Il “bene comune” è solo degli italiani?

Il M5S e Grillo solleticano il senso comune più retrivo del paese.

Qualche giorno fa sono stato contattato da quelli di Naga, storica associazione antirazzista milanese che costruisce solidarietà con migranti, rom e sinti. Il Naga pubblica un puntuale bollettino, la “Nagazzetta” e sul numero di maggio ragioneremo assieme delle ambigue, quando non inquietanti, posizioni di Grillo e del Movimento 5 Stelle sui diritti dei migranti (comparirà a giorni qui). “Il programma del M5S tace sui migranti – osservano quelli del Naga – Unica rottura del silenzio in campagna elettorale la presa di posizione di Grillo contro lo ius soli: una proposta ‘senza senso'”.

Proprio oggi Grillo ha ribadito la sua contrarietà al diritto di cittadinanza per i nati in Italia. Solo se usciamo dalla serialità quotidiana che Beppe Grillo sapientemente mette in scena e mettiamo in fila alcune cose delle ultime giornate, abbiamo uno sguardo più lucido su quanto accade dalle parti del principale partito di opposizione al governissimo Pd-Pdl.

Andando indietro solo di pochi giorni, i grillini hanno: aperto al taglio dell’Imu ventilato dal governo di Letta e Alfano; annunciato di voler rinunciare ai rimborsi spese dei parlamentari eccedenti; giurato di non voler partecipare a spartizioni di poltrone; incontrato Stefano Rodotà (lacrime di alcuni deputati) e mostrato interesse per la Costituente dei Beni Comuni; rivendicato la presidenza del Copasir e della Vigilanza Rai; eletto 23 vicepresidenti di commissioni parlamentari; chiesto di derogare alla rinuncia dei rimborsi eccedenti perché “2500 euro non bastano”; incontrato gli imprenditori liberisti del Nord; promesso (per bocca del candidato sindaco Marcello De Vito) di voler sgomberare il Teatro Valle Occupato a Roma; rifiutato per l’ennesima volta la legge sulla cittadinanza ai migranti nati in Italia, con argomentazioni para-leghiste; progettato di voler trasformare il Nuovo Cinema Palazzo di Roma in una “Casa dei Cantautori” intitolata a De André (a totale insaputa di chi ha sventato che il Palazzo diventasse un casinò restituendolo ai cittadini: è la democrazia diretta a 5 Stelle, bellezza!); espulso il vicepresindente pentastellato dell’Assemblea Regionale Siciliana definendolo “pezzo di merda”; annunciato, per bocca di Beppe, di avere fatto “la più grande rivoluzione di questo Paese, d’Europa e forse del mondo”; preso in considerazione l’idea di armare i vigili urbani (sempre per bocca dell’aspirante sindaco romano De Vito, che intervistato da Giacomo Russo Spena ha anche detto che i venditori ambulanti di ombrelli disturbano gli affari dei negozianti); proclamato, via Organo Unico Beppegrillo.it, il 25 aprile e il Primo Maggio feste “morte”, “inutili” o “ipocrite”; garantito, sempre per bocca di Beppe e nello stesso discorso di prima, che “se non ci fossimo noi ci sarebbero forze veramente sovversive”.

Questo calderone un po’ demenziale eppure veritiero di posizioni aberranti e battaglie condivisibili, scelte ultramoderate e capacità di concentrarsi su aspetti secondari della Grande Crisi economica e democratica rende l’idea di quel magma indistinto che si muove nel Movimento 5 Stelle. È quella che ormai tempo fa abbiamo definito una “unità artificiale”, che tiene insieme capra e cavoli grazie alla retorica centripeta della “guerra santa alla Kasta” condotta da Grillo sul fronte mediatico-spettacolare e Casaleggio su quello organizzativo-strategico.

Non si diventa in qualche mese il partito più votato dagli italiani residenti in Italia per la Camera dei deputati senza accarezzare il senso comune più retrivo e non si affonda anche nel lato oscuro del paese. Quelli che, con pazienza e diplomazia invidiabili, stanno provando a dividere il grano dal loglio, lavorando affinché i grillini si muovano su posizioni “di sinistra”, devono sapere che costringerli a prendere posizioni nette e farli dialogare su basi paritarie con altri soggetti significa rompere quel meccanismo, fatto di obbedienze e omissioni spesso inconsapevoli oltre che, in alcuni casi, di buona volontà e comprensibile disgusto per la “politica”.

Il giocattolo a 5 Stelle probabilmente è divenuto troppo grande per poter continuare a restare in mano del Comico e del Manager che lo hanno costruito. E proprio perché è troppo grande, non è possibile prenderlo in toto e spostarlo di peso, con la forza delle ragioni e l’inerzia del posizionamento tattico, su posizioni che Grillo ha sempre rivendicato di rigettare e che parte del corpo sociale ed elettorale grillino disprezza apertamente. Lo stanno capendo, con un po’ di ritardo, quelli che leggevano il voto a Grillo come semplice segnale di protesta, bravi ragazzi un po’ ingenui. Non è questo. Non è solo questo. Perché se il suolo è un “bene comune” da difendere anche dai migranti, si tratta evidentemente anche di altro.