MayDay Istanbul, sindacati e movimenti sfidano i divieti

Da questa mattina i concentramenti dei manifestanti sono stati dispersi con cariche, manganelli e idranti. Sindacati e movimenti hanno resistito e sfidato i divieti a manifestare del governo Erdogan.
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Una lotta fra il governo e chi rivendica libertà di manifestazione che si fa sempre più impari: questo è quello che la MayDay Turca ha evidenziato.

Come ormai è consueto e specialmente per questa occasione, il Premier Erdogan ha posto il divieto sulla storica Piazza Taksim, in ragione di una logica che vuole spostare le contestazioni da uno dei luoghi di maggiore afflusso turistico della città e per timore di dare il via a una nuova ondata di proteste antigovernative.

La celebrazione della festa del lavoro, che chiama a raccolta tutta la sinistra del paese e che quest’anno assumeva un importanza particolare essendo la prima dopo le proteste di Gezi Park, sono state ostacolate ancora prima di avere inizio.

La blindatura della città ha avuto inizio giorni prima, cataste di barriere sono apparse per le strade mentre girava la notizia che sarebbero state dislocate 40 mila unità di polizia (il doppi dell’anno precedente) e 50 mezzi blindati muniti di cannoni idranti.

L’area di Taksim è stata resa impraticabile , frotte di turisti con trolley e valige si dovevano rassegnare a perdere l’aero o non riuscire a raggiungere il proprio albergo, gli abitanti sono rimasti ingabbiati, chi doveva lavorare non ha potuto farlo; la città è stata resa fantasma dal blocco del trasporto pubblico, metropolitana, traghetti, autobus, e dalla viabilità fortemente ridotta.

Sindacati, partiti, movimenti, società civile hanno voluto comunque sfidare il divieto, ma hanno incontrato mille difficoltà anche solo per raggiugere i luoghi previsti per la formazione di cortei che non sarebbero mai partiti. Gli autobus organizzati provenienti da altre città sono stati fermati, innumerevoli posti di blocchi erano disseminati lungo il tragitto verso i concentramenti, impossibile o rischioso muoversi in gruppi superiori alle 2 o 3 unità.

Una volta miracolosamente radunati in qualche migliaia nei due luoghi indicati, la Piazza di Besiktas e l’area di Sisli, dove si trovano le sedi sindacali e dei partiti di opposizione, le cariche sono partite subito, ed è stato impossibile muovere un passo, se non per fuggire dalle nuvole densissime di gas, dai cannoni ad acqua addizionati di sostante chimiche, dalle pallottole chimiche e di gomma. Anche nei corpo a corpo le forze di polizia sono state aggressive, malmenata anche una deputata portatrice di handicap che si trovava nelle prime file del blocco sindacale.

Le cariche per disperdere i manifestanti sono continuate fino al tardo pomeriggio, la città continua ad essere disseminata di polizia, giungono ancora notizie di interventi in vari punti di Taksim.

Il bilancio è di 138 fermi e dozzine di feriti.

Un segnale di forza militare che si affina sempre di più e stritola le dimostrazioni di piazza, e vuole spingerle alla periferia della città: ma dall’altra parte, sindacati in primis, Piazza Taksim resta irrinunciabile , e ciò allude ad altri tentativi che, complice l’anniversario di Gezi Park, non tarderanno ad arrivare.