MONDO

Liberati gli attivisti indigeni dopo 5 giorni di sequestro

La pressione politica ha permesso la liberazione di Obtilia e Hilario, attivisti messicani indigeni. Rimangono pesanti ombre sul ruolo dello stato nella desaparicion e nell’assenza di protezione.

Alla fine quello che ormai stava diventando impossibile è successo. Sabato 16 febbraio sono riapparsi Obtilia Eugenio Manuel e Hilario Cornelio, attivisti indigeni messicani di etnia Me’phaa scomparsi da martedì 12 dopo aver preso un taxi per raggiungere il capoluogo dello stato di Guerrero, Chilpancingo.

Non era per nulla facile né scontato. Quando accadono sequestri di matrice politica come questo la macchina che porta alla scomparsa definitiva del corpo è difficile da arrestare. La desaparicion forzata è lo strumento che i governi autoritari hanno sempre utilizzato non solo per annichilire chi resiste e denuncia ingiustizie, ma anche per seminare terrore e paura tra chi rimane in vita. L’assenza del corpo, la scomparsa non comprensibile, né razionalizzabile, l’assenza di informazioni, sono tra gli elementi che determinano maggiore sgomento e che rendono ancora più difficile continuare il lavoro di opposizione e resistenza.

Questa volta invece i due attivisti indigeni sono stati liberati in tempo. Il governatore dello stato del Guerrero ha ringraziato la polizia per aver permesso la liberazione, mentre invece il compagno di Obtilia, Cuauhtemoc Ramirez in una conferenza stampa ha dichiarato che lo stato non è intervenuto in nessun modo e che, una volta lasciata libera dai sequestratori, è stata Obtilia stessa a chiamarlo al telefono per chiedere di essere soccorsa.

I due attivisti stanno ora ricevendo cure e attenzione medica dopo i giorni difficili. Saranno loro a decidere quando, quanto e cosa raccontare di quello che hanno vissuto

L’ingranaggio di morte si è riuscito a bloccare, forse non si saprà mai il perché, ma di sicuro la reazione nazionale e internazionale è stata fortissima, dalle organizzazioni di diritti umani, alle persone che hanno manifestato costantemente in tutto il paese, fino all’ONU stesso. Il caso di Obtilia rimane quindi anche come un precedente di speranza rispetto alla lotta politica contro la desaparicion forzata. Attivarsi e protestare a tutti i livelli può permettere di salvare le persone.

Rimangono domande aperte. Perché Obtilia a novembre aveva esposto una denuncia in procura per le costanti minacce di morte che riceveva telefonicamente e non è stato fatto nulla da parte di chi ha il compito di garantire la sua sicurezza? Perché il suo ruolo esposto all’interno di un organo ufficiale (il Consiglio delle Autorità Municipali di Ayutla) non è protetto? Perché il governatore dice che la liberazione è opera delle sue forze di sicurezza che invece non sono state viste né sentite dai sequestrati?

Ricordiamo che le stime più moderate parlano oggi di 40.000 desaparecidos in Messico oggi, la grande maggioranza dei quali scomparsi tra il 2006 e il 2019. Nel 2006 l’allora presidente Calderon lanciò la sua guerra contro il narco, che si tradusse in un velo per poter compiere qualunque violenza nei confronti delle comunità rurali a causa della fortissima presenza dell’esercito nei territori.

La desaparicion forzata sarà una questione chiave per comprendere le linee strategiche del nuovo governo di Andres Manuel Lopez Obrador, anche se, come abbiamo raccontato, quanto sta accadendo con il progetto di Guardia Nazionale non promette nulla di buono.