ROMA

Angiola Armellini, la collezionista di palazzi

Chi è l’immobiliarista figlia del costruttore Renato e regina dei salotti romani, proprietaria del palazzo occupato in viale del Caravaggio 107

C’era un vecchio adagio latino che sintetizzava così «Quod non fecerunt barbari, fecerunt  Barberini» i guasti prodotti nella Capitale dalla potente famiglia di principi romani. Il detto fu poi modificato e aggiornato nell’età contemporanea, sostituendo l’ultima parola con Armellini, dal cognome di Renato, principe anche lui, ma dei costruttori che tra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso riempirono Roma di metri cubi di cemento.

Quando nell’agosto di ventisei anni fa Renato Armellini morì per un malore mentre nuotava nelle acque dell’Argentario, aveva un patrimonio di beni che era stato stimato attorno ai duemila miliardi delle vecchie lire. Ma, soprattutto, Armellini lasciava di sé l’immagine simbolo del palazzinaro romano legato al vecchio potere democristiano, quello di Franco Evangelisti, per intenderci. E una storia fatta di speculazioni edilizie e fallimenti, di arresti e di condanne, di condoni ed amnistie, di rapimenti e di riscatti.

Renato Armellini è stato spesso al centro delle cronache negli anni a cavallo tra i ’70 e gli ’80. La sua ascesa era cominciata nel decennio precedente quando le giunte democristiane capitoline gli avevano permesso di costruire decine e decine di palazzi fin sotto il livello del Tevere, alla Magliana, a Nuova Ostia, all’Aurelio. Tremila e seicento appartamenti, per complessivi 90mila metri cubi edificati. In spregio ad ogni legge, ad ogni vincolo urbanistico. E da allora è inciampato in una serie di scandali. Condannato (poi amnistiato) nel 1974 per la morte sul lavoro di un “suo” operaio edile, coinvolto in diverse inchieste giudiziarie che lo videro accusato di truffa aggravata e bancarotta, agli albori degli anni ’80 Armellini è stato al centro di un sequestro per diversi mesi sull’Aspromonte e di un altro tentativo di sequestro che ha tenuto ostaggio l’intera famiglia nella lussuosa villa dell’Eur. In entrambi i casi Armellini se l’è cavata pagando qualche miliardo delle vecchie lire. La stessa figlia, Angiola, era scampata miracolosamente, alcuni anni prima, ad un tentativo di rapimento.

Oggi l’immobiliarista Angiola Armellini è considerata dalle cronache rosa la “regina” dei salotti romani e quanto abbia ereditato invece dal padre Renato l’ha svelato nel 2014 una inchiesta della Guardia di Finanza che ha rivelato la riconducibilità alla donna di 1.243 immobili, contestandole un’evasione fiscale pari a circa 2 miliardi di euro, tra «Ici e Imu non versati». Ma la vera fortuna l’hanno fatta per anni – gli Armellini – affittando al Comune le sedi degli assessorati, degli uffici pubblici, delle case che sono state adibite ad edilizia popolare. Anche per questo Angiola Armellini può essere definita a pieno titolo «una collezionista di palazzi». Non si spiegherebbe, altrimenti, l’insistenza nel rientrare in possesso del palazzo occupato in viale del Caravaggio a Tor Marancia, un tempo affittati a peso d’oro alle istituzioni capitoline, sede di uffici ed assessorati, e poi abbandonati quando il sindaco Ignazio Marino aveva stretto i cordoni della borsa decidendo di non versare più lauti canoni agli eredi di Armellini. In seguito allo scandalo delle case di «ricotta» di Ostia, infatti, Marino aveva deciso di rescindere i contratti, senza però allontanare gli inquilini. Ma il Tar aveva dato torto all’amministrazione capitolina. Sentenziando gli sgomberi per gli inquilini e stabilendo inoltre che sulle casse pubbliche pendevano diversi milioni di euro richiesti dagli Armellini come risarcimento per i mancati introiti.

@Costanza Fraia

A Tor Marancia è accaduto qualcosa di simile. La proprietà rivendica il possesso del complesso edilizio in seguito a una causa vinta e la signora Armellini minaccia, anche qui, di chiedere i danni alle casse pubbliche per il mancato sgombero. Per questo i due edifici che si trovano in viale del Caravaggio 107, due lunghi parallelepipedi composti ai lati e alle facciate di vetro, verdi o trasparenti, sono in cima alla lista degli immobili da sgomberare stesa dalla Prefettura di Roma lo scorso aprile. Che minaccia oggi 22 realtà tra occupazioni abitative e centri sociali. Il primo assaggio del piano della Prefettura, subito ribattezzato «circolare Salvini» si è avuto lo scorso 15 luglio, quando nel quartiere di Primavalle, decine di blindati e centinaia di agenti hanno sgomberato l’occupazione di via Cardinal Capranica, lasciando in strada 300 persone. Lo stesso potrebbe accadere nei prossimi giorni in Viale del Caravaggio 107, dove vivono attualmente 140 famiglie, tra cui più di settanta minori.

«Gli Armellini hanno fatto enormi profitti grazie all’affitto di edifici di loro proprietà alle istituzioni», ha raccontato al manifesto Luca Fagiano, del Coordinamento cittadino di lotta per la casa. E ancora: «Il palazzo di viale del Caravaggio, che ha ospitato vari assessorati, tra cui quello alla casa, è in cima alla lista degli sgomberi grazie alle pressioni costanti di quella potente famiglia». Ha concluso Fagiano: «Il fatto che chi ha arrecato tanti danni alle casse pubbliche venga premiato in questo modo ci dice da che parte pende la bilancia. Gli interessi che contano non sono mai quelli di chi ha bisogno di una casa».

Da quindici anni a questa parte i proprietari, intanto, hanno schermato i loro interessi in una fondazione. Visitando il sito della Fondazione Armellini, si legge che attualmente sono impegnati nel sociale, nell’innovazione, nell’arte e nella cultura, ma le pagine all’interno sono vuote. Nulla dunque è dato sapere sui bilanci delle società che fanno capo alla famiglia, né sulle loro attività. Svettano in bella mostra soltanto due foto. Di Angiola Armellini e del padre Renato, con una citazione: «quando un uomo muore, non viene strappato un capitolo dal libro, ma viene tradotto in una lingua migliore». Il linguaggio delle stirpi palazzinare capitoline che da decenni prosperano sui disastri sociali all’ombra di giunte di qualsiasi colore. I Toti, i Parnasi, i Caltagirone, gli Scarpellini, i Bonifaci, i Mezzaroma e i Pulcini. Gli Armellini, rappresentati dalla “collezionista” Angiola, e i loro sodali all’interno dell’Acer, l’Associazione dei costruttori edili di Roma. Sono loro, infatti, da decenni, a governare la città, mutandone le forme, i paesaggi, i linguaggi, in base agli interessi speculativi.