrezione.

I partigiani – tra cui quelli dell’ex divisione garibaldina “Arno”, ora divisione garibaldina “Potente” – attraversarono e presidiarono l’Arno, mentre il Ctln nominava la giunta comunale, la prima scelta dalle forze della resistenza antifascista. La battaglia partigiana proseguì zona per zona, strada per strada, vicolo per vicolo, finché il primo settembre, liberate anche Sesto Fiorentino e Fiesole, poté dirsi conclusa.

Firenze. 11 agosto 2021.

È prevista in questa data, alle h 20.30, in Piazza della Signoria, una manifestazione indetta dalle lavoratrici e dai lavoratori della Gkn di Campi Bisenzio, fabbrica occupata dopo il licenziamento via mail di 422 lavoratori e lavoratrici, a cui vanno aggiunti un’ottantina circa di lavoratori e lavoratrici delle ditte in appalto – il licenziamento via mail risulta una prassi paradossalmente legittima a livello normativo, dopo le specifiche formulazioni legate al Jobs act di Matteo Renzi. La simbologia della scelta è forte, serve dunque capire cosa ci sta dietro.

Facciamo qualche passo indietro rispetto ai fatti che hanno portato fin qui. La Gkn è una fabbrica con sede a Campi Bisenzio. Produce semiassi per autoveicoli. Fino al 1994 lo Stabilimento era a Novoli ed era di proprietà della Fiat. La Gkn lo ha acquisito in quell’anno, spostando la struttura a Campi Bisenzio nel 1996.

Nel 2018 c’è stato un’ulteriore passaggio di proprietà che ha coinvolto un fondo di investimento finanziario, la Melrose Industries, che ha acquisito tutti gli stabilimenti Gkn, sparsi in circa 20 Paesi.

Un dettaglio: lo slogan di questo fondo è “buy, improve, sell” e la logica di questo slogan è quella dell’acquisto e successiva rivendita del patrimonio di fabbrica, sulla base di calcoli e operazioni finanziarie e speculative.

Alla GKN la produzione però, nonostante la diffusa criticità dell’automotive, non aveva subito precedentemente dei rallentamenti particolari. A Campi Bisenzio non erano mancati investimenti per aumento della capacità produttiva e per modernizzare la fabbrica. Per farli si è soprattutto usufruito dei piani 4.0 dei governi che si sono susseguiti dal 2016 a oggi e dei vantaggiosi sgravi fiscali previsti.

Il 30 giugno lo sblocco dei licenziamenti.

Il 9 luglio l’azienda aveva messo tutti i lavoratori in Permesso annuo retribuito (Par) così che non ci fosse nessuno fisicamente in fabbrica. Sempre il 9 luglio, verso le 10 di mattina, arrivava una mail a lavoratori e lavoratrici della fabbrica – strumento paradossalmente legittimo dopo l’approvazione del jobs act di Matteo Renzi – che annunciava che lo stabilimento da lunedì avrebbe chiuso per sempre. “Buy, improve, sell” e porta altrove i macchinari (costruiti con soldi pubblici), per delocalizzare la produzione e ridurre ulteriormente i costi del lavoro.

Appresa la notizia lavoratrici e lavoratori si sono recati in fabbrica, trovandosi di fronte un manipolo di sconosciuti al posto della vigilanza aziendale. Un’atmosfera particolarmente pesante, che rievoca i gravi fatti che hanno coinvolto gli operai del presidio Fedex-Tnt.

Ciononostante, i lavoratori e le lavoratrici della Gkn sono riusciti ad aprire i cancelli della fabbrica, sono entrati e hanno occupato. Sono dentro da un mese, perché, con le efficaci parole di un recente articolo dello scrittore working-class Alberto Prunetti: “ma loro gli operai non hanno risposto con una mail ma si sono raccolti in qualche centinaio davanti alla fabbrica e hanno fatto correre via i cani da guardia e si sono presi la fabbrica e poi hanno chiamato tutti e tutte a raccolta tutti e tutte dicendo venite ci siamo presi la fabbrica la fabbrica che è nostra ci lavoriamo da anni qui dentro se proprio se ne deve andare via qualcuno che se ne vada il padrone ma da qui non esce neanche una vite”. Ne è nato un percorso virtuoso di autogestione e trattativa con le realtà istituzionali e sindacali locali e nazionali “e invece di fabbricare semiassi quella fabbrica ha invertito il tempo morto con il tempo vivo e ha cominciato a fabbricare solidarietà e conflitto sociale”.

È importante sottolineare che la Gkn è una realtà di fabbrica dotata di una particolare capacità organizzativa.

Dal 2007, con lo scopo di riarticolare la rappresentanza sindacale, si è riusciti a coinvolgere l’intero stabilimento nell’attività sindacale e, oltre alla Rsu, è nato tre anni fa il Collettivo di fabbrica-lavoratori Gkn Firenze, che al momento è il soggetto principale promotore dell’occupazione.

Questa forma di mobilitazione arriva dopo aver già ottenuto buoni risultati negli anni precedenti: dal mantenimento dell’articolo 18 in azienda; all’argine ai contratti in staff-leasing, in piena rottura con il modello di mercato del lavoro promosso dal Jobs-act; passando per l’aumento delle ore di formazione previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro e del livello di inquadramento.

Su queste premesse si è innescata una logica inclusiva intorno al concetto del nessun passo indietro rispetto alla progettualità che viene presentata.

Un punto che emerge dalle dichiarazioni del Collettivo è quello di rivendicare il mantenimento del posto di lavoro piuttosto che altri tipi di soluzioni, presentando questa come unica alternativa all’andamento ciclico di riduzione di produzione e di domanda di lavoro, disoccupazione, minori salari, minore spesa, di nuovo riduzione di produzione e così via.

Un altro punto fondamentale è il ruolo di riferimento che si vuole assumere. In una recente intervista alla domanda sul significato di un motto del Collettivo, «se sfondano qui sfondano dappertutto», si sottolinea che «come lavoratori della Gkn ci teniamo a dire che questa battaglia non è solo la nostra ma, potenzialmente, quella di molti altri lavoratori e lavoratrici che potrebbero trovarsi a breve nella stessa situazione» e si aggiunge «davamo per scontato che una realtà produttivamente florida e sindacalizzata come la nostra non potesse diventare oggetto di un’aggressione così spudorata (…) infatti in questo momento la nostra lotta è un riferimento per gli altri e una sconfitta qui avrebbe un peso molto negativo su tutte quelle realtà produttive a rischio chiusura ma più piccole e meno organizzate di noi».

Emerge poi, leggendo il comunicato della manifestazione indetta per l’11 agosto, una profonda consapevolezza delle difficoltà trasversali che riguardano oggi lavoratrici e lavoratori al di là della specificità contrattuale: «Alla Gkn non sono solo in gioco 500 posti di lavoro. Si gioca il nostro futuro. Perché se sfondano lì, in una fabbrica grande, sindacalmente consapevole e organizzata, sfondano dappertutto. Perché quanto accaduto in Gkn è il risultato di decenni di attacchi al mondo del lavoro: in Gkn licenziamenti in tronco, per altri sono stati i contratti precari, lo staff leasing, finte partite Iva e perfino il lavoro in nero. E l’esito della lotta Gkn può aprire la possibilità di rimettere in discussione tutto questo. Perché senza un cambiamento dei rapporti di forza generali nel paese, la lotta Gkn non vince. E, se vince, crea un precedente prezioso per tutti».

Questa precisa logica e visione di resistenza e riaggregazione di lavoratrici e lavoratori frammentati invitati a insorgere – ormai virale l’hashtag #insorgiamoconilavoratorigkn – sembra rispondere alla coscienza della specificità di un ruolo politico e conferisce un significato sostanziale alla scelta di convocare una manifestazione proprio l’11 agosto a Firenze.

Di nuovo, con le parole del Collettivo: «Le decisioni, le mail, le affermazioni di Gkn-Melrose sono uno schiaffo all’intero territorio, uno schiaffo a tutti coloro che sono insorti in difesa dello stabilimento. E siamo chiamati tutti a reagire. E a farlo l’11 agosto sera, nella giornata della liberazione di Firenze. Da un lato un fondo finanziario che reclama uno stabilimento per distruggerlo e incassare il rialzo borsistico. Da un lato un intero territorio a guardia di 500 posti di lavoro, di uno stabilimento costruito da decenni di storia operaia e professionalità. Gli avvocati faranno le valutazioni legali. Noi qua possiamo fare altre valutazioni: quelle sulla legittimità sociale. E la legittimità sociale in questa vicenda sta da una parte, è partigiana. Sta dalla parte della lotta Gkn e di tutti i solidali. La piena giustizia si realizza laddove legittimità e legalità finiscono per coincidere. Ricordiamolo: prima di essere chiamati liberatori, i partigiani furono chiamati banditi».

Immagine di copertina: Luca Mangiacotti