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EUROPA

Maledetta Germania Est. 30 anni dopo l‘autunno ’89

Nell’anniversario della caduta del muro di Berlino, le narrazioni sembrano occultare la drammatica realtà della riunificazione tedesca e con questa, anche il desiderio di una trasformazione anti-autoritaria della società. In questo articolo, che pubblichiamo insieme a Milano in Movimento, il resoconto di un’utopia rimossa

Tra poco iniziano le feste per ricordare i 30 anni della caduta del muro – i trent’anni della fine della DDR: la Repubblica Democratica Tedesca. Spesso le narrazioni sono insufficienti, perché parlano solo della caduta del muro, come il muro fosse stato l‘unica cosa su cui bisogna parlare e di cui ricordarsi guardando la DDR. E poi quasi mai si trova una narrazione che parla della fine della DDR riflettendo sull’inizio di questo progetto socialista fallito. La DDR è un risultato della fine della seconda guerra mondiale. Fortunatamente, gli Alleati hanno messo in ginocchio i nazisti. È brutto quando gli eserciti occupano i paesi, la guerra è la cosa peggiore che ci sia. Ma il terrore nazista con l’ampio consenso della società tedesca, che per più di 10 anni aveva distolto lo sguardo, non poteva essere rimosso con altri mezzi, perché purtroppo non c‘era stato un forte movimento di resistenza. In questo senso, oggi, da sinistra non si può che ringraziare l’Armata Rossa (e, naturalmente, le altre forze alleate). Questo articolo non tratta della fine della seconda guerra mondiale, quindi sarò breve: la Germania è stata divisa in zone di occupazione. Berlino Ovest fu appena scambiata con il piccolo stato federale della Turingia e così i paesi dell’est passarono all’Unione Sovietica (eccetto Berlino Ovest) e gli altri alle tre potenze occidentali.  Il 7 ottobre 1949 viene fondata la repubblica democratica tedesca nell’Est, che diventerà un progetto di stato socialista antifascista.

La storia dello stalinismo e dei sistemi statali autoritari dell’Est sono una tragedia. Ma quello che abbiamo visto come Ostler*innen (persone originarie della Germania Est, “Ossi”) negli ultimi anni in Germania è che le esperienze di una vita quotidiana in un altro sistema, in un altro paese – in cui c’erano almeno le assicurazioni sociali di base, di cui oggi si può solo sognare – sono completamente inosservate: nel mainstream ma anche negli ambienti di sinistra. L’anno scorso, quindi, abbiamo iniziato a parlare delle nostre esperienze tra gente di sinistra di generazioni diverse (nati tra il 1947 e il 1996) su cosa significasse essere cresciuti e vissuti in un paese che si definiva socialista, cosa si era perso e quali desideri e quali sogni si sarebbero (o spesso non si sarebbero) realizzati quando la Repubblica Federale Tedesca ha annesso l’Est. Siamo stanchi di dover scegliere tra rifiutare o difendere la RDT se vogliamo parlare dei momenti sovversivi e progressisti nell’Est. Però pensiamo che queste esperienze siano importanti per i movimenti sociali di oggi.

Soprattutto, però, è importante per noi discutere dell’Est, perché dalla primavera del 1989 c’è stato un forte sconvolgimento democratico nell’Est, non segnato dalla volontà di riunificazione con la Germania Ovest, ma dalla richiesta di un socialismo migliore e non dogmatico. Siamo entrati in questo confronto perché non vogliamo lasciare questa storia ai populisti di destra. Molte persone di sinistra provenienti dall’Est hanno brutti ricordi dei grigi e violenti anni Novanta. Per capire perché esistono tendenze razziste così violente a Est, dobbiamo rivelare il razzismo della RDT, ma anche le conseguenze della riunificazione, che si basa sulla svalutazione dell’Est.

A partire dall’estate dell’89, molte persone nell’Est hanno preso in mano il loro destino per diversi mesi. Volevano uscire dalla ristrettezza borghese e dall’aria stagnante della RDT. Volevano ristrutturare la società e trasformarla dal basso in un socialismo antiautoritario. C’era un’auto-organizzazione nelle fabbriche e nelle scuole. Le occupazioni di fabbrica si sono susseguite contro i commissariamenti.  A Bischofferode (una piccola citta in Turingia) c’è stato addirittura uno sciopero della fame nel 1993. Tutte queste storie non sono raccontate nella storiografia locale, perché sono occultate dall’egemonia della Germania occidentale.

 

 

Le solite narrazioni (storiche) non includono il fatto che una situazione di grande crisi negli anni ’90 ha liberato un enorme esercito di riserva di lavoratori disoccupati a Est. Le conoscenze dei lavoratori altamente qualificati sono state massicciamente svalutate e le infrastrutture sociali sono state privatizzate da un giorno all’altro. La Treuhand come amministrazione fiduciaria ha venduto tutta la vecchia proprietà pubblica (Volkseigentum) della RDT (fabbriche, fondi immobiliari, ecc.) grazie alle politiche della Democrazia cristiana dell’Ovest. I vincitori sono state imprese e interessi del Capitale occidentale. In tutte le istituzioni sociali della giurisprudenza, della scienza, dell’amministrazione, della polizia o dell’esercito, «i tedeschi dell’Est non si trovano oggi in posizioni decisive». Solo l’1,7% dei dirigenti dell’economia tedesca – 30 anni dopo la cosiddetta “riunificazione” – ha origine tedesco-orientale. Il capo dell’Agenzia federale per l’educazione civica, Thomas Krüger, si è spinto a parlare di “colonialismo culturale” a proposito del dominio della Germania occidentale. Colpisce anche il modo in cui vengono mantenuti i modelli di ruolo conservatori nella Repubblica Federale Tedesca, ad esempio attraverso la divisione dei coniugi, con un maggior numero di famiglie della Germania Occidentale che ne traggono vantaggio, a differenza delle famiglie della Germania dell’Est. Il modello fiscale della Germania occidentale (un modello di tassazione molto conservativo che si chiama Ehegattensplitting e favorisce le nozze), che poggia sulla spartizione del reddito familiare, funziona molto meno per le famiglie della Germania orientale semplicemente perché i salari sono molto più bassi e l’occupazione retribuita è necessaria per sfamare una famiglia. «Dei circa 22 miliardi di euro che lo Stato distribuisce anno dopo anno per la divisione del coniuge, il 93% va in Occidente. Ancora oggi, in tempi di grandi crisi economiche mondiali, l’Occidente beneficia del declassamento dell’Est, che aggrava le enormi crisi della democrazia e della mascolinità. È tempo quindi di una rivalutazione collettiva che dia riconoscimento a questi processi che si sono succeduti negli ultimi 30 anni nel Est e che hanno da fare con le situazioni politiche, economiche e sociali nell’Est.

Recentemente si sono tenute elezioni negli stati federali di Sassonia e il Brandeburgo (ex-Germania Est). Più di un quarto degli elettori ha votato per il partito populista di destra AfD. Sono stati soprattutto i giovani tra i 20 e i 45 anni a votare per l’AfD. Sono i figli di questa crisi. Non si possono spiegare il razzismo e il fascismo solo con le esperienze di insulto, frustrazione e svalutazione, ma bisogna anche cercare le cause del razzismo della RDT, che era una società isolata. Tuttavia, deve essere possibile parlare di questi processi di svalutazione per rafforzare la solidarietà e gli attori progressisti, anche antifascisti e antirazzisti dell’Est. Ciò richiede la fine dell’ignoranza e dell’arroganza dell’Occidente, che si esprime, ad esempio, nel fatto che ancora oggi molti cittadini occidentali non hanno idea della vita nella RDT e certamente non del risveglio democratico dell’autunno ’89. Ciò è spesso venuto alla luce anche nei dibattiti di sinistra. Quando si parlava degli anni ’60 e ’70, si parlava solo di quanto avvenuto nella Repubblica Federale Tedesca senza che gli oratori si rendessero conto che nella stanza c’erano anche persone che allora vivevano in un altro paese.

 

 

È tempo di cambiare per combattere per un mondo aperto, con ponti invece di muri e con persone libere. Infatti, anche se il Muro non esiste più da 30 anni, è ancora nella mente della gente. Molti amici con un background migratorio non si recano nei bellissimi laghi balneabili nei dintorni di Berlino perché sono minacciati dalla violenza. Questo deve finire. Naturalmente, la migrazione è l’unica soluzione, ma richiede anche un dibattito aperto e interessato tra persone con biografie orientali e occidentali, che non ha ancora avuto luogo. Sono ancora una volta i bambini e i giovani dell’autunno ’89 che ora si ribellano e chiedono un dibattito basato sulla solidarietà e per combattere i populisti di destra e i nazifascisti.

Per concludere. Il 9 novembre è una giornata strana per noi gente di sinistra dall’Est. Io stessa sono felice di aver avuto l’opportunità, a differenza di mia madre, di studiare dove volevo e persino di vivere in Italia. Ogni persona dovrebbe avere il diritto di spostarsi dove vuole e di rimanere dove vuole. Ma più che il 9 novembre 1989, vogliamo ricordare il 4 novembre quando 500.000 persone per la prima e ultima volta a Berlino Est hanno finalmente resa pubblica la loro opinione e hanno dimostrato per un socialismo migliore. Cinque giorni dopo il muro cadde e l’energia ribelle evaporò. Il Marco tedesco e il consumismo occidentale, così come la massiccia propaganda di Helmut Kohl e dei suoi amici, erano troppo allettanti. Per questo motivo si parla di un breve autunno di utopia nel 1989, alcuni addirittura di una rivoluzione fallita nella RDT.