ITALIA

“La solitudine dei numeri primi, l’esclusione dei molti”: sul concerto di Capossela a Pisa

La sera di lunedì (9 luglio) l’atteso imprevisto ha fatto irruzione nell’estate pisana. Circa 150 studenti e studentesse hanno fatto irruzione in Piazza dei Cavalieri, interrompendo il concerto di Vinicio Capossela. Un concerto che faceva parte di un festival organizzato dal Comune di Pisa, a causa del quale la Piazza, luogo simbolo dell’aggregazione giovanile pisana, gratuita e spontanea, è stata chiusa e transennata per i mesi estivi, permettendo l’entrata solo attraverso il pagamento di un biglietto, che per la serata in questione andava dai 40 ai 60 euro. Il corteo studentesco, mossosi al ritmo di una tromba che suonava «When the Saints go marchin’ in», ha superato il blocco di polizia e ha raggiunto il palco, interrompendo il concerto e chiedendo di parlare. Vinicio Capossela e la sua band hanno immediatamente compreso le ragioni dell’iniziativa, dichiarando «aperto il dibattito» e lasciando il microfono a due studenti, che hanno affermato un concetto molto semplice: è inaccettabile recintare per mesi interi una piazza pubblica, normalmente vissuta gratuitamente da centinaia di giovani, per proporre eventi culturali appannaggio di chi può permettersi di pagare un biglietto decine di euro.

L’iniziativa degli studenti e delle studentesse ha spaccato l’opinione pubblica, scatenando reazioni opposte, sia nel mondo politico (il sindaco di Pisa, leghista, ha definito, dimostrando pochissima fantasia, «squadristi» gli studenti) sia in quello culturale. In questo caso, ad articoli decisamente paternalisti di Rockit e Rollingstone, si è contrapposto un pezzo uscito su Soundwall che difende le rivendicazioni (anche se non il metodo) della protesta, mentre Peppe Frana, liutista della band di Capossela, si è nettamente schierato dalla parte degli studenti. Evidentemente l’imprevista comparsa nello spazio pubblico di un soggetto giovanile capace di organizzarsi e rivendicare la libera fruizione della città e della cultura, non accettandone la privatizzazione ha toccato un nervo scoperto.

Nella serata di ieri studenti e studentesse hanno convocato una conferenza stampa, attraverso cui riprendere parola e rispondere agli attacchi dei giorni precedenti. Pubblichiamo di seguito il comunicato distribuito in quella sede dal collettivo Exploit Pisa.

 

AL CONCERTO DI CAPOSSELA ABBIAMO BALLATO – NESSUNO ESCLUSO

«Allarme allarme! Piazza dei Cavalieri (la città di Pisa tutta!!) è sotto attacco!». Pressappoco così titolano svariate testate giornalistiche. Hanno ragione. Ma la città non è una, è divisa, e a essere costantemente attaccata è quella parte di essa che fa delle piazze e delle strade un crocevia di persone, un luogo di musica, arte e divertimento libero. L’attuale amministrazione, nel solco della politica dei divieti già avviata dal PD, vorrebbe ridurre quelle piazze e quelle strade ad un parco giochi vuoto e triste, con la vocazione al turismo e al consumo massificato, che ingrassa la rendita e teme la povertà, la gratuità e l’imprevedibilità degli incontri.

Costruire una città funzionale all’estrazione di rendita e profitto vuol dire anche sottrarre gli spazi pubblici all’uso comune. E a questo risponde il prezzo del biglietto: creare la linea di esclusione. Al concerto di Capossela avrebbe certamente voluto partecipare un pubblico più vasto di quello selezionato, ma quel pubblico non disegna lo spazio quieto tanto caro alla giunta. E così sulla stessa linea si è chiuso ponte di mezzo. Il punto di passaggio per eccellenza della città è diventato un banchetto per i pochissimi che potevano permettersi 50 euro di cena. Quei pochissimi che adesso ci stanno attaccando ma che sono anche gli stessi padroncini e imprenditori che spesso non pagano il lavoro di cui si avvalgono.

Il prezzo del biglietto gioca per Cavalieri lo stesso ruolo delle idropulitrici, macchine che sprecano acqua e soldi pubblici usate con il solo intento di scoraggiare l’accesso alla piazza per i giovani abitanti della città.

Il prezzo del concerto non ha nulla a che fare con il promuovere e l’incentivare la produzione culturale e con la considerazione degli artisti e delle artiste. Che la cultura vada pagata è indubbio: ma non l’accesso alla stessa negli spazi pubblici, bensì la sua produzione. Quante e quanti (di noi giovani) lavorano nel settore, dal montare i palchi allo spendere giornate intere in prove per concerti che son poi pagati meno di quel che basta a coprire le spese di viaggio. Artisti e artiste in questa città non mancano e sono proprio quanti, al di fuori del tentativo becero di privatizzazione di una piazza pubblica come Cavalieri, la animano con concerti e spettacoli per cui non son stati pagati.

E questo punto tocca uno dei nodi centrali di tutto il discorso: quanti soldi pubblici vengono spesi per l’organizzazione di questi eventi a uso privato ed esclusivo? Saremmo anzi curiose di aver accesso al bilancio dell’operazione… Il prezzo del biglietto, fuor di narrazione delle amministrazioni, non serve a coprir il costo del lavoro di questi eventi, in cui anzi spesso e volentieri i lavoratori “di bassa manovalanza” non sono neanche degnamente pagati. Ma si trova il modo di girare agli “amici” le somme più grosse.

Noi studenti, insieme ad artisti come Peppe Frana, liutista di Vinicio Capossela, stiamo cercando di «aprire un dibattito», per davvero. C’è invece chi il dibattito non lo sta e non lo vuole aprire. Dall’amministrazione e dai suoi alleati stiamo ricevendo solo minacce, denunce e atti di prepotenza. Dal sindaco Conti che ci definisce «squadristi» (lo stesso che poi ha tra i suoi banchi consiglieri che inneggiano al Mein Kampf), al deputato Ziello che vorrebbe farci credere che Capossela (solidale con noi sin dall’inizio) non verrà più a Pisa a causa nostra, fino a Roberto Petrucci, membro dell’esecutivo nazionale di Fratelli D’Italia, che vorrebbe «sospendere il pagamento degli emolumenti spettanti al gruppo» per le sue dichiarazioni (come riportato su http://www.pisatoday.it/…/irruzione-studenti-concerto-capos…).

Schiacciate dal peso dell’estrazione di rendita e profitti, assistiamo al continuo tentativo di de-vitalizzare le città, di spingere la socialità ai margini in favore di un centro asettico, ad uso e consumo di turisti e preda di speculatori e piattaforme come airbnb. Non vogliamo guardarci indietro dicendoci che «per troppo tempo siamo andati a letto presto la sera», trattando le politiche amministrative di questa città come fossero piccoli cambiamenti irrisori. Alla loro idea di cultura per pochi basata sullo sfruttamento del lavoro di chi la produce e sull’esclusione e l’isolamento dei molti, continueremo ad opporre la richiesta di investimenti pubblici nel settore e la gratuità di accesso alla stessa. Continueremo ad imporre la vivacità delle nostre forme di vita. «Vogliamo il pane e anche le rose».