ITALIA

La potenza della marea transfemminista

L’eco della potenza della manifestazione del 25 novembre di Roma, Messina e di tante altre città continua a risuonare nel nostro paese. E mentre i media mainstream continuano a seguire polemiche vuote, si preparano nuove mobilitazioni transfemministe contro la violenza di genere

«Contro la violenza patriarcale saremo marea, inarrestabile e furiosa! Rivendichiamo l’autodeterminazione dei nostri corpi, affinché non siano più un territorio di conquista del potere patriarcale e capitalista che ci opprime e vuole relegarci al ruolo di “contribuenti” silenzios3 del sistema»

Questa l’apertura del comunicato di Non Una di Meno per la convocazione del corteo nazionale contro la violenza patriarcale e di genere dello scorso 25 novembre. Apertura che, a rileggerla adesso, suona particolarmente profetica: una marea di oltre 500.000 persone ha inondato le strade della capitale sabato scorso, mentre a migliaia hanno risposto alla stessa convocazione nella città di Messina, nonostante la pioggia battente.

Diverse sono state inoltre le manifestazioni che hanno avuto luogo in molti capoluoghi italiani, da Alessandria a Catania, snodandosi per le regioni centrali del paese. A Venezia la passeggiata organizzata dal nodo cittadino di Non una di Meno e altre realtà transfemministe ha portato in strada quattromila persone, mentre altrettante attraversavano il corteo convocato a Bergamo. A centinaia hanno attraversato le piazze, in cortei o passeggiate, anche a Udine, Prato, Lucca, Fano, San Benedetto, Lecce e Bisceglie.  Una mobilitazione che nel suo totale potrebbe aver superato il milione di persone, facendo registrare un coinvolgimento di cui non si ha memoria quantomeno nel passato recente di questo paese.

Non sono solo i numeri a dirci qualcosa di eccezionale sulle piazze dello scorso fine settimana, e la sua diffusione, ma anche la radicalità di pratiche e agiti politici alla base delle mobilitazioni stesse che le hanno animate.  «Il movimento femminista e transfemminista ha sottratto in questi anni la giornata del 25 novembre da ritualità e mera testimonianza, facendone una giornata di lotta» recita un post datato 21 novembre sulla pagina Instagram nazionale di Non una di Meno.

Foto di Ginevra Bonina

«Quelle di Roma e Messina non saranno quindi piazze neutre ma saranno piazze di indignazione e forza collettiva, di Marea transfemminista. Per questo non ci saranno spezzoni, né bandiere e simboli di organizzazioni politiche sindacali». Questo è uno dei maggiori punti di forza del movimento, il fatto di riuscire a portare in piazza centinaia di migliaia di persone per combattere la violenza patriarcale e di genere, lasciando a casa sigle e simboli di partito, e al di fuori delle ritualità.

La violenza di genere in questa piazza non è articolata come mera questione culturale, ma come violenza sistemica e multidimensionale. Dal linguaggio alle aule dei tribunali, dalla scuola alla famiglia, dai luoghi di lavoro alle relazioni affettive, la violenza è pervasiva, e non è solo fisica, ma simbolica, psicologia, e sociale.

Difatti non ci sono stati governi o partiti amici dei diritti delle donne, né tantomeno di persone trans e non binarie. La risposta dell’attuale governo alla violenza patriarcale è stata meramente repressiva millantando tali misure come salvifiche nei confronti di persone che vengono trattate come oggetti, deris3, marginalizzat3, inascoltat3. I fondi per le politiche di prevenzione sono stati tagliati, riducendo la violenza patriarcale a una questione di polizia e carcere. La proposta di “educazioni alle relazioni” per la scuola non è obbligatoria e non prevede un’educazione al consenso, agli orientamenti sessuali o all’identità di genere. L’autonomia delle donne e delle libere soggettività è messa in questione da norme che aumentano la precarietà del lavoro e tagliano le poche misure di welfare del nostro paese.

La manifestazione romana del 25 novembre è stata dunque qualcosa di grandioso: la capitale d’Italia bloccata da transfemminist3 ingovernabili. Strade piene di gente a perdita d’occhio, a centinaia di migliaia, in corteo, lungo i marciapiedi, sui muri. Lo stesso effetto si è avuto, come già ricordato, in molte altre città. Il risultato è stato qualcosa che in Italia non si vedeva da anni, una partecipazione potente ed emozionante.

Sicuramente mossa dall’indignazione per l’ennesimo femminicidio annunciato di Giulia Cecchettin e dalle dichiarazioni della sorella Elena, la quale per prima ha parlato della propria tragedia familiare come prodotto inevitabile di una cultura sessista e patriarcale, rifiutando la costruzione dell’ex fidanzato della sorella come “mostro” o “bravo ragazzo che amava troppo”. L’enorme partecipazione si era già scorta nei giorni precedenti, in cui tantissime città sono state attraversate da cortei selvaggi e l’insubordinazione per il minuto di silenzio nelle scuole è stata capillare.

La grande mobilitazione dello scorso fine settimana è anche il frutto di otto anni di attività, pratiche politiche, mobilitazioni auto organizzate dal basso e rivendicazioni di un movimento transfemminista che è stato presente sui territori e a livello transnazionale, facendo del 25 novembre e dello sciopero dell’Otto Marzo i momenti cardine della propria attività, ma anche costruendo un piano di autorganizzazione nazionale e continuativo, ad esempio con il lavoro di raccolta dati dal basso dell’Osservatorio Femminicidi Lesbicidi Trans-cidi (FLT).

Un movimento che deve fare molta paura, evidentemente, dal momento che da giorni stampa e TV meloniana, con narrazione vittimistica, si concentrano solo sui momenti di tensioni avvenuti di fronte alla sede del movimento anti-scelta, anziché focalizzare il dibattito sull’enorme portata radicale dell’evento.

Del resto, le nuove destre globali hanno ben compreso che in queste manifestazioni germoglia la più forte opposizione contro la loro forma di governo autoritaria e neoliberale. E quindi sono decine i pennivendoli del potere che si spendono per difendere una saracinesca.

Pochi giorni dopo questa grande marea, il 28 novembre, altre due donne sono state uccise con estrema violenza, Meena Kumari è stata uccisa con una mazza da cricket e Vincenza Angrisano è stata accoltellata davanti ai figli. Questo ci racconta ancora una volta di quanto sia capillare e pervasivo il potere patriarcale, ma anche di quanto si senta sotto attacco e indebolito. Una trasformazione radicale è in atto. «Saremo marea, inarrestabile e furiosa». Non una di meno prepara nuove mobilitazioni, e inizia il percorso verso lo sciopero globale transfemminista dell’otto marzo. Tra abbracci, lacrime, e pugni serrati la potenza transfemminista non vuole rinunciare a una trasformazione radicale della società. Anche solo perché «ci vogliamo viv3»

Immagine di copertina di Giordano Pennisi “Scattomancino”, Messina, 25 novembre 2023. Immagini nell’articolo di Ginevra Bonina, Catania, passeggiata arrabbiata 23 novembre 2023. Ringraziamo entramb3 per la collaborazione.