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MONDO
Le primarie del Pacto Histórico in Colombia tra tensioni politiche e sfide future
A fine ottobre quasi tre milioni di votanti hanno scelto alle primarie del Pacto Histórico Iván Cepeda Castro come prossimo candidato presidenziale delle sinistre, in uno scenario segnato da tensioni internazionali, dalle operazioni militari di Trump nei Caraibi e dalla riconfigurazione del conflitto armato nel paese
A poco meno di un anno dalle elezioni, le tensioni nel paese sono cresciute su più fronti e la campagna elettorale ha fatto irruzione sullo scenario politico colombiano: tra riforme sociali, elezioni primarie delle sinistre e tensioni internazionali, il cammino verso le presidenziali che definiranno il futuro governo del paese, e la continuità o meno di un processo di trasformazione sociale, si iscrive in un contesto di pesanti ingerenze statunitensi nella regione.
L’approvazione della riforma del lavoro dello scorso giugno ha sbloccato il cammino delle riforme sociali promesse dal governo e votate da milioni di persone alle scorse presidenziali. Si tratta di una delle questioni più importanti del programma politico progressista: l’approvazione al Congresso e al Senato è stata ottenuta solamente dopo imponenti mobilitazioni sociali, significative tensioni sociali e politiche nel paese e nelle istituzioni, fino all’annuncio di una consulta popolare, poi ritirata dallo stesso Petro dopo l’approvazione della riforma. Mentre l’ambivalente riforma delle pensioni, che istituisce un fondo minimo universale per tutte le persone escluse dal sistema pensionistico, ma al tempo stesso finisce per rafforzare i fondi privati, è stata approvata, ma poi sospesa dalla Corte Costituzionale, la riforma della salute è ancora blocccata al Senato e rappresenta l’ultima delle grandi riforme che il governo cercherà di approvare prima della fine del mandato di Gustavo Petro.
La violenza nel paese
La violenza, che caratterizza la storia e, in modi diversi, il presente del paese, si espande nei periodi elettorali, con un aumento degli omicidi contro i leader sociali nel paese, come denunciato dall’ONG Indepaz, che ha pubblicato un documento denunciando 158 leader sociali assassinati nel 2025 (fino all’11 novembre, data di pubblicazione del report), e 34 ex guerriglieri che hanno firmato la pace (nel 2024 erano stati rispettavamente 173 e 31). Intanto, dallo scorso giugno, la violenza politica ha fatto nuovamente irruzione sulla campagna elettorale, con l’attentato durante un comizio a Bogotà lo scorso giugno contro il candidato di estrema destra Miguel Uribe (poi deceduto dopo due mesi di ospedale, ad inizio agosto), colpito da un colpo di pistola alla nuca da un sicario minorenne (da chiarire ancora chi siano stati i mandanti).
Una successiva accelerazione su grande scala si è avuta con gli attentati di fine agosto a Cali (autobomba di fronte ad una scuola militare, con sette morti e 78 feriti, tra i quali diversi civili) e nel territorio di Antioquia (12 poliziotti uccisi nell’abbattimento di un elicottero militare impegnato nell’attacco contro coltivazioni illecite) quando diversi gruppi armati, legati alle dissidenze delle ex Farc e ai paramilitari del Clan del Golfo, hanno attaccato forze militari, in risposta all’offensiva dell’esercito colombiano. Nel pieno di uno scenario di profonda riconfigurazione delle logiche e delle forme del conflitto armato, come analizzato da Alejandro Cortés Ramirez, l’orizzonte della Pace Totale, proposta dal nuovo governo con l’obiettivo di costruire tavoli di negoziazione con le diverse formazioni armate che operano nel paese, si sta confrontando con la ripresa di nuove ondate di violenza: dopo la crisi nel Catatumbo precipitata nel mese di gennaio, gli sfollamenti forzati in diverse regioni del paese e le autobombe ad agosto, nelle scorse settimane sono stati effettuati una serie di bombardamenti da parte dell’esercito colombiano contro diversi gruppi armati in vari territori del paese.

Mobilitazioni sociali
In questo contesto, negli scorsi mesi, si sono tenute una serie di mobilitazioni sociali e popolari in diverse città colombiane: in primo luogo, a fine settembre, diversi movimenti sociali del paese hanno organizzato a Bogotá la Cumbre Nacional Popular “La città per chi?”. Con la partecipazione di oltre millecinquecento militanti di organizzazioni popolari, per tre giorni all’Università Pedagogica nei laboratori, nelle assemblee e nelle riunioni centinaia di persone hanno discusso l’agenda di lotta dei movimenti popolari nel paese: dall’ecologia al femminismo, dalle economie popolari al diritto alla città, dalla sicurezza nei territori fino alle resistenze nel mondo dell’arte e della cultura, hanno costruito uno spazio di dibattito, articolazione e confluenza di movimenti provenienti da oltre quindici città e regioni del paese. L’ultimo giorno un corteo ha attraversato la zona finanziaria e i quartieri ricchi della città, reclamando diritti e giustizia sociale, e denunciando gli interessi e le violenze delle elite finanziarie e oligarchiche del paese.
A metà ottobre, dopo le grandi mobilitazioni per la Palestina di inizio mese, con lo slogan “Aquí en la lucha” decine di manifestazioni hanno attraversato il paese denunciando il ritorno e l’impunità del paramilitarismo e della violenza nei territori, rivendicando potere popolare e diritto alla città, sovranità nazionale contro le ingerenze statunitensi, fine del paramilitarismo e della criminalizzazione dei lavoratori e delle lavoratrici ambulanti nelle città, denunciando l’impatto della turistificazione nei territori dei Caraibi. Nelle diverse città, nei blocchi stradali e nelle proteste di fronte alle istituzioni, con l’occupazione simbolica di una serie di Ministeri (a cui il ministro degli Interni Bendetti ha risposto con gravi e preoccupanti dichiarazioni di criminalizzazione delle lotte sociali), i movimenti hanno chiesto un impegno del governo Petro nell’affrontare l’emergenza umanitaria, approvare le riforme sociali, e rispettare gli accordi sottoscritti con le comunità nelle diverse regioni del paese.

In piazza contro l’ingerenza di Trump
A fine ottobre, venerdì 24, in un momento di forti tensioni internazionali con il governo statunitense, il presidente Gustavo Petro ha convocato una mobilitazione nella centralissima Plaza de Bolívar a Bogotá. Denunciando le misure economiche e militari del governo degli Stati Uniti di Donald Trump che colpiscono la sovranità nazionale, dall’aumento dei dazi sui prodotti colombiani alle azioni armate nei Caraibi e sul Pacifico con il pretesto delle operazioni antidroga, Gustavo Petro ha annunciato nuove alleanze economiche globali per fare fronte a questa situazione. Ha poi rivendicato il tasso più alto di sequestri di cocaina degli ultimi decenni nel paese, segnalando come queste operazioni non abbiano comportato né i massacri, né le altissime cifre di morti che hanno caratterizzato la “guerra alla droga”, né esecuzioni extragiudiziali, come quelle che le forze militari statunitensi stanno compiendo negli ultimi mesi impunemente nei Caraibi e nel Pacifico.
Non è un caso che la de-cecertificazione della Colombia, da parte degli Stati Uniti, rispetto alla lotta contro il narcotraffico sia arrivata proprio pochi mesi prima delle elezioni: Petro ha denunciato l’inclusione del suo nome, e di alcuni suoi familiari, assieme al ministro degli Interni Benedetti, nella cosiddetta Lista Clinton – ufficialmente la Specially Designated Narcotics Traffickers List (SDNT), amministrata dagli Uffici del Controllo di fondi stranieri del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti – una misura politica di pressione contro il governo colombiano che include l’impedimento di accedere al sistema finanziario. Una avanzata gravissima contro il governo progressista e contro la Colombia, assieme al ritiro dei fondi e degli aiuti nella cooperazione militare.
Una manovra che interviene nella politica interna di un paese con l’obiettivo di delegittimare il governo e rafforzare l’estrema destra in vista delle elezioni: le condizioni che pone il segretario di Stato Rubio sono quelle di cooperare con gli Stati Uniti, come affermato poco prima di partire per Tel Aviv a sostenere il genocidio in Palestina. Dal palco di Plaza Bolívar, Petro ha qualificato questo atto come una persecuzione politica ed un affronto alla sovranità colombiana. L’attacco proprio sul tema del narcotraffico, contro il governo che ha sequestrato il numero più alto di tonnellate di cocaina negli ultimi decenni, arriva come segnale politico, esplicitamente voluto da Trump, come parte del nuovo progetto interventista ed imperialista statunitense in America Latina, alla pari con le portaerei militari di fronte alle coste venezolane.
Infine, davanti alla piazza gremita di manifestanti, Gustavo Petro ha annunciato che il prossimo 20 luglio (anniversario dell’indipendenza colombiana) il suo governo presenterà al Congresso un progetto di legge per l’Assemblea Nazionale Costituente, con l’obiettivo di trasformare la struttura politica ed economica del paese secondo i principi di giustizia sociale, sovranità e partecipazione popolare.

Le primarie del Pacto Histórico
In questo clima teso nel paese, poche ore dopo la mobilitazione, si sono tenute domenica 26 ottobre le primarie del Pacto Histórico, che hanno visto la partecipazione di oltre 2 milioni e settecentomila votanti, un risultato definito come straordinario da diversi analisti politici e dallo stesso Pacto Histórico (le attese era di circa un milione e mezzo di votanti, per una consulta primaria inedita e senza che coincidesse con alcuna data elettorale nel paese). L’elezione ha definito sia il prossimo candidato unitario delle sinistre alle presidenziali del maggio del 2026, sia l’ordine delle liste per la Camera e il Senato, alle elezioni parlamentari del prossimo mese di marzo.
Con oltre un milione e mezzo di voti, corrispondete al 65% delle preferenze, ha vinto la consulta popolare Iván Cepeda Castro, leader del Movimiento Nacional de Víctimas de Crímenes de Estado (Movice), figura di riferimento delle negoziazioni di pace con le FARC e con l’ELN, mentre al secondo posto, con poco meno di settecentomila voti, è arrivata Carolina Corcho, ex ministra della Salute del governo attuale, che sarà la prima candidata al Senato. Un voto significativo per il paese, che rilancia il Pacto Histórico come il principale partito a livello nazionale, e prepara le elezioni primarie del Frente Amplio annunciate per marzo, per definire la coalizione più ampia di centrosinistra che punterà alla continuità di un governo progressista nel 2026. Cepeda ha annunciato che lavorerà per una ampia coalizione e come punti salienti del programma, in continuità con il governo attuale, ha segnalato che punterà ad una rivoluzione etica, economica e ambientale, per consolidare la Colombia come una “potenza mondiale della vita”.
Iván Cepeda è una figura di riferimento nel paese per le denunce contro il paramilitarismo, figlio di Manuel Cepeda, un dirigente del partito comunista assassinato dai paramilitari nel 1994, nell’ambito dello sterminio della Unión Patriótica, molto conosciuto per il processo portato avanti contro l’ex presidente Álvaro Uribe Vélez che, condannato in primo grado a a 12 anni a fine luglio per corruzione e frode procedurale , dopo un mese di arresti domiciliari è stato assolto in secondo grado, a fine ottobre. L’istanza decisiva passerà adesso alla Corte Suprema, l’istituzione più temuta dall’ex presidente, per la cui liberazione si è speso direttamente il presidente statunitense Trump in più occasioni. Allo stesso modo, Trump ha difeso Bolsonaro dopo la condanna per il tentato golpe, aumentando i dazi per i prodotti provenienti dal Brasile: non è un caso che le pressioni statunitensi sulla Colombia e su Petro sono arrivate puntuali dopo la condanna in primo grado dell’ex presidente. L’interventismo statunitense è stato decisivo anche in Argentina con il prestito a garanzia della stabilità del peso rispetto al dollaro condizionato dalla vittoria elettorale di Milei, annunciato poco prima delle elezioni di Midterm, che ha avuto un peso non minore sul voto argentino di fine ottobre.

Manovre di guerra nei Caraibi
I tentativi delle destre a livello nazionale e internazionale, in articolazione con gli Stati Uniti, di screditare e colpire il governo colombiano si succedono senza sosta di settimana in settimana, mostrando quelle trame di potere e complicità che sono tornate al centro dello scenario e della contesa politico già diversi mesi fa, quando il presidente Gustavo Petro aveva denunciato il tentativo di golpe blando di Leyva, suo ex cancelliere, che aveva negoziato con esponenti del partito repubblicano statunitense una transizione post democratica in Colombia. Un tentativo fallito che ha però mostrato le implicazioni tra paramilitari, destra colombiana e il partito repubblicano statunitense, denunciate da Petro e da diversi media a livello internazionale.
Queste manovre si situano all’interno di un nuovo scenario di scontro nei Caraibi, attraverso l’offensiva di Trump contro il Venezuela, nell’ambito di una riedizione della guerra alla droga, cominciato con la mobilitazione dei marines e delle navi portarei militari Usa nel Caribe, con le provocazioni e le minacce a pochi chilometri dalle coste venezolane, l’attacco contro il governo Petro in Colombia, i missili sparati contro presunte lance di narcotrafficanti, in alcuni casi contro pescatori colombiani e venezuelani nei Caraibi e sulle coste dell’oceano Pacifico, con oltre 79 esecuzioni extragiudiziarie accertate, veri e propri assassinii compiuti dalle forze militari Usa.
La risposta di Petro arriva in occasione della riunione dell’ONU di fine settembre, con un discorso di denuncia dei venti di guerra nei Caraibi, e delle connivenze tra il partito repubblicano e il narcotraffico a livello internazionale, in connessione con mafie e poteri finanziari negli Stati Uniti e in Europa. Ieri intanto, è stata lanciata anche l’operazione Lancia del Sud, annunciata da Trump, con una ancora più grande mobilitazione militare che estende le operazioni già attive dal mese di agosto, con minacce dirette contro il Venezuela, e la destabilizzazione dell’area caraibica come nuovo teatro di operazioni di guerra.
Le sfide della coalizione progressista in Colombia, così come quelle dei movimenti sociali e popolari che hanno l’obiettivo di costruire la pace con giustizia sociale, in questo scenario, diventano ancora più complesse ed urgenti, ed al tempo stesso decisive, per accumulare forze contro il regime di guerra, contro la riedizione del Plan Colombia, evocato come primo punto del programma elettorale a venire dall’estrema destra da parte dello stesso Álvaro Uribe Vélez, e per mantenere aperta la possibilità di un cambiamento sociale, di pace e giustizia in Colombia e in America Latina.
Tutte le immagini in questo articolo sono di Sebastián Bolaños Pérez, fotografo e collaboratore di Dinamopress, da Bogotá, Plaza Bolivar, 24 ottobre 2025
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