MONDO

ConCiencias: il Festival zapatista delle scienze per l’umanità

Primo reportage da ConCiencias, il Festival delle scienze per l’umanità organizzato dagli zapatisti e che durerà fino al 4 gennaio 2017.

Perchè un festival delle scienze? Il Subcomandante Galeano ce lo spiega senza giri di parole: i compagni e le compagne zapatiste hanno bisogno di una formazione più avanzata scientificamente per far progredire l’autonomia. “Vogliamo imparare a fare scienza e tecnologia per vincere l’unica competizione che valga la pena: quella della vita contro la morte” Con queste parole i neozapatisti dichiarano il loro bisogno ad una scienza che deve essere altra a quella dell’accademia, di cui non si fidano. D’altro canto ai pueblos originarios la scienza e la tecnologia si è sempre mostrata loro come un’arma dell’espropriazione capitalista sotto forma di gigantesche miniere, dighe idroelettriche o del terribile fracking per estrarre il gas dal sottosuolo.

La sfida al mondo della scienza è dunque reinventarla, svincolarla da processi di creazione di profitto e dunque di morte. Per reinventarla non si può non passare da una critica tout court al mondo dell’accademia. Se vogliamo una scienza al servizio dell’umanità, questa non può nascere in un mondo elitario, competitivo e finanziato da privati. In questo aspetto le zapatiste, gli zapatisti lanciano una lezione: tutti i partecipanti col passamontagna in tutti i corsi prendono ferventemente appunti perchè una volta tornati nelle loro comunità dovranno condividere tutto quello che hanno imparato durante questi giorni, perchè la scienza o è di tutt* o non serve a niente, perchè la conoscenza è per la comunità non per l’individuo. Paradigma distante anni luce dalle nostre università sempre più care, ai master da migliaia di euro, ai libri di testo da 150 euro cada uno.

Tra corsi sulle sostanze cancerogene, sulla nascita delle stelle, sulla fisica quantistica, sugli effetti degli estrogeni sul cuore, e molti altri su aspetti specifici di varie scienze dure c’è spazio per seminari che provano a discriminare i dispositivi di governamentalità con cui il capitalismo dirige la scienza: primo fra tutti il dispositivo della valutazione, affidare a criteri semplicistici e scientisti, tesi a discernere quale ricerca possa essere più redditizia, la scelta dei campi da investigare è un chiaro esempio di come la libertà dello scienziato sia abbattuta dai colpi delle catene che il profitto gli impone. La valutazione non serve ad altro se non ad imporre anche a ricercatori pubblici le regole del mercato. Il sistema delle start-up è un modello ancor più chiaro, lo scienziato per trovare i fondi necessari per finire le sue ricerche fonda una azienda di cui vende le azioni a imprenditori che credano nella sua idea, ovviamente solo nel caso che sia ben spendibile nel mercato, nulla di più lontano da una scienza al servizio dell’umanità.

Un altro importante dispositivo evidenziato nei vari workshop è la precarietà a cui sono obbligati la maggior parte delle scienziate e degli scienziati, in questo modo sono ricattabili, devono accettare qualsiasi tipo di lavoro, sono meretrici in cerca di fondi che qualche investitore gli voglia dare. Precarietà avallata da quei baroni che hanno raggiunto posizioni e salari importanti nell’accademia proprio perchè perfettamente affini ad un’istituzione gerarchica e soggiogata dal mondo imprenditoriale. Ricordate la retorica della valutazione come antidoto al baronato nelle nostre latitudini? Nulla di più falso, il processo di bologna e le riforme universitarie non hanno affatto scalfito il baronato, e nulla di più falso in quanto sono due facce della stessa medaglia.

Molte sono le scienziate che durante il festival denunciano un altissimo grado di sessismo, è stato presentato una ricerca che dimostrava come inviando lo stesso curriculum vitae di un uomo e di una donna per un posto come ricercatore o dottorando, l’uomo abbia molte più possibilità di essere preso. Realtà molto lontana da quel nullius in verba che dovrebe caratterizzare qualsiasi dibattito scientifico.

Nel testo “La colpa è del fiore” esposto da Galeano nel secondo giorno di festival – lo potete trovare in italiano qui, leggetelo, vale veramente la pena – si criticano anche tutte quelle pseudo-scienze che nel peggiore delle ipotesi causano anche morti, ricordiamoci di quei casi di persone malate di cancro che rifiutano la chemioterapia perchè si affidano a diete vegane o all’equilibrio delle forze interiori. Per quanto queste pseudo-scienze sembrano figlie di una critica al terribile progresso della macchina di morte che è il capitalismo, sono altresì figlie di un processo di mercificazione che ha ormai invaso tutti i rami della scienza, dunque anzi che arrivare alla verità attraverso esperimenti e dibattito scientifico si vende qualsiasi idea che possa essere monetizzabile – vedi la storia del metodo stamina in Italia.

Una volta criticata la scienza assoggettata al mondo del profitto,una volta criticate le pseudo-scienze, non ci resta altro che creare una scienza che difenda la vita, per l’umanità, collettiva, antigerarchica, antisessista e che difenda l’ambiente. Il Subcomandante insurgente Moises ci spiega che questo festival non è altro che un primo passo, affinchè nei prossimi anni medici, fisici, astronomi, scienziat@ di ogni sorta possano tornare ad insegnare ai neozapatisti le loro capacità e lasciare che questi ultimi insegnino loro che vuol dire comandare obbedendo, impulsando così oltre ad una crescita per i popoli indigeni anche una visione critica ed una lotta da dentro l’accademia. In questo senso, per quanto lontano migliaia di chilometri da noi, il ConCiencias deve essere presente nei nostri ragionamenti, nelle nostre lotte, nelle nostre accademie.

Sviluppare ragionamenti e pratiche per riappropriarsi della “scienza scientifica”, per renderla al servizio dell’umanità e della vita, è ogni giorno più urgente ed è compito non solo di student*, precar* e lavorator* della scienza, ma di tutta la società.