ROMA

Il lago di Bracciano è salvo (per ora)

Il Tribunale Superiore per le Acque Pubbliche ha respinto il ricorso di ACEA e Roma Capitale contro lo stop ai prelievi di acqua imposto dalla Regione Lazio. Si chiude finalmente, in modo positivo, la vicenda che ha visto contrapporsi da un lato ACEA dall’altro cittadini e istituzioni locali sul prelievo delle acque del lago di Bracciano, che attraversa ancora oggi una gravissima crisi idrica esplosa nell’estate del 2017

Si chiude finalmente, in modo positivo, la vicenda che cha visto contrapporsi da un lato ACEA dall’altro cittadini e istituzioni locali sul prelievo delle acque del lago di Bracciano, che attraversa ancora oggi una gravissima crisi idrica esplosa nell’estate del 2017 con l’abbassamento del livello a valori mai visti: in quel periodo ACEA continuava a prelevare costantemente grandi quantità di acqua, andando anche oltre quanto previsto da una vecchia convenzione che impone vincoli precisi: in particolare, le captazioni sono consentite saltuariamente per far fronte a situazioni di emergenza, in ogni caso senza compromettere l’equilibrio ecologico del lago e garantendo che il livello non scenda oltre una determinata soglia.

Entrò in campo anche la Regione Lazio che inizialmente pose dei limiti ad ACEA, provocando la reazione di ACEA stessa e del Comune di Roma.

A dicembre 2017 la Regione confermò lo stop alle captazioni approvando un provvedimento che, pur ribadendo il ruolo del lago quale “riserva idrica strategica”, condiziona eventuali futuri prelievi ad una autorizzazione regionale: si confermano i vincoli esistenti – prelievi in casi di emergenza e rispetto dei vincoli ecologici, e si prevede che gli eventuali prelievi vengano monitorati con continuità tramite il posizionamento di un misuratore di portata controllato e gestito autonomamente dal Parco Naturale Regionale Bracciano-Martignano , che a sua volta pubblica i dati in tempo reale.

A questa determinazione ricorrevano ACEA e, ancora, Roma Capitale per difendere «l’asset e la concessione». In parole povere, non si voleva rinunciare al valore economico legato alla gestione dell’acqua, che comporta complessivamente per le casse di ACEA SpA un introito netto annuo di circa 70-80 milioni di Euro che vengono poi girati agli azionisti, fra i quali il Comune di Roma è quello principale detenendo il 51% delle azioni: ACEA svolgendo il suo ruolo di SpA, finalizzato a massimizzare gli utili nell’interesse degli azionisti, il Comune di Roma evidentemente interessato ai circa 40 milioni di Euro per il suo bilancio. Tutto questo, paradossalmente, mentre ACEA continua a perdere circa 9000 l/s di acqua potabile lungo la rete: un potenziale di disponibilità idrica molto più ampio di quello del lago, e senz’altro di migliore qualità rispetto a quella risultante da un’operazione ambigua e incomprensibile come il potabilizzatore delle acque del Tevere, di recente costruzione.

La sentenza del 6 Settembre del Tribunale Superiore per le Acque Pubbliche boccia definitivamente il ricorso di ACEA e Roma Capitale, e rende definitivamente operativo il nuovo regolamento di gestione deciso dalla Regione.

Questo stop ad ACEA è un grande risultato, frutto della imponente mobilitazione popolare e dell’impegno deciso e costante delle amministrazioni comunali e del Parco. E’ un primo fondamentale passo, che ci permette di guardare con ottimismo ai prossimi anni durante i quali il livello delle acque del lago potrà tornare a crescere, seppure lentamente e con crescenti difficoltà, stabilizzandosi su valori normali.

I cittadini sono stati i veri protagonisti di questa vicenda, che ha evidenziato il significato vero e concreto del nostro obiettivo: sottrarre la gestione dell’acqua alle regole di mercato, e valorizzare il ruolo della partecipazione democratica, risultata determinante anche per le scelte della Regione.

Siamo ad un punto di svolta, di un percorso che è solo iniziato; ora occorre procedere con obiettivi chiari:

  • rivedere drasticamente l’antica concessione data a suo tempo ad ACEA, allora società pubblica del Comune di Roma, per alimentare l’acquedotto romano, considerando il mutato quadro di ACEA SpA: società quotata in borsa, che gestisce attraverso ACEA ATO2 l’acqua dei Comuni di tutto l’ATO2 (sostanzialmente provincia di Roma);
  • dare attuazione alla legge regionale sull’acqua pubblica con l’approvazione dei nuovi ambiti di bacino, che supera l’attuale metodo che individua gli ambiti su scala meramente provinciale, e preveda così la gestione del lago di Bracciano all’interno di un nuovo sistema complessivo, superando e migliorandolo il regolamento regionale del dicembre 2017 confermato dalla recente sentenza.

Sarà importante proseguire e concludere il percorso già intrapreso da associazioni e Istituzioni, che vede capolista il Parco, per la sottoscrizione del Contratto di Lago, così come l’attivazione di strumenti di partecipazione dei cittadini.

  • spingere i gestori ad affrontare seriamente il problema delle perdite idriche, ad esempio rendendo obbligatoria per legge la soglia del 20% finora solo “suggerita” nel piano regionale di tutela delle acque.

Le risorse idriche di tutto il pianeta sono a rischio e le cause vanno ricercate non solo nei cambiamenti climatici, ma soprattutto nelle scelte politiche e gestionali degli ultimi decenni. Come ci ricordano i Fridays for Future ogni venerdì, se vogliamo garantire un futuro al nostro pianeta, dobbiamo chiamare per nome i responsabili e obbligarli ad agire per l’interesse comune. Acea, finora, è stata dalla parte degli interessi privati; l’auspicio è che dopo questa vicenda le istituzioni pubbliche, in primis la Regione Lazio, decidano senza ambiguità da che parte stare.