Lampedusa: non chiamatela tragedia

La testimonianza da Lampedusa di Giacomo Sferlazzo dell’associazione Askavusa.

03.10.2013 ore 12,30

La notizia esplode lungo la mattinata: appena quattro giorni dopo i tredici migranti arrivati morti sulla spiaggia di Scicli, un naufragio al largo di Lampedusa, ultimo scampolo di Europa, testimone del Mediteranneo che diventa un cimitero. Il bilancio dei morti potrebbe arrivare a trecento persone, poco più di centocinquanta sono state tratte in salto e più di ottanta al momento i corpi recuperati.

DINAMOpress ha raggiunto al telefono Giacomo Sferlazzo dell’associazione antirazzista lampedusana Askavusa: “Che vi devo dire? Siamo qua a raccogliere i morti, a contarli. Il barcone si è ribaltato non lontano dall’isola, dal lato della Tabaccara, cinquecento persone circa da quello che riusciamo a capire, purtroppo i sacchi non basteranno. La maggior parte di loro, a differenza di quello che dicono i media, non sono siriani ma provengono dall’Africa subsahariana”.

Una tragedia è quella ci descrive Giacomo, certo, ma che ha responsabilità precise: “Le storie ormai le conosciamo, le conoscono tutti. I viaggi disumani dei migranti, gli scafisti e il ruolo delle organizzazioni criminali, ma allora perché non si fa nulla? Gli sbarchi e i naufragi sono iniziati oramai trent’anni fa. Non succede nulla perché queste tragedie sono responsabilità delle politiche migratorie europee, perché l’accoglienza è un business e i migranti clandestini sono manodopera da schiavizzare”.

Raccontiamo a Giacomo che Angelino Alfano e Laura Boldrini stanno per arrivare a Lampedusa: “Noi siamo per portarli prima qua, tra i morti, e poi per mandarli via e ributtarli a mare. Siamo stanchi delle ipocrisie e le lacrime di coccodrillo delle istituzioni. Se vogliono veramente fare qualcosa, aprano un corridoio umanitario dalla Libia, invece di spendere milioni di euro per missioni di pattugliamento e per Frontex. Soldi che alla fine servono per raccogliere cadaveri”.