L’IMU e il denaro sporco dell’azzardo

Periodicamente si riaccende l’interesse della politica per la fiorente industria nazionale del gioco d’azzardo, o, più precisamente, per i suoi proventi, reali o mancati.

Anche Enrico Letta gioca d’azzardo. Con un colpo a sospresa, per finanziare la cancellazione dell’IMU, il governo delle larghe intese utilizza anche il “tesoretto” della tassazione sui giochi. Ogni tanto ci si ricorda di quei famosi 98 miliardi di evasione fiscale (poi tramutati in multa di appena 2,5 miliardi) ad opera delle dieci concessionarie che dal 2004 gestirono le slot machine su incarico dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (Aams). Il mancato collegamento delle slot machine alla rete telematica nel periodo compreso tra il 2004 e il 2006 (responsabilità delle stesse società concessionarie) determinò un’evasione fiscale di 98 miliardi di euro, secondo quanto stimato dal colonnello della GdF Umberto Rapetto che condusse le indagini.

Nel febbraio 2012 la Corte dei Conti multò le dieci società, (tra cui la Bplus, la ex Atlantis World Group of Companies, società gestita Francesco Corallo, di recente arrestato, che fece inserire una norma a proprio favore nel decreto Abruzzo) per soli 2,5 miliardi, e sanzionò i vertici dell’Aams che avrebbero dovuto controllare. Come spesso capita in questo paese i dirigenti rimasero al proprio posto indisturbati a fare carriera: il direttore Aams dell’epoca, Giorgio Tino, diventò vicepresidente di Equitalia Gerit, e il direttore del settore giochi Antonio Tagliaferri, rimasto al suo posto a fianco del successivo direttore dell’Aams Raffaele Ferrara, fu riconfermato poi da Mario Monti. Il responsabile delle indagini, il colonnello Rapetto, invece si dimise nel maggio 2012.

Dunque la politica a volte si ricorda di quei 2,5 miliardi, un credito di volta in volta vantato come fonte di finanziamento per il progetto di turno. Se ne ricordò Grillo, il quale, con la chiarezza che sempre contraddistingue i suoi discorsi, dal palco di Messina enunciò un piano formidabile per realizzare il primo grande provvedimento nella lista dei “20 punti per uscire dal buio”: il (cosiddetto..) reddito di cittadinanza. Come ci sarebbe riuscito? «Trovare i soldi per il reddito di cittadinanza è molto semplice!”», recitava il titolo di un video del comizio prontamente caricato su youtube. «Dove li troviamo i soldi? Li prendiamo dai 98 miliardi di elusione fiscale delle concessionari statali per le slot machine». Grillo, a onor del vero, i 98 miliardi li rivoleva tutti, senza sconti.

Più realistico Enrico Letta, che indica, tra le misure per finanziare la cancellazione dell’IMU, la tassazione sui giochi, con la riscossione del vecchio credito per evasione fiscale delle concessionarie. Certamente non i 98 miliardi, ma neanche i 2,5 scontati dalla Corte dei Conti: il Governo Letta si accontenterebbe del 25% della già ridimensionata cifra: circa 700 milioni. Si profila così una sanatoria per le società del gioco con la rinuncia al 75% su quanto dovuto allo Stato dai padroni dell’azzardo, e un generoso regalo di un miliardo e 375.000 euro alle mafie. Il ricorso ai proventi del gioco da parte dello Stato, ovvero a quella piccola parte che riesce effettivamente ad incamerare, e che di fatto permette la sopravvivenza incontrollata di interessi mafiosi come side effect, spiega il trend di crescita che il settore del gioco ha conosciuto sotto ogni governo, grazie ad ogni manovra economica, qualificando il gioco d’azzardo come forma di tassazione indiretta sulla pelle dei più deboli.

La volontà di finanziare progetti “virtuosi” attraverso il gioco d’azzardo non giustifica la mancanza di attenzione al fenomeno nel suo complesso, e l’assenza di una regolamentazione seria in materia. Un terreno questo in cui Governo, Confindustria e Signori del Gioco si muovono in sintonia. Non stupisce la proposta di Massimo Passamonti di Sistema Gioco Italia di istituire una “tassa di scopo” che preveda la destinazione di una percentuale delle entrate erariali a progetti di “utilità’ sociale”, pur di far sopravvivere il business del gioco in tempi di sempre crescenti critiche da parte della cosiddetta società civile.

Non stupisce la denuncia del senatore M5S Giovanni Endirizzi secondo cui la fondazione di Enrico Letta riceverebbe finanziamenti da Sisal e Lottomatica. Non stupisce la creazione di “osservatori” sull’azzardo composti in maggioranza da società che sul gioco si arricchiscono, come nel caso dell’Osservatorio sui rischi di dipendenza da gioco, istituito presso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli sotto la direzione del Dipartimento Politiche Antidroga, con il compito di «agevolare il coinvolgimento attivo e partecipato della società civile nella definizione e analisi delle misure più idonee per contrastare il gioco patologico», nel cui comitato consultivo è entrata a far parte la Sapar, l’associazione che raduna gestori, produttori e rivenditori di “apparecchi di intrattenimento”.

La connivenza di interessi è tale, e talmente ovvia, nel settore del gioco, da non permettere illusioni circa il risveglio di “interesse” della politica istituzionale per il mondo del gioco d’azzardo, una componente importante di quel sistema in cui gli interessi di pochi prevalgono su quelli di molti, spremendo ricchezza a coloro a cui è rimasta soltanto speranza.

La vicenda dei 98 miliardi è indicativa di un sistema perverso tenuto in piedi da un Governo che vorrebbe riuscire a far cassa grazie a un flusso costante di entrate derivanti dal gioco. Non soltanto quindi si è sempre evitato di mettere in discussione il “sistema gioco” nel suo complesso, ma poi neanche si riesce ad ottenerlo quel flusso di cassa: tagliato dall’evasione fiscale e dai mancati controlli, e, scoperta la truffa, da una sanatoria sulla già scontata multa, resta perlopiù in mano alle mafie.

Il finanziamento di progetti “virtuosi” attraverso i proventi del gioco sta diventando sempre più lo strumento di ricatto delle società del gioco e di legittimazione facile di un sistema profondamente ingiusto, malato e parassitario, che genera criminalità, oppressione e povertà. Non vogliamo finanziamenti alla ricerca, al reddito di cittadinanza, alla spesa pubblica con il denaro sporco dell’azzardo. Nel caso dell’IMU la truffa è doppia. Si utilizzano fondi che potrebbero essere utilizzati per tutti, per coprire l’abolizione dell’unica tassa patrimoniale esistente in Italia. Alla faccia dell’equità.