ITALIA

«Mai più schiavi»: la lotta degli operai Texprint di Prato

Dodici ore al giorno per sette giorni, senza ferie né assicurazione contro gli infortuni, senza permessi per la malattia. Sono queste le condizioni di lavoro disumane che ci raccontano in questa intervista gli operai della Texprint, in sciopero da oltre 40 giorni

Gli operai della Texprint sono in sciopero da oltre 40 giorni. Le condizioni disumane cui erano sottoposti riflettono le modalità di produzione tipiche dell’Ottocento: turni da 12 ore al giorno, per sette giorni alla settimana, in assenza di qualsiasi tutela e un’ampia minoranza di personale a nero. A ciò si aggiungano anche i frequenti infortuni e le continue vessazioni messe in atto dai titolari dell’azienda ai danni del personale.

A questo proposito, i racconti degli operai descrivono un clima lavorativo tutt’altro che roseo. Non a caso, circa un mese prima dello sciopero, un lavoratore ha perso un dito sul luogo di lavoro, a fronte della totale mancanza di controlli e misure di tutela.

 

Tutti questi elementi si collocano alla base dell’insoddisfazione e della conseguente rivendicazione di condizioni lavorative degne di essere considerate tali.

 

I lavoratori della Texprint vivono sulla propria pelle le contraddizioni di un modello produttivo intenzionato unicamente a incrementare i propri profitti. I loro racconti rispecchiano una realtà ben più complessa di quella che emerge dalla narrazione mediatica di questi giorni.

La determinazione, la voglia e la forza di lottare sono ciò che si legge negli occhi degli operai. Pioggia, freddo, vento non fa differenza: loro sono sempre lì, braccia incrociate davanti ai cancelli della fabbrica. Negli ultimi giorni, da quando altre fabbriche del distretto sono entrate in stato di agitazione, le forze dell’ordine hanno alzato il livello del conflitto.

 

Oltre alla digos, adesso pure la celere in assetto antisommossa controlla (e aggredisce) questi pericolosi sovversivi, che hanno la faccia tosta di pretendere di vivere come uomini, non più come bestie.

 

Dopo il fallito tentativo di far uscire le merci, la polizia si è portata in questura due operai, dopo averli immobilizzati a terra per ammanettarli. Tra di loro c’era Alì. La mattina del giorno dopo lo ritroviamo al picchetto. Guarda le “brioches” (i poliziotti, come li chiamano loro) lamentandosi del dolore ai polsi ma sorride: non ce l’hanno fatta, oggi è un altro giorno di lotta, come tutti gli altri, fino alla vittoria.

 

 

Ed è questo che i lavoratori ci ripetono da giorni. Sono stanchi ma non hanno nessuna voglia di arrendersi. Il padrone è arrivato ad offrire migliaia di euro a ciascun lavoratore che deciderà di lasciare lo sciopero: nessuno ha accettato.Tutti sono consapevoli che ormai la vertenza Texprint ha varcato i cancelli della fabbrica, che 8×5 non è più solo la lotta di Alì, Sha o Abdul ma è la lotta di migliaia di altri lavoratori del distretto. Resistere e vincere oggi significa non chinare più la testa domani. Questa lotta non può che concludersi in un modo: con la vittoria.

Abbiamo fatto qualche domanda agli operai e a* sindacalist* presenti al picchetto durante la giornata del secondo tentativo di sgombero.

 

Quali sono le condizioni di lavoro e sfruttamento nel distretto tessile di prato?

Sarah Caudiero (Si Cobas): Le condizioni di lavoro e di sfruttamento nel tessile pratese noi come Si Cobas le abbiamo imparate venendo a contatto con i lavoratori. Abbiamo iniziato due anni fa, partendo dalla logistica e non ci eravamo mai interfacciati con il tessile, ma piano piano, giorno dopo giorno sono iniziati a venire in ufficio i lavoratori che ci raccontavano di condizioni di lavoro in cui lavoravano dieci-dodici ore al giorno, sette giorni alla settimana senza nemmeno un giorno di riposo.

Inizialmente pensavamo che fosse un’eccezione, alcune aziende particolari. Poi con il tempo ci siamo resi conto che sostanzialmente è la norma nel tessile pratese per cui le persone devono lavorare tutti i giorni, senza mai fare un giorno di riposo per dodici ore almeno e con paghe mensili che vanno dagli 800, 1000-1100 euro. Purtroppo è una condizione che si è sviluppata negli anni e che vede coinvolti molti lavoratori migranti, in primis i lavoratori cinesi, poi pakistani, bangladesi, africani e tantissime persone richiedenti asilo che quindi sono costrette ad accettare ogni condizione contrattuale e di lavoro per poter avere un permesso di soggiorno e continuare a stare su territorio italiano.

 

Come nasce lo sciopero?

Io provo un po’ a parlare di come è andata con la Texprint. Noi avevamo conosciuto questi ragazzi alcuni mesi fa, quando eravamo venuti a conoscenza di un’altra lotta che c’era stata. Lavoratori che lavorano in una ditta di borse, di un marchio anche molto famoso, che anche loro lavoravano 12 ore sette giorni. Questi ragazzi erano 7-8 hanno iniziato uno sciopero e hanno vinto, e hanno iniziato anche loro a lavorare 8 ore 5 giorni.

Quindi hanno parlato ai loro amici di cosa era successo e della lotta che avevano fatto. Da ultimo sono arrivati alla Texprint. Molto spesso gli scioperi nascono dal passaparola, dal rapporto con amici e coinquilini, che raccontano le lotta che si sono fatte e le vittorie raggiunte. Per questo è venuto da noi un gruppo di lavoratori, abbiamo discusso insieme di quali erano i problemi, i turni di lavoro da una parte e dall’altra le figure molto ambigue e opache, come quelle dei caporali. Che avevano avuto atteggiamenti aggressivi, avevano preso a pugni in faccia alcuni lavoratori, imponendo una condizione non solo rispetto agli orari di lavoro ma anche di dignità sul posto di lavoro.

 

 

Le persone venivano vessate, trattate male e per questo abbiamo iniziato a discutere delle varie problematiche e poi col tempo ci siamo organizzati per iniziare lo sciopero. Purtroppo molte volte non inizia subito, perché molto spesso ci sono altre vertenze, altre aziende in lista d’attesa che vorrebbero iniziare uno sciopero il prima possibile. Per questo dopo alcune settimane, all’inizio di gennaio, dopo le vacanze di natale, abbiamo mandato questa mail in cui dicevamo che le persone si erano iscritte al sindacato e la reazione è stata che sono stati messi in cassa integrazione. Per cui immediatamente abbiamo deciso di iniziare lo sciopero e questa storia che dura da 40 giorni.

 

Che cosa cercate di ottenere con gli scioperi?

I lavoratori molto spesso hanno delle differenze retributive molto molto alte, che risalgono a quanto non gli è stato pagato negli anni: la differenza fra la retribuzione contrattuale per 40 ore settimanali (900-1000 euro mensili) e quella per le effettive 12 ore che svolgono per sette giorni (3-4.000 euro). Però l’obiettivo tante volte è ricominciare e iniziare a lavorare secondo il contratto collettivo nazionale, seguendo le regole, e questo è molto importante per i lavoratori.

Per esempio nella Texprint, l’unica soluzione che ha dato l’azienda è stata una soluzione economica, dare una buonuscita di 10.000 euro a testa e andare via. Probabilmente per molte persone diecimila euro non sarebbero poche e non sarebbero un qualcosa da rifiutare senza problemi, ma il punto è che queste persone iniziano queste lotte per continuare a lavorare, per mantenere il loro posto di lavoro, per lavorare con dignità e decentemente, e non più secondo i ritmi di prima. Per cui quello che noi di base alle trattative chiediamo sono cose molto semplici, sono dei contratti a tempo indeterminato che rompono il meccanismo della precarietà.

Per cui le persone, una volta che sono iscritte a un sindacato, non rischiano di perdere il proprio posto di lavoro e sappiamo che quello della precarietà è un problema molto grande non solo nel tessile ma sicuramente per tantissimi lavoratori in Italia. E contratti di otto ore, visto che molto spesso le persone hanno contratti fittizi di 2 ore, 4 ore. Quindi una contrattualizzazione che preveda otto ore giornaliere e i contratti a tempo indeterminato. Con altre aziende stiamo costruendo un percorso per avere miglioramenti sui livelli di inquadramento, per esempio più ferie per potersi recare nei loro paesi di origine, però le trattative iniziali sono molto semplicemente contratti di otto ore a tempo indeterminato.

La campagna di 8×5 di quest’anno è nata dalla necessità di trovare parole semplici, chiare, che potessero essere di grande cambiamento per cui abbiamo pensato a queste tre parole, otto ore cinque giorni, che però vogliono dire molto di più, non è solo l’orario di lavoro ma vogliono dire avere tempi di vita, non lavorare più come animali, avere più ferie, essere meno stanchi, vivere senza preoccupazioni: sullo striscione i lavoratori hanno voluto scrivere mai più schiavi, per avere una vita più bella. Una lotta che parla delle condizioni di lavoro ma esprime di più e vuole andare oltre e chiede di lavorare con dignità e vivere con dignità. Noi pensiamo che questa campagna possa andare lontano, possa parlare a tantissimi altri lavoratori che ancora nel tessile continuano a lavorare in queste condizioni, ma non solo nel settore tessile.

Sono sempre più i lavoratori che guardano questo cartello e dicono «ma anche io non lavoro otto ore al giorno per cinque giorni, anche io lavoro dieci ore, faccio sempre straordinari, lavoro anche nel weekend, devo sacrificare tutto il tempo della mia vita per andare a lavorare e guadagnare il minimo indispensabile». Per questo portiamo avanti questa campagna che ha preso le forme della vertenza della Texprint, ma continueremo a portarla avanti perché pensiamo che possa essere molto efficace e molto significativa.

Alì e Sha sono due operai che hanno preso parte ai fatti del 1° marzo. Quando, cioè, nella tarda mattinata si è palesato il primo tentativo di sgombero. Entrambi sono stati portati in questura e uno di loro ha riportato ferite a seguito della repressione esercitata dalle forze dell’ordine.

 

Quali sono le vostre condizioni lavorative alla Texprint?

Lavoriamo alla Texprint dodici ore per sette giorni, tutta la settimana, senza ferie, senza permessi per malattia e senza assicurazione contro gli infortuni.

 

Cosa chiedete alla Texprint?

Chiediamo che siano rispettati i nostri diritti, vogliamo avere un contratto regolare e che il nostro contratto sia rispettato, noi non vogliamo più lavorare dodici ore come degli animali, vogliamo il nostro tempo: per conoscere Italia, per studiare e per passare il tempo con le nostre famiglie.

 

Da quanti giorni siete in sciopero e come sta andando?

Siamo qui da quaranta giorni in sciopero alla Texprint. Chiediamo i nostri diritti, un contratto regolare, perché abbiamo lavorato dodici ore sette giorni, siamo stanchi non vogliamo più lavorare sette giorni dodici ore, la Texprint non vuole ancora accettare e siamo qui da quaranta giorni.

 

In che rapporti siete con al Texprint e con gli altri lavoratori, anche italiani?

Abbiamo parlato un po’ anche con gli altri lavoratori, anche loro vogliono che lavoriamo otto ore cinque giorni ma forse loro non hanno ancora capito bene che cosa stiamo facendo qui e per questo loro ancora non ci hanno raggiunti. Ma anche loro vogliono lavorare otto ore cinque giorni. Forse loro hanno paura di quello che succede dopo per questo ancora non sono usciti (dalla fabbrica), ma anche loro vogliono lavorare otto ore cinque giorni.

 

Che cosa vorreste dire a tutti i lavoratori?

Vogliamo dire a tutti i lavoratori, anche di questa città, Prato, che da altre parti abbiamo fatto lo sciopero e hanno accettato le nostre richieste. Molti fratelli già lavorano otto ore cinque giorni, perché hanno scioperato. Ora siamo qui davanti alla Texprint, fino alla vittoria. Sono passati quaranta giorni, stiamo dando un messaggio anche a tutti gli altri, a tutti quanti, che non abbiamo paura.

Non lavorate più dodici ore per sette giorni. Vogliamo un contratto regolare, otto ore per cinque giorni. Dobbiamo dare un messaggio a tutti i lavoratori che non abbiamo paura che stiamo chiedendo un nostro diritto e niente altro di più.

 

Tutte le foto di Studenti di Sinistra – Firenze