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India, Modi ritira le leggi contestate dalle lotte contadine

Lunedì il capo del Governo indiano Narendra Modi ha annunciato in diretta televisiva la volontà di ritirare le tre leggi sul mercato agricolo e la legge sull’elettricità. Il passo indietro arriva dopo un anno di mobilitazione di massa trainata da lavoratrici e lavoratori del settore agricolo

È la prima volta che Modi fa un passo indietro sulle scelte di riforma prese in modo autocratico dal suo partito e dalla maggioranza parlamentare. Il segnale di resa è stato in primo luogo accolto con felicità dai soggetti coinvolti e promotori dello sciopero a oltranza, nonostante questo resta alto lo scetticismo: le proteste continueranno fino a quando non si passerà dalle parole ai fatti.

Lunedì, nel giorno del compleanno del Guru Sikh Nanak, il capo del governo indiano Narendra Modi ha annunciato in diretta televisiva la volontà di ritirare le leggi sul mercato agricolo ed energetico approvate lo scorso anno dalla maggioranza parlamentare monocolore di destra hindu-nazionalista del BJP – Bharatiya Janata Party (partito del popolo indiano). Modi ha dichiarato che le leggi saranno rimesse in discussione in sede parlamentare al termine della sessione invernale.

L’annuncio del ritiro del pacchetto di leggi è stato festeggiato con clamore in tutto il paese. Negli accampamenti dei contadini di Singhu, Ghazipur e Tikri ai confini della capitale Delhi, la notizia è stata accolta con festeggiamenti collettivi e fuochi d’artificio. Nonostante quest’esplosione di gioia dopo un anno di proteste, la guardia resta alta.

Nelle parole pronunciate da Narendra Modi si riscontra il cinismo del leader, più che un dietrofront dettato dall’ascolto delle istanze promosse dalla mobilitazione a trazione contadina: «Amici, mentre mi scuso con tutti gli uomini del paese, voglio dirvi a cuore aperto e con piena sincerità, che forse mancava qualcosa nella nostra dedizione nellospiegare la verità che è stata subito chiara ad alcuni dei nostri fratelli contadini».

L’atteggiamento del capo afflitto dall’incapacità di essere ascoltato seppur mosso da buone intenzioni è ancor più evidente in questo passaggio: «Tutto quel che ho fatto è stato per i contadini, quel che sto facendo è per il paese», dove il bene del paese sembra coincidere con lo status dell’immagine del capo di governo.

Nessuna parola di commiserazione è stata spesa per le famiglie delle centinaia di contadini morti durante le proteste; nessuna garanzia è stata data per la liberazione di sindacalisti e manifestanti incarcerati durante questo anno di lungo assedio; nessuna volontà di rimettere mano al sistema di regolamentazione dei prezzi nel mercato agricolo è stata auspicata: è emerso il solo tentativo di preservare la propria immagine davanti al paese.

A incrinare ulteriormente la figura di Modi in questi mesi hanno contribuito le prese di posizione di figure dalla caratura internazionale come Rihanna e Greta Thunberg e le comunità indiane all’estero, soprattutto in USA, UK e Canada, capaci di ramificare la protesta portandola all’interno delle proprie comunità e nelle piazze.

Per molti analisti la mossa di Modi è tutta volta a evitare la débâcle alle elezioni locali che si avranno in cinque Stati tra meno di tre mesi. Le preoccupazioni sono soprattutto rivolte agli Stati maggiormente coinvolti nelle proteste contadine del Punjab – attualmente governato dall’Indian National Congress (partito del congresso) – ed Uttar Pradesh – governato da Yogi Adityanath, esponente di primo piano del BJP.

Nel Punjab, Stato a maggioranza Sikh, gli esponenti del governo locale si sono esposti fin dall’inizio delle mobilitazioni al fianco dei contadini ricevendo accuse di supporto al terrorismo, volontà di riaprire conflitti etnici tra Sikh e Hindu e di supportare il movimento separatista per l’indipendenza del Khalisthan.

Il tutto è stato amplificato a dismisura dai media nazionali vicini alle posizioni del Governo indiano, schierati al fianco del Governo nella campagna di diffamazione dei contadini e delegittimazione delle istanze delle opposizioni sociali e politiche. Nell’ovest dell’Uttar Pradesh, dove sono maggiori mobilitazioni del comparto agricolo, la preoccupazione del BJP è tutta legata alla potenziale perdita dei 60-80 seggi di 403 in ballo per le elezioni dell’Assemblea Legislativa locale.

Sono i contadini ad aver portato Modi e la sua maggioranza a tornare sui suoi passi. Come ha dichiarato Darshant Pal Singh, uno dei nove leader della protesta contadina, «è la potenza, è la forza, è la lotta, è il sacrificio di più di 700 contadini in questi confini ad aver costretto Modi ad abrogare queste leggi».

La capacità di farsi epicentro di un’opposizione latente nel paese è riuscita a far convergere ampli settori della società nella costruzione di un’opposizione radicale e ramificata. Negli accampamenti e nei villaggi sono accorsi attivisti per i diritti umani, esponenti delle minoranze etnico-religiose, studenti, lavoratori e lavoratrici di altri settori ed intellettuali, ognuno con le proprie istanze e con la capacità di rendere centro politico, sociale e culturale gli accampamenti contadini.

La forza del fronte unito costituitosi in quest’anno di proteste è mossa da connotati di natura materiale. Non è solo la paura dell’essere lasciati in balia del mercato mondiale a muovere i contadini, i problemi sussistono anche con la legislazione vigente.

In un report dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, si legge il dato di un aumento dei redditi legato all’inflazione del solo 2%. Assieme a questo si nota un incremento dell’indebitamento dei piccoli proprietari terrieri – l’86% dei proprietari terrieri indiani possiede meno di due acri di terra – e la quotidiana salita di prezzi di fertilizzanti, sementi e carburanti – quest’ultima calmierata solo negli ultimi mesi in vista delle elezioni.

I contadini, consci di non aver più nulla da perdere, si sono fatti epicentro di un contropotere diffuso. In sette anni di Governo Modi – BJP le promesse di progresso e ricchezza hanno lasciato il posto aun crescente impoverimento di massa. Il piano di spostare l’attenzione su conflitti etnici tra hindu e musulmani mostra qualche segnale di cedimento sotto i colpi delle rivendicazioni del settore agricolo e dei pezzi di società che si sono mossi assieme a loro.

La battaglia, seppur vinta, non farà cadere il governo liberal-autoritario di Modi e del BJP, di questo sonoconsci tutti. È il metodo, è il farsi massa a dar ancora spinta al movimento concentrato alle porte di Delhi. È questo che ha iniziato a far indietreggiare Modi.

Immagine di copertina di Randeep Maddoke da wikicommons