ITALIA

L’inganno del nucleare: la Tuscia si mobilita

Sono 60 i comuni del Viterbese uniti contro l’ipotesi di insediamento nel territorio dell’Alta Tuscia del deposito nazionale di scorie nucleari: soldi e promesse in cambio della salute. Domenica in marcia per denunciare «il grande rischio di contaminazione di un territorio dove è presente un alto grado di radioattività naturale»

Come per le erbe infestanti, che più le tagli e più ricrescono, così è il nucleare che ciclicamente, e sotto mentite spoglie, torna a insinuarsi nel nostro paese. Non sono bastati ben due referendum, ambedue vinti dal “no” (il primo nell’aprile del 1986, il secondo nel marzo del 2011) a eliminare in modo definitivo la minaccia di far rientrare dalla finestra quello che era stato sbattuto fuori dalla porta. Non sono bastate due catastrofi devastanti – Chernobyl nel 1986 e Fukushima nel 2011 –  per dimostrare che l’opposizione alle centrali nucleari non era una presa di posizione “ideologica” ma la sola risposta possibile alla pesantissima spada di Damocle sul mondo intero. Ora di nuovo si ricomincia a parlarne, seppure nella forma apparente del “solo” stoccaggio delle scorie.

Il gioco è quello di chi prenderà la pagliuzza più corta: la CNAI (Carta Nazionale delle Aree Idonee), organismo governativo appositamente creato per decidere dove istallare il deposito nazionale, ha individuato 51 aree. Si parla, per ora, di 78mila metri cubi di rifiuti radioattivi a bassa e media intensità, la cui radioattività decade a valori trascurabili nell’arco di 300 anni e altri 17mila ad alta intensità provenienti dallo smantellamento delle quattro centrali nucleari, tutte in fase di dismissione: a Trino, nella zona di Vercelli, a Caorso (Piacenza), a Latina e una nel comune di Sessa Aurunca (Caserta), sul fiume Garigliano. Ma il “contratto” vale per cinquant’anni e chissà mai che, nel frattempo, il famelico Salvini o chi per lui non decida di acchiappare, oltre al ponte sullo stretto, anche una nuova stagione del nucleare. Del resto, sarebbe in buona compagnia dal momento che a favore delle centrali, oltre alle destre di governo, ci sono anche i partiti di Renzi e Calenda.  Così, come si dice a Roma, a chi tocca non si ingrugna. A meno che non ci siano delle autocandidature, lautamente compensate. Al momento ne sarebbe arrivata una sola, quella di Trino Vercellese ma, se il sindaco di Forza Italia ha aderito entusiasticamente, non altrettanto hanno fatto i comitati e i sindaci della zona. E, in ogni caso il tempo per proporsi scadrà il 12 marzo.

Il deposito è comunque un bell’affaruccio con un investimento di 900 milioni di euro, una manodopera pari a 4000 operai e, secondo i calcoli dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione, quattro anni di lavori. Al termine dei quali dovrebbero sorgere, nel sito individuato, novanta costruzioni in calcestruzzo armato.

Ma pare proprio che quella pagliuzza non voglia prenderla nessuno. Così già da tempo si sta assistendo alla sollevazione delle regioni “prescelte”: Basilicata, Puglia, Sardegna, Sicilia e soprattutto Lazio o più esattamente la provincia di Viterbo nella quale sono stati individuati ben 21 comuni. Mesi fa la Sardegna ha già fatto sentire la propria voce dichiarando la propria indisponibilità. Seguita dalla Sicilia.

Domenica 25 febbraio toccherà ai 60 comuni della Tuscia che hanno indetto, uniti, una manifestazione/marcia. Un’adesione unitaria e totale quella della Provincia di Viterbo come non si è mai vista a cui si aggiungono anche le adesioni dei comuni del litorale della provincia di Roma e Grosseto.

I comuni promotori, Corchiano, Gallese, Soriano nel Cimino, Vasanello e Vignanello dopo due settimane dall’annuncio della marcia, hanno raccolto la straordinaria partecipazione di 170 tra associazioni e comitati. Che, assieme alla Provincia di Viterbo, hanno da tempo messo in campo altre forme di protesta, come i ricorsi al Tar.  È infatti fissata  per il 24 aprile l’udienza per discutere il ricorso contro la carta nazionale delle aree potenzialmente idonee a ospitarlo, presentato da Comuni, Provincia e numerose associazioni ambientaliste, tra cui il Comitato Montalto Futura e il Biodistretto delle forre e della via Amerina che denunciano «il grande rischio di contaminazione di un territorio che già incorpora un alto grado di radioattività naturale ed è primo per incidenza dei tumori tra tutte le provincie del centro Italia. L’origine vulcanica, la ricchezza delle falde di superficie, la problematica sismica e la vicinanza ai centri abitati moltiplicano i rischi di contaminazione radioattiva provocati dal sito di scorie nucleari. Il deposito compromette la vocazione e il dinamismo sociale del Viterbese, colpisce il suo patrimonio naturale ed economico, sarebbe la condanna della Tuscia all’assistenzialismo e alla regressione demografica e a un futuro senza popolo».

Appuntamento, domenica, in quattro dei cinque comuni promotori dell’iniziativa: alle 9 da Gallese (piazza Castello), alle 9,30 da Vignanello (piazza Cesare Battisti), alle 10 da Corchiano (piazza del Comune, da cui muoverà il cordone principale) e alle 10,30 da Vasanello (località Santa Bruna). Alle 12 è previsto il raggiungimento del punto intermedio collocato alla stazione ferroviaria di Corchiano mentre l’arrivo è al monumento naturale Pian Sant’Angelo presso l’azienda agricola della famiglia di Fulco Pratesi.

Immagine di copertina dal corteo del 25 febbraio, foto di Milos Skakal