La notte delle primarie viventi

#CSXFACTOR: i Fantastici 5 si scontrano su Sky. Un commento ragionato.

C’erano tutte premesse per aspettarsi lunedì scorso una serata divertente, naturalmente in termini di umor nero, una rissa fra zombies, degnamente annunciati dall’infausto manifesto di lancio delle primarie del centrosinistra, quello con i fantastici cinque. La zuffa da rubagalline sui finanziamenti della campagna interna –quella, intendiamoci, sull’addebito oscuro di 300 (trecento) euri per sms (informatevi, ci sono anche app gratuite), a paragone delle spese “serie” delle primarie americane– lasciava sperare e di molto. Invece gli zombies si sono presentati (unica ancora vivente la Puppato), ma si sono parlati addosso e sbaciucchiati, evitando accuratamente di dare troppo rilievo alle divergenze. Una noia, che manco le prediche anglo-bocconiane di Monti.

Tabacci e Puppato hanno detto cose quasi sensate, tanto non contano nulla. Renzi, l’ebetino, ha gigioneggiato sparando con somma indifferenza boiate pazzesche (il governo con dieci ministri), mielosi veleni (le 59 tesi di Ichino sul lavoro, ricavate da qualche libro nero in uso nelle piantagioni sudiste) e promesse fantasmagoriche a destra e a manca, concludendo perfino con un veto a Casini (sic!) e una presa di distanza da Marchionne (ri-sic!). Vendola ha sgranato il suo mantra narrativo con palese imbarazzo, Bersani ha detto il meno possibile, nel ruolo di candidato in vantaggio nelle primarie e unico plausibile a livello nazionale. Additiamo gli eroi che, rispettivamente, Bersani e Vendola hanno collocato nel pantheon della sinistra: papa Giovanni e il cardinal Martini. Degni forse degli onori del pantheon, ma la sinistra che c’entra? E segnaliamo infine la buona battuta di Renzi: pigliamo sul serie le profezie dei Maya, allora perché non ascoltare anche quelle di D’Alema?

La ragione di questa melassa, male impastata da un conduttore poco all’altezza, stava nel fatto quasi incredibile che le domande prescindevano completamente dalle legge elettorale, che comporta, come è noto, una diversa importanza, secondo la sua formulazione, della lista di partito e della coalizione, nonché una configurazione completamente diversa delle alleanze con il centro e perfino con parti della destra secondo che sia prevalentemente maggioritaria o proporzionale. Cioè, possono tutti sbraitare contro Casini, ma poi se il centrosinistra vince e ha il 40% dei seggi, che succede? Chi fa la faccia feroce contro Casini (Vendola) o per sostituirsi a lui (Renzi) , una volta che ha accettato di stare nella coalizione di centrosinistra, dovrà poi trattare inevitabilmente con Casini e magari pure con Pisanu e Cicchitto.

Ma il buco ancora più incredibile, che facciamo fatica ad attribuire all’organizzatore del confronto, Sky, piuttosto che al tacito accordo dei concorrenti, era la completa assenza di domande sull’agenda Monti e sul ruolo futuro del medesimo. Il consenso che ha reso il confronto così “costruttivo” e sonnifero deriva appunto dal fatto che tutti i partecipanti alle primarie hanno tacitamente accettato quanto scritto o sottinteso nella Carta d’intenti, cioè l’inviolabilità dei principi “europei” sanciti dalle lettera Bce dell’agosto 2011 e resi operanti costituzionalmente con l’obbligo del pareggio di bilancio e legislativamente con il fiscal compact e la legge di stabilità. Anche chi, come Vendola, non li ha votati, perché fuori del Parlamento, li ha accettati all’atto dell’iscrizione alla gara delle primarie. E nessuno potrà sottrarvisi, sia Monti o Bersani il futuro capo del governo. Il resto, sono le solite chiacchiere sulla crescita, l’equità, la meritocrazia coniugata con l’eguaglianza (Bersani, ahaha), ecc., che valgono quanto le lacrime della Fornero. E allora, che ci vengono a raccontare? Qualcuno difende la riforma delle pensioni, altri ne sono meno convinti (ma non al punto da abolirla), tutti vogliono “ritoccare” la riforma del lavoro e hanno a cuore esodati e precari (per ora hanno ancora diritto di voto), ma nessuno vuole segare l’albero di cui le singole misure sono i rami. Fino a dove arriverà la futura colazione di governo? Tabacci dice apertamente Casini, Bersani allude ai moderati con grandi sospiri, Renzi vuol far tutto lui (dietro c’ha la vocazione maggioritaria e l’appoggio sotterraneo di Veltroni), Vendola si mette a parlare della coalizione sociale, che solo in ultima analisi andrà a individuare i partiti. Un sano materialismo che, facile scommessa, finirà per rassegnarsi alle legge dei numeri parlamentari. Su tutta la baracca incombe la bufera Grillo. Ma anche di questo non si è parlato. Come ben poco si è avvertita la montante rabbia sociale, che a noi interessa più del populismo a 5 stelle e della compassata competizione di un Pd mascherato da coalizione di centrosinistra.